United in crisi, Mourinho contro tutti

Mourinho

José Mourinho e Claude Puel a quota 4/1 poi Rafa Benítez leggermente staccato a 6/1 e altri tre tecnici ulteriormente distanziati, a quota 10/1. Non si parla di titoli vinti, di oscar del calciomercato appena concluso né tantomeno di chances da giocarsi sull’infinita roulette russa della Premier League. Il trend che lega Mou al francese ex Nizza e allo spagnolo ex Napoli e Real rappresenta nientemeno che le quote dei bookies sul primo manager a patire il momento della sua squadra being sacked, dunque licenziato. E se le scorie del titolo 2016 pesano ancora sull’ambiente delle Foxes, tanto che recentemente alcuni tifosi parevano aver ipotizzato un romantico rientro di Claudio Ranieri sulla panchina del club, c’è certamente più sorpresa nel leggere il nome del portoghese.

What’s going on with José?  Perché lo United ha improvvisamente chiuso i rubinetti? E ancora, fa sorridere come lo stop al mercato sia arrivato dopo che la scorsa estate i Red Devils spendevano 165 milioni per rinnovare la rosa con un colpo per reparto (Victor Nilsson-Lindelöf dal Benfica, Nemanja Matić dal Chelsea, Romelu Lukaku dall’Everton) e a gennaio avevano comunque orchestrato un notevole scambio con l’Arsenal che aveva portato alla corte di Mou un tale Alexis Sánchez, liberandosi contestualmente del fardello Mkhitaryan. Insomma, se fino all’altro ieri l’idillio dirigenziale era un fattore che spingeva lo United verso un’ardita lotta al titolo da consumarsi mediante faida con Pep Guardiola e il suo City, oggi il giocattolo giace inerme sul pavimento, rotto, in frantumi. E non è la prima volta in cui Mourinho sbotta.

Un mercato insoddisfacente

Urge una premessa, innanzitutto. Da un lato il parco giocatori di Mourinho necessitava di pochi ritocchi, visto che si tratta dell’organico capace lo scorso anno di concludere secondo in classifica primeggiando su Tottenham, Liverpool, Chelsea e Arsenal. Dall’altro però i punti che lo separavano dai cugini del City in vetta sono stati 19, un’eternità se si pensa che Guardiola ha avuto tra le mani il suo destino per un lasso di tempo sufficiente da poter dilapidare un cospicuo vantaggio. E ancora, terzo punto, quello che maggiormente rovina il fegato dei tifosi: perché il Manchester City primo ha tirato fuori 70 milioni per strappare Riyad Mahrez al Leicester mentre lo United ha salutato la sessione di mercato estiva spendendone 82 ma per giocatori certamente meno appariscenti (il brasiliano Fred dallo Shakhtar, il 19enne centrale difensivo Diogo Dalot dal Porto)?

Allo stato attuale delle cose in Inghilterra girano 8,14 miliardi di euro in cartellini e 1,06 di quelli è esclusivo appannaggio di Pep Guardiola, uno che chiaramente a José non sta troppo simpatico. Il gap a detta dei tifosi è aumentato, Mourinho parrebbe aver tirato il laccio con l’amministratore delegato Ed Woodward, il quale avrebbe senza troppi patemi d’animo rispedito le proteste al mittente. Così adesso la rosa messa a disposizione di Mou vale 855 milioni, che è un’enormità ma pur sempre inferiore a City, Liverpool e Chelsea. Peraltro la cifra è dopata dall’asse De Gea-Bailly-Pogba-Fred-Sánchez-Lukaku (in sei valgono 415 milioni, ossia quasi il resto dei compagni!) e non rappresenta quanto si vede sul campo.

Già perché in Premier sono state giocate solo due gare ma lo United, che una l’ha vinta e l’altra persa, è già considerato fuori dalla lotta al titolo. I motivi sono chiari, ma lo erano già dopo la vittoria contro il Leicester. E, in ogni caso, il treno di Mourinho è completamente deragliato nel deludente 3-2 con cui il piccolo Brighton ha sistemato la patata bollente United: è stata una gara in cui il Manchester ha perso completamente il bandolo della matassa, regalando ai padroni di casa due minuti di completa assenza mentale dal campo. Così al 25′ e al 27′ Murray e Duffy hanno risolto la gara che aveva già sentenziato l’ennesima prova scialba di un reparto difensivo che non può solo contare sull’ex Villarreal Bailly. Il suo compagno designato, lo svedese Lindelöf, sembra patire l’Inghilterra al pari di Superman la kryptonite e dunque il problema di un sostituto si presenta in tutta la sua gravità: Dalot è un classe ’99 già pieno di aspettative derivanti dal suo prezzo, Smalling e Jones non riscuotono troppo gradimento, Rojo pare più un’alternativa su Shaw sulla corsia sinistra.

