Il Codice della navigazione stabilisce che il comandante che in caso di in caso di abbandono della nave, del galleggiante o dell’aeromobile in pericolo, non scende per ultimo da bordo, è punito con la reclusione fino a due anni. Fortuna per Cesare Prandelli che le regole del calcio non sono altrettanto ferree. L’ex CT della Nazionale italiana ha infatti rassegnato questo pomeriggio le dimissioni da allenatore del Valencia. In queste ore le parti stanno trattando la buonuscita. Un’avventura molto breve quella di Prandelli in Spagna. Un percorso cominciato appena tre mesi fa dopo un lungo periodo di inattività e conclusosi con appena sei punti su ventiquattro disponibili frutto di una vittoria, tre pareggi e ben quattro sconfitte. Sia chiaro, non è certo esclusivamente colpa del tecnico italiano se il Valencia attualmente occupa la terzultima posizione in classifica con appena 12 punti. Anzi, a volerla dire tutta il club iberico si trova in una situazione non proprio invidiabile con la proprietà ben salda a Singapore ed un bilancio disastroso e disastrato che mette a serio rischio il futuro del glorioso club. E proprio per questioni di soldi sembrerebbe essersi consumato lo strappo tra le parti con Prandelli che chiedeva rinforzi nel mercato di gennaio e la dirigenza che ha risposto picche. C’è però da dire che la storia del tecnico italiano, specialmente quella recente, è costellata di fallimenti e scarichi di responsabilità.
Il primo episodio risale al 2004 quando Prandelli viene scelto dalla Roma come successore di Spalletti. Il mister neanche comincia la stagione rassegnando le dimissioni quando il calendario recita ancora agosto. Motivi personali la versione ufficiale. Visto il grave lutto che da lì a poco colpirà la famiglia Prandelli sembra difficile smentire. C’è però anche una versione alternativa che gira all’ombra del Cupolone. Ovvero che i senatori non avessero preso particolarmente in simpatia il neo allenatore facendo di tutto pur di toglierselo quanto prima di torno. Meno di un anno dopo comunque Prandelli firma con la Fiorentina. Esperienza brillante che gli varrà la chiamata sulla panchina della Nazionale. Ed è proprio in azzurro che l’immagine vincente di Cesare Prandelli inizia a sbiadirsi. Il disastroso Mondiale in Brasile, giunto dopo un secondo posto ad Euro 2012, la terza piazza in Confederations Cup ed il rinnovo del contratto fino al 2016, termina con le dovute dimissioni. Non prive di polemiche però: “Nel momento in cui ho rinnovato è cambiato qualcosa. Non so perché, ma siamo stati considerati come un partito politico, quando sappiamo che la federazione non prende esclusivamente i soldi dallo stato. Io non rubo i soldi dei contribuenti, mi prendo però le responsabilità tecniche di quanto è successo qui. Mi dimetto perché non è stato un progetto tecnico vincente. Balotelli? Non sai mai quando è nervoso e quando è calmo. Rientra nel progetto tecnico, io ho scelto e io mi dimetto, perché non è stato un progetto tecnico vincente“. Uno sfogo duro? No, uno sproloquio considerato che l’Italia era appena uscita senza neanche superare la fase a gironi seppur in un raggruppamento decisamente abbordabile. Un grande condottiero poi mai e poi mai scaricherebbe la responsabilità sui singoli. Neanche se opportunamente provocato.
Tutto ciò accadeva il 24 giugno 2014. Una settimana più tardi Cesare Prandelli si accasa al Galatasaray per la modica cifra di 5 milioni netti a stagione fino al 2017. Il debutto arriva il 25 agosto: sconfitta nella finale di Supercoppa di Turchia contro il Fenerbahce. Il 27 novembre è invece il giorno dei saluti. I giallorossi di Istanbul perdono in casa dell’Anderlecht e con un turno di anticipo salutano non solo la Champions League ma le coppe europee in generale. Dopo sei vittorie, due pareggi e otto sconfitte Cesare Prandelli è esonerato. “Sono stato preso in giro dal presidente Aysal. Mi disse che aveva un progetto, io inizialmente ero scettico. Ho capito a Vienna che mentiva. Mi fidavo, dopo lui si è dimesso ma i nuovi dirigenti mi hanno rassicurato sulla mia posizione. Invece ci hanno licenziato. Erano dispiaciuti loro, ma entro il 27 dicembre dovevano rientrare nei parametri della Uefa. Alla fine abbiamo trovato un accordo 20 giorni fa“. L’accordo, firmato l’8 giugno del 2015, prevede la rescissione del contratto con una buonuscita di 3 milioni per lui ed il suo staff. Insomma, non male come presa in giro.
Poi, dopo due anni di inattività, la chiamata del Valencia. Conclusasi oggi dopo un percorso breve, disastroso e con una sfuriata, l’ennesimo scarico di responsabilità, che ha fatto scalpore: “Sono molto arrabbiato: chi non ha voglia di soffrire, chi non ha amore per la maglia può andare. Fuori! A loro l’ho già detto, fuori! Chi non è contento può andar fuori. Poi parleremo di mercato. Non è problema di moduli. È un problema di attitudine, di serietà e professionalità. È da due anni che questa società è così, non è questione di due mesi. E tutti stiamo lavorando per questa società“. Attitudine, serietà, professionalità, tutti a lavoro per la società. Almeno fino ad oggi, quando il comandante ha deciso di abbandonare la barca che affonda. Per colpa d’altri, inteso.