C’è tanta Juve di oggi e di ieri nella spedizione azzurra che da domani si metterà a lavoro in vista della spedizione Euro 2016. Le convocazioni del CT Antonio Conte hanno destato più di una perplessità. Cosa che bisogna ammettere è nella natura delle cose soprattutto quando di mezzo c’è la squadra per la quale una volta ogni due anni ci trasformiamo tutti in allenatori.
LE SCELTE – Tolti gli assenti forzati, la prima esclusione chiacchierata è stata quella di Pavoletti comunque miglior bomber nostrano fino a prova contraria. Data per scontata la convocazione di Pellè, il genoano si giocava il posto con Immobile. Rispetto all’ex Siviglia Pavoletti è stato senza dubbio più continuo durante la stagione. Ma il granata oltre che da centravanti può giocare anche da esterno. Ecco quindi la motivazione della scelta di Conte. Discutibile per certi versi ma condivisibile per altri. Del resto di prima punta, per definizione, ne basta una, cioè Pellè. Due riserve sono sicuramente troppe. Certamente più discutibile invece la scelta odierna: sacrificare Jorginho per far largo a Sturaro. Non ce ne voglia il giocatore della Juve, ma forse con Thiago Motta e De Rossi non in perfette condizioni, il giocatore del Napoli poteva tornare più utile. Sicuramente avrebbe assicurato maggiore qualità ad una squadra che ne abbonda in difesa e ne difetta a centrocampo e probabilmente in attacco. La scelta, abbastanza chiