“Barrio de murga y carnaval, te juro que en los malos momentos, siempre te voy a acompañar“. Saranno stati 2 o 3 anni fa, l’ultimo dell’anno. Parafrasando Jep Gambardella, ho sempre avuto il piacere di “Far fallire le feste”, attraverso usanze poco consone come i cori da stadio. Ed essendo sudamericano per metà, chiaramente le Hinchas sudamericane (un pleonasmo, visto che il termine è prettamente sudamericano) non possono che essere un punto di riferimento. Una di queste, il San Lorenzo, da circa tre anni è diventata abbastanza popolare anche fra chi non si interessa di calcio grazie al Santo Padre che da sempre se ne professa un accanito tifoso (anche se va specificato che, a causa di un fioretto, non guarda la tv dal 1990 e si fa tenere informato sui risultati quotidianamente). Nel mese di luglio esce la notizia: la Roma affronterà in amichevole, in onore del papa e per la “Festa della famiglia”, il San Lorenzo de Almagro. Non posso esentarmi dal vedere il “Sudamerica” ed il tifo sudamericano a casa mia.
SAN LORENZO PER LA BATTAGLIA E NON PER IL SANTO
Fondato nel 1908 dal prete salesiano Lorenzo Massa, il San Lorenzo prende il nome dalla celebre “Battaglia di San Lorenzo” (e non dal santo come molti erroneamente pensano) combattuta nella provincia di Santa Fè nel 1813 fra le provincie unite del Rio de la Plata (guidate dal comandante Josè de San Martin, omaggiato a sua volta dal “San Martin” di San Juan) e gli spagnoli durante la guerra d’indipendenza argentina. I colori, rosso e blu, si presume siano quelli della Virgen Maria Auxiliadora, ovvero la statua di Maria Ausiliatrice che protegge la squadra molto cara per altro a San Giovanni Bosco, personaggio di riferimento per padre Massa. Situata nel quartiere “Boedo”, zona popolare del sud di Buenos Aires, si è distinto sempre come il quarto club argentino per tifosi dopo Boca Juniors, River Plate e Independiente. Nel corso della sua storia è rimasto spesso ai vertici, vincendo 15 campionati, una supercoppa e più recentemente una Copa Sudamericana e una Copa Libertadores nel 2014. Fra i talenti più importanti che vi passarono ricordiamo Luis Monti (5 anni alla Juventus ed unico giocatore nella storia del calcio a giocare la finale di Coppa del Mondo con due squadre diverse, nel 1930 e nel 1934), Ricardo La Volpe (secondo portiere dell’albiceleste nel 1978 e noto per le sue innovazioni tattiche verso inizio anni 90 come la “Salida Volpiana”), Oscar Ruggeri (campione del mondo nel 1986), José Chilavert (uno dei portieri più profilici della storia) e più recentemente i vari Sebastian Abreu, Ezquiel Lavezzi, Ivan Corboda, Pablo Zabaleta, Gonzalo Rodriguez, Andres D’Alessandro e Angel Correa, forse uno degli ultimi talenti lanciati dal calcio argentino, al netto delle critiche.
L’ESSENZA PURA DEL FUTBOL
L’amichevole della scorso sabato, servita anche per raccogliere fondo per i terremotati del centro italia, ci ha mostrato alcuni elementi della “Gloriosa Butteler” in azione, posizionati all’interno della tribuna tevere mischiata con i pochi romanisti presenti. Canti, striscioni, palloncini, rotoli di carta e tanto movimento, coi romanisti ad osservare. Le legge italiane chiaramente limitano un po’ i Cuervos (soprannome della squadra che deriva appunto dal nome con cui chiamano i preti in Sud America) che non hanno potuto portare i tamburi, tipici assieme alle trombe. Oltre ai sudamericani diverse Peñas da tantissime parti d’europa hanno contribuito a rendere più gradevole lo spettacolo. Se sul campo (2-1 per la Roma con le reti di Iturbe e Keba, Belluschi a segno per glia argentini) c’è poco da dire, sugli spalti invece ci si è divertiti per 90 minuti. in cui lo stadio Olimpico è tornato un catino di gioia e spensieratezza e non quel teatro desolatamente vuoto e silenzioso che da una stagione almeno ospita gli spettacoli di Roma e Lazio. Questo ha reso Roma-San Lorenzo una partita che difficilmente scoderò. Cresce in me la speranza, in futuro, di poter vivere in prima persona l’essenza più pura del “Fùtbol” che vive e sopravvive in quelle terre, fra la spensieratezza dei bambini che giocano per strada e città letteralmente settate per fede calcistica. Un amore per il calcio che troppo spesso, negli ultimi tempi, sta scemando, fra multe e divieti.