Il Romanticismo tedesco che ha affascinato fior di poeti e artisti nell’Ottocento ha sparso per tutta l’Europa il concetto di Strum und Drang, il celebre impeto e tempesta. Un’espressione che, tanto per rimanere in Germania, si accosterebbe volentieri al Borussia Dortmund di fine 2018, squadra che pur giocando un calcio mite e con poche sbavature, sta sovvertendo il monopolio bavarese in Patria e facendo scorribande in Europa.
Tutto questo viene attribuito alle capacità di Lucien Favre, un parvenue nel mondo dei grandi del calcio. Il Borussia Dortmund dell’allenatore francese è una propria creazione, tanto bella quanto efficiente che unisce barocco e divertimento, risultati e marketing. Sono molte le caratteristiche di questo nuovo Dortmund, che solo nel 2013 era in finale di Champions League a Wembley e lentamente, fra Europa League e sgangherati campionati, ha perso quell’ammiccante sfarzo tecnico che aveva conquistato con Klopp.
Adesso invece arrivano risultati e convinzione, ma più di tutti un percorso di crescita nitido e esplicito. Ci sono i giovani (Sancho, Pulisic e Akanji), il primato tutto tedesco (primo posto dalla sesta giornata ad ora in Bundesliga) e finalmente una credibilità internazionale (primo posto nel girone di Champions League). Il Borussia di questa stagione ha numeri hollywoodiani: dieci partite su diciassette in cui è riuscito a segnare almeno tre reti, solo due reti subite in quattro incontri di Champions League (18 in tutta la stagione, terza miglior prima difesa tra i primatisti dei cinque migliori tornei europei), quindici marcatori differenti e, soprattutto, una sola sconfitta stagionale (contro l’Atletico Madrid al Wanda Metropolitano).
I gialloneri della Rhur stanno assumendo il ruolo della corazzata non solo in Germania ma anche in Europa, capace di sconfiggere i Colchoneros per quattro reti a zero al Signal Iduna Park e di rimontare il Bayern Monaco in uno dei Klasiken che passeranno alla storia. Al netto di una condizione fisica smagliante ma con l’incognita della continuità, il Borussia Dortmund è uno spettacolo fantastico.
È tipico del pensiero odierno di liquidare immediatamente ciò che non è più vivo, affabile e innovativo. Insomma, tutti si erano un po’ dimenticati del Borussia Dortmund, che dalla finale di Wembley in poi ha provato a riprendersi il teatro degli onori ma senza successo. A livello mainstream, si contano i quarti di finale con il Liverpool di Europa League (con Klopp che ritorna al Signal Iduna Park) e la Coppa di Germania vinta due stagioni fa . I talenti non sono certo scomparsi da Dortmund, che anzi, nonostante le delusioni recenti, aveva infilato comunque una buona ossatura tecnica, tanto che Ousmane Dembelé è partito per la cifra record di 150 milioni di euro.
Adesso il Borussia primo in classifica è maturato sotto la gestione di un allenatore bravo ed esperto ma allo stesso tempo non abituato alle grandi opportunità internazionali; il curriculum di Favre è quello di un allenatore capace ma che la Champions League, oltre i preliminari, non l’ha mai affrontata con questa pressione. Tuttavia il crescendo della sua immagine pubblica dopo l’ottimo lavoro a Nizza gli ha procurato un’opportunità singolare, vale a dire gestire uno dei club più importanti d’Europa sotto il profilo della visibilità e dello spettacolo.
Il marketing del Borussia Dortmund infatti ha sempre proceduto grazie alla visibilità offerta dal suo pubblico spettacolare e – dal gegenpressing kloppiano in poi – da un canone di gioco particolarmente esaltante. Dopo Jurgen Klopp, Thomas Tuchel aveva dato una direzione tattica diversa dall’ex Magonza ma in linea con il concetto di pro attività e brillantezza, tanto che i risultati erano arrivati anche con l’attuale manager del PSG. Dopo un anno di complicata gestione interna e con risultati sotto le aspettative, il Signal Iduna Park è tornato ad enfatizzarsi.
Con Lucien Favre il Borussia è tornato a giocare a calcio trovando un modo più efficace di tutte le altre formazioni della Bundesliga, che ha fra i suoi esponenti tattici l’enfante prodige Julien Nagelsmann, il corato Niko Kovac e altri lupi di mare come Marco Rose e Dieter Hacking. Il Borussia Dortmund ha trovato un modulo aperto a comprendere tutte le qualità dei suoi giocatori offensivi, permettendosi almeno un ricambio per ruolo di qualità; il double pivote che fa da padrone a centrocampo è il mix d’autore fra gioventù e professionisti preparati, comprendendo il nino de la casa Julien Weigl, Mahmoud Dahoud, Thomas Delaney e l’ultimo arrivato Axel Witsel. C’è sostanza ovunque al Dortmund, dove la qualità, prima presente ma limitatamente espressa, si accede sotto la fiamma di una nuova impronta tattica.
Il 4-2-3-1 di Favre si alterna in partita con un pragmatico 4-1-4-1 in cui Reus si abbassa sulla linea dei quattro e Witsel interdice fra difesa e centrocampo; l’ottima qualità degli esterni offensivi permette all’allenatore francese di avere sempre una cospicua velocità sulle fasce, che dialogano molto con il trequartista – Reus, ma anche Kagawa – e infittiscono gli ultimi venti-venticinque metri di campo con triangolazioni e pick and roll. La prolificità in attacco di Paco Alcacer (otto reti in 231 minuti) non viene solo dai meriti del singolo ma grazie a una ben più ampia struttura di costruzione che parte dall’esterno del campo. Il pressing della prima linea avversaria lo compie di solito l’attaccante centrale, lasciando quindi che il centrocampo si alzi a coprire le linee di passaggio fra il portatore e le soluzioni possibili. In questo senso, è molto utile la qualità fisico-atletica di squadra dalla mediana in giù, dove i pivote Witsel e Weigl e una difesa molto giovane sanno accorciare con tempismo l’avversario.
Effettivamente, il Borussia non fa nulla di estremamente complesso o macchinoso per essere primo in classifica; soltanto, il suo allenatore ha lavorato sull’ordine tattico e l’equilibrio fra i reparti. Il gioco del Borussia Dortmund è di fatto qualcosa di più di un sistema elementare, anche se non è nemmeno decisamente universale (come fu a suo tempo il gegenpressing di Klopp) . La riscoperta di giocatori chiave come Marco Reus e Lukasz Piszczek e soprattutto il momento d’oro di elementi inaspettati (Jaison Sancho su tutti ma anche Achraf Hakiri, Abdou Diallo) rendono l’organico del Borussia Dortmund profondo e competitivo.
Quello che serviva ai gialloneri per ottenere continuità e risultati adesso che il Bayern Monaco è in una fase di crisi interiore, condannato appunto anche nell’ultimo big match. Reggere questi ritmi per un’intera stagione sarà una sfida nella sfida per questo gruppo, che non vince il campionato dal torneo 2011/2012. Ma alla fine, nessuno sa mai quanto possa durare un impeto, tanto meno una tempesta.