Chiamatela Allsvenskan, chiamatela Fotbollsvenskan, chiamatela högsta divisionen i fotboll för klubblag i Sverige. L’unica cosa che non cambia è la sostanza: sedici squadre, si comincia tendenzialmente a marzo e si finisce ad ottobre. Quello svedese è il 24° campionato europeo con più appeal; dato che tiene conto di numeri, parametri e ranking Uefa. Ma i numeri non si preoccupano di considerare il calore di un tifo unico in Europa.
Non si parla praticamente mai delle emozioni di un campionato tecnicamente non al top ma che meriterebbe più attenzione. In genere si evidenzia solo la (poca) produttività in campo europeo di un panorama che sembra offrire poco. Errore fatale. L’immagine fornita è distorta e rischia di non incentivare affatto l’interesse nei confronti del mondo pallonaro che gira a queste latitudini. Dal freddo dello Jämtland alla parte più meridionale del paese, passando per le zone costiere e le città nel gelido entroterra ricco di boschi, il pallone rotola. Non d’inverno, quando il clima rigido impone uno stop e si procede sfasati rispetto al normale: i campionati si giocano nello stesso anno, la finestra principale di calciomercato per loro è quella invernale e non quella estiva come la nostra, a maggio le finali di coppe europee sono accompagnate dalle prime giornate di Allsvenkan.
Conoscendo l’Allsvenskan
Il Malmö è un Fotbollförening, un’associazione esclusivamente calcistica. I colori sociali sono bianco-blù, Himmelsblått, ed è la squadra che, tra le cosiddette grandi di Svezia, se la passa meglio. Concetto relativo questo: ogni anno i calciatori migliori vengono ceduti, si punta tantissimo sui vivai e si va avanti sperando nell’esplosione delle giovani leve. Con un’età media inferiore a 25 anni (dato “macchiato” dalle 34 primavere di Markus Rosenberg, tra i pochi autoctoni ad esser tornati in patria dopo una carriera spesa in lidi importanti con la Champions sullo sfondo), l’ex squadra di Ibra ha vinto il campionato nel 2016 dopo un anno di digiuno causa annus mirabilis dell’IFK Norrköping.
IFK sta per Idrottsföreningen Kamraterna Norrköping, letteralmente “associazione sportiva di compagni”: nel 2015, l’IFK allenato da Janne Andersson (attuale ct della nazionale) vinse il campionato in un clima incredibilmente festoso. Trascinato dai gol della coppia Kujović-Nyman, rispettivamente 21 e 10 reti, il club trionfò in Allsvenskan in modo sorprendente: la loro vittoria era pagata dai bookies la bellezza di 56 volte la posta. Una sorta di Leicester scandinavo, con la differenza che l’IFK aveva già vinto il titolo 26 anni prima.
Con lo scudetto vinto lo scorso anno, il Malmö è ufficialmente divenuto il club più titolato d’Allsvenskan: nel momento in cui i titoli vinti dal FF sono diventati 19, è stato infatti staccato un altro IFK, quello di Göteborg, rimasto a quota 18 ed oggi in forte crisi. Già, perché molti grandi club svedesi stanno cercando di riemergere dalla melmosa palude nella quale sono finite. Così per il Göteborg sono ben lontani i tempi di Svarte-Filip Johansson, di Gunnar Gren (gli hanno dedicato una bella statua, davanti al Gamla Ullevi), di Sven-Göran Eriksson ed il suo modello Swenglish, della Coppa Uefa alzata al cielo nel 1982, della semifinale di Coppa dei Campioni persa contro il Barcellona di Lineker nel 1986, del secondo trionfo europeo contro il Dundee United (1987). Sono ormai trascorsi gli anni ’90, Bengtsson, Gustafsson, e perfino l’Allsvenskan del 2007 (vinta con Hysén e Berg davanti) restano un qualcosa di irripetibile per ora.
Va sicuramente peggio all’Örgryte, che è un Idrottsällskap (dunque una società sportiva, in generale) che solo nel 2016 è tornato a calcare i campi di Superettan, la seconda serie svedese. I rossoblù, il più antico club svedese, assomigliano un po’ al Genoa: una storia vincente ma con i titoli in bacheca che risalgono ormai alla notte dei tempi (11 su 12 sono stati vinti quando non esisteva ancora l’Allsvenskan e il campionato si chiamava Svenska Mästerskapet). Nell’attuale Superettan giocano per altro altre compagini dal passato più o meno importante: le appena retrocesse Falkenbergs FF, Gefle IF e Helsingborgs IF (reduce da 24 consecutive partecipazioni all’Allsvenskan), l’altra squadra di Göteborg (GAIS), l’Åtvidabergs FF e il Brommapojkarna che il Torino incontrò nei preliminari estivi di Europa League nel 2014-15.