Al di là di questo, le crepe dell’Old Trafford sono ingenti e radicate: secondo alcuni sondaggi, peraltro, il 56% della colpa va attribuita a Mourinho e solo il 18% ai calciatori.

Un ambiente deteriorato

La sicurezza di Mourinho, quel temperamento ribelle e ostinato con qui aveva riscosso successo a Oporto e Milano salvo progressivamente inimicarsi Madrid, a Manchester sembra non esser mai arrivata. Le sue tattiche appaiono obsolete e il favore dell’audience va invece diretto ad altri lidi (Klopp e Guardiola, lesa maestà). Chi lo conosce rivela di aver visto le stesse tensioni che minarono l’esperienza di José al Chelsea e al Real, un ciclo inevitabile a questi punti, senza contare che in estate Mourinho ha dovuto salutare il suo storico vice Rui Faria e in generale la squadra pare senza personalità.

I tifosi hanno sostenuto di salvare Jesse Lignard e Marcus Rashford, inglesi, giovani e rampanti, mentre allo stesso tempo hanno condannato lo stato di forma in cui versa David De Gea (autore peraltro di un mezzo disastro su retropassaggio di Blind, contro il Brighton). Parziale scagionamento di Mou, che risiede stabilmente al banco degli imputati ma pure una velata legnata allo stile “safety first” adottato da José.

La lite con Ed Woodward ha avuto il suo apice quando Mourinho ha chiesto un nuovo difensore centrale e l’ad ha fatto finta di niente. Il portoghese se l’è presa, tanto che ora lo United è pronto ad assumere un director of football per la prima volta nei suoi 140 anni di storia. Una rottura col passato, una mano tesa a Mou che chiaramente ora avrà meno ostacoli e potrà evitare di passare per Woodward: “Mi trovo col mercato chiuso in una situazione che non pensavo di poter vivere”. Arriverà quello che in casa City è Txiki Begiristain, un tramite tra tecnico e board che possa finalmente migliorare i rapporti comunicativi col consiglio direttivo e dunque coi Glazer.

Così Mourinho ha sorriso, rinfrancato dalla concessione ottenuta, ed è tornato a fare quello che gli riesce meglio attaccando Guardiola (“If you are a rich club you can buy all the top players but you cannot buy class”).

Mourinho e il caso Pogba

Un paragrafo a parte lo merita il caso Pogba. Rientrato dalla Russia con una medaglia d’oro al collo e un gol in finale contro la Croazia, Paul avrebbe rivelato a Ed Woodward la sua volontà di lasciare il club in estate per via del rapporto conflittuale con Mourinho. Woodward si sarebbe messo in contatto provando a spingere Pogba altrove col placet di Mino Raiola, ma Mou si sarebbe opposto fermamente. Da separato in casa, il francese è rimasto ma non ha fatto mancare qualche frecciatina (“If you’re not happy, you cannot give your best”) e a 25 anni ha ribadito di volere nuovi stimoli. Mou dal canto suo non vuole perdere il suo gioiello a centrocampo, responsabilizzato a oltranza e coccolato con parole dolci:He’s working well, I’ve never been so happy with Paul Pogba as I am now. I cannot demand more from him, I cannot ask more from him”. Resta il fatto che il francese ex Juventus non sembra aver voglia di continuare a Manchester, né di regalarsi un esilio dorato in una piazza senza Champions League.

Conclusioni

Il bivio è davanti agli occhi di tutti. Se la tensione svanirà e l’idillio ricompatterà l’ambiente, le nubi temporalesche si addenseranno e le linee di battaglia disegnate progressivamente scemeranno all’orizzonte portando con loro le reazioni stizzite che da qualche giorno a questa parte fanno parte della quotidianità. José Mourinho continuerà a trincerare la sua squadra, a proporre un calcio a detta di molti scontato, ma comunque efficace, e ad attentare alla supremacy del City. In caso contrario, se la crisi ridicolmente cominciata a inizio stagione dovesse continuare, l’addio di Mou sarà il primo provvedimento utile da prendersi in tal senso.

Potrebbe esser dopo una sconfitta come dopo una vittoria, dopo uno scialbo pari a reti bianche come in seguito alla più roboante delle goleade. Questione di tempo, Mou pagherà l’atmosfera negativa che da mesi veglia sull’Old Trafford e se ne andrà sbattendo la porta e gridando i nomi dei difensori che non gli hanno comprato: Harry Maguire,  Jérôme Boateng, Diego Godín, Toby Alderweireld. E se così dovesse accadere, la spada di Damocle che il portoghese vede sulla sua testa crollerebbe sotto il peso delle aspettative.

La spada ha un nome e un cognome, Zinedine Zidane, che è libero e secondo alcuni molto attratto dalla possibilità di esportare il suo calcio a Manchester. Dove, dopo Madrid, prenderebbe la poltrona sulla quale s’era seduto uno che conosce bene.