Meglio tardi che mai. Negli stessi giorni in cui in Francia viene messa una pietra sopra la feroce repressione del “Piano Leproux“, che negli ultimi sette anni aveva vietato gli abbonamenti agli ultras del PSG, in Italia si è deciso di adottare un piano che porterà nel breve termine (circa tre anni) all’abolizione della tessera del tifoso. Si tratta di un percorso che porterà ad uno snellimento dell’iter burocratico necessario, in particolare, per acquistare i biglietti delle partite che dovrebbe tornare a consentire di acquisire il tagliando anche a ridosso dell’inizio della partita sia per la tifoseria di casa che per quella ospite. Dovrebbero, insomma, venire meno molte di quelle restrizioni che hanno afflitto l’ultimo decennio del tifo italiano fatta eccezione per le disposizioni che verranno emanate dal Viminale. Obiettivo dichiarato è quello di riavvicinare i tifosi e riportare le famiglie allo stadio. Quasi un ossimoro, se non vogliamo chiamarla presa in giro, considerato che al momento della sua introduzione la tessera del tifoso venne presentata come lo strumento in grado di allontanare i facinorosi e riportare all’interno degli impianti festosi e rumorosi nuclei familiari.
Cosa è e come nasce la tessera del tifoso
L’idea tessera del tifoso nasce nella mente di Roberto Maroni, ministro dell’interno durante il quarto governo Berlusconi, che attraverso una direttiva dell’agosto 2009, prevedeva di creare una tessera identificativa con cui i tifosi delle squadre di calcio italiane, dalla Serie A alle categorie inferiori passando per la nazionale.
La tessera diventa obbligatoria per andare in qualsiasi trasferta (salvo rarissime occasioni come i derby cittadini, trasferte europee o qualche altro caso sporadico), per avere alcuni piccoli vantaggi (sconti sui prezzi dei biglietti e diritto di prelazione) per sottoscrivere gli abbonamenti annuali, non più cartacei dunque ma direttamente caricati all’interno di essa come se fossero delle vere e proprie smart card. Non a caso, la maggior parte di esse sono legate a circuiti bancari e dotate di un microchip. Non può usufruirne chi è stato condannato per reati di stadio (anche con sentenza non definitiva) e chi è stato già sottoposto a Daspo (il famigerato e contestatissimo articolo 9 del decreto Amato riassume questo punto).
Sono l’ambiguità dello strumento, una via di mezzo tra un sistema di controllo ed uno strumento finanziario, ed il divieto di rilascio a chi è stato sottoposto a Daspo, anche se ha già scontato la pena, che creano malumore all’interno del movimento ultras italiano. La sollevazione riguarda praticamente tutte le curve italiane con alcuni casi eclatanti come quello della capitale dove le due tifoserie decidono talvolta di disertare l’Olimpico, non esporre pezze o bandiere o addirittura allo sciopero del tifo (in maniera quasi analoga a ciò avvenuto di recente per la protesta delle barriere) costringendo Lazio e Roma a giocare in un impianto spesso e volentieri vuoto.
Nel corso degli anni però la maggior parte delle tifoserie hanno alla fine aderito allo strumento. In alcuni casi anche supportate dalle società stesse che si sono adoperate per inventare metodi o strumenti alternativi alla tessera del tifoso (ad esempio la Club Away emanata dalla Roma nel 2013 svincolata dal circuito bancario) per poter tornare seppur con grande difficoltà a ripopolare gli stadi.
Risultati e statistiche della tessera del tifoso
Quali sono stati i risultati conseguiti con l’introduzione della tessera del tifoso in questi anni? Per certi versi impietosi.
Quasi il 14% dei tifosi in meno sugli spalti negli ultimi 7 anni grazie ad un cervellotico e disincentivante sistema di compravendita dei biglietti che mirava ad emarginare i facinorosi (presunti o reali) grazie al famigerato articolo 9 già citato nel paragrafo precedente. Da un lato è vero che nel corso degli anni si è registrata una drastica riduzione degli incidenti e dei feriti in occasione delle manifestazioni sportive; ma senza stare qui a snocciolare numeri che hanno rappresentato un vano vanto per le istituzioni, è anche vero che ciò è accaduto in virtù di un processo di repressione che, sommato a stadi vetusti e poco confortevoli, ha finito per allontanare definitivamente non solo gli appassionati ma anche gli stacanovisti della domenica . Un vero disastro. Al quale ora si sta cercando di porre rimedio. La media di spettatori dell’ultimo anno è stata di circa 22mila spettatori per match (percentuale di riempimento intorno al 60%): cifre di poco più alte della Francia, ma nettamente dietro Inghilterra (se si paragonano anche Championship e Serie B, il risultato è imbarazzante) e Germania.
Cosa cambierà
La novità più grande, come anticipato, sarà il ritorno alle vecchie maniere ovvero alla possibilità di acquistare il tagliando della partita il giorno stesso del match direttamente allo stadio. Possibilità che verrà riconosciuta, a meno di restrizioni da parte del Viminale, a tutti i tifosi, compresi quella della squadra ospite, e senza limitazioni di settore. La seconda novità è che in sostituzione della tessera del tifoso nell’arco dei prossimi tre anni dovrebbe essere introdotta una sorta di “Fidelity card” che tuttavia non sarà obbligatoria e che sarà invece finalizzata a favorire i possessori in ottica di operazioni di marketing e merchandising, ma che potrebbe altresì tornare utile qualora ci fosse qualche partita considerata a rischio dall’Osservatorio.
Per quanto riguarda i club, a questi dovrebbe essere delegata maggiore responsabilità nel vigilare sul comportamento dei propri tifosi. Si dovrebbe tendere ad un sistema simile a quello di altre nazioni come Inghilterra, Spagna o Germania: un codice etico da rispettare una volta fatto l’abbonamento, comunque scisso dalla Fidelity card, che potrà esser revocato qualora ci sia un qualche problema fra i tifosi. Un modus operandi giusto nella forma che però, molto probabilmente, nella sostanza rischia di essere troppo dipendente da chi ci sarà alla testa della società. Il rischio di conferire troppo potere ai club e di creare delle situazioni spinose, come accaduto nel caso del Barcellona e del Real Madrid (Boixos Nois e Ultras Sur espulsi dai propri stadi rispettivamente nel 2003 e 2013) o del già citato PSG, e di alimentare le frizioni fra club e tifosi è sempre dietro l’angolo.
Infine, potremmo ritrovare negli stadi megafoni e tamburi a guidare il tifo, veri perni della cultura nostrana. Dai primissimi rumors che girano però sembra esserci un certo scetticismo sui tamburi, per via delle varie autorizzazioni che serviranno per potersi reintrodurre. Per vedere i primi segni della riforma all’opera dovremo comunque aspettare. Nell’anno in cui la nazionali italiana si riempie di giovani pronti a rilanciare il nostro calcio, che dal prossimo anno ritroverà quattro squadre in Champions, è forse giunto il tempo che anche sugli spalti si possa tornare ai fasti di un tempo.