Ma se le grandi sono in crisi, sono le cosiddette piccole a regalare storie mozzafiato. L’Östersunds FK è ad esempio l’unica squadra svedese rimasta questa stagione sul palcoscenico europeo, dopo la carneficina che ha fatto fuori il Malmö dalla Champions (per mano del Vardar) e l’AIK e il Norrköping dall’Europa League. I rossoneri, allenati dall’inglese Graham Potter, hanno raggiunto i preliminari estivi per accedere all’ex Coppa Uefa vincendo la Svenska Cupen 2017 e poi nei playoff hanno fatto fuori i più quotati Galatasaray e PAOK. Niente male, per una società nata il 31 ottobre 1996 e reduce dalla sua stagione in prima divisione svedese! A Potter, miglior tecnico dell’Allsvenskan 2016, il compito di portar il calore dell’Europa League nella fredda parte centro-settentrionale della Svezia.
Ma non finisce qui. Ci sono anche lo Jönköpings Södra che è tornato tra le grandi nel 2016, dopo 46 anni d’astinenza, e l’AFC United che vi è stato promosso per la prima volta nel 2017. Per l’occasione il club ha pure cambiato nome: ora si chiama AFC Eskilstuna. Infine, ecco l’Idrottsklubben Sirius Fotboll, conosciuto come Sirius IK e residente a Uppsala: tornato nel 2017 in prima divisione, dove mancava da 42 anni, ha scritto una favola in stile Atalanta. Nerazzurro come i bergamaschi, il Sirius ha la penultima rosa in quanto a valore sulla carta (4,90 milioni per l’intero parco giocatori) ma è settimo in classifica e nelle prime otto giornate era in seconda posizione (quattro vittorie, due pari e due ko). Una favola in salsa brunsås, il condimento che da queste parti usano per utilizzare il fondo di cottura delle polpette.
L’importanza dei vivai
Come detto, in Allsvenskan si punta molto sui vivai. E’ da menzionare come le fortune dell’AIK nella scorsa stagione dipendessero per larga parte dalla verve di Alexander Isak: classe 1999 nato a Solna, si è permesso di rifiutare il Real Madrid per il Borussia Dortmund. Il “nuovo Ibra” è stato pagato 80 milioni di corone svedesi, mentre per quello vero l’Ajax ne sborsò 82,5 milioni.
I gialloblù, neanche a dirlo, hanno investito gran parte del ricavato nel vivaio. Segno di fiducia verso il lavoro dei tecnici delle giovanili del club che hanno generato una plusvalenza monstre e si spera facciano lo stesso con altre stelline pronte a brillare in giro per l’Europa: il portiere Linner (’97), il centrocampista Olsson (’95) e la punta Mushitu (’00) potrebbero essere i prossimi.
Non è da meno il Malmö che ha ceduto Cibicki rimpiazzandolo con un altro dei reduci dell’Europeo Under21: Strandberg, ragazzo talentuoso ma nella competizione continentale deludente come l’intera rosa svedese. A proposito di giovani ed Europei, nel 2015 l’Under 21 di Håkan Georg Ericson sollevò il titolo europeo sopra il cielo di Praga: in rosa c’erano Carlgren, Lindelöf, Helander, Tibbling, Quaison, Hiljemark, Thelin, Guidetti, Ishak. Alcuni li abbiamo visti in Italia (Ishak a Crotone, Helander a Verona e Bologna, Quaison a Palermo con Hiljemark poi passato al Genoa e ora in Grecia al Panathinaikos), altri hanno raggiunto posizioni top. Nella scorsa semifinale di Europa League tra Celta Vigo e Manchester United, ad esempio, Guidetti giocava (e sbagliava una colossale chance) nelle fila dei padroni di casa. E restando sempre in tema Red Devils, dove milita un certo Zlatan Ibrahimović, è qui che è sbarcato Lindelöf dopo il trasferimento dal Benfica.
Un calcio per spazzare via la Svezia Zlatan-centrica
Il difensore, costato 35 milioni, è uno degli svedesi più costosi di sempre. Ibra da solo ha mosso da solo oltre 160 milioni (dati Transfermarkt), cifra che sarebbe raggiunta contando i prezzi degli ultimi talentuosi giovanotti usciti dalla Scandinavia (tra cui Forsberg, la next big thing, con un prezzo di circa 22 milioni).
Ecco, si finisce sempre a parlare di Ibra. Trovare un personaggio ed un talento della sua caratura non è facile. In Svezia lo sanno e per celebrarlo gli ha eretto una statua, prossima all’inaugurazione, dinanzi alla Friends Arena. Ma allo stesso tempo sperano anche che il suo ritiro dalla nazionale possa generare effetto positivi sul movimento svedese. Senza la Zlatan-dipendenza, ma senza pure il tradizionalismo tattico di Erik Hamrén, la Svezia del nuovo corso targato Janne Andersson sta raccogliendo buoni frutti.
In un girone con Olanda e Francia, i Blågult “rischiano” addirittura di chiudere al primo posto dopo aver peraltro sconfitto a Stoccolma la selezione di Deschamps (2-1, con rete decisiva nei minuti di recupero, da distanza siderale, firmata da Ola Toivonen). Dopo un Euro 2016 piuttosto deludente ci si aspetta che il ricambio generazionale porti in dote una ventata d’aria fresca.
La strada per la Russia sembra spianata e pronta per essere percorsa. Come dice un popolare proverbio svedese: “En vandring på tusen mil börjar alltid med ett steg”; ovvero: “Un viaggio di mille miglia comincia sempre con un passo”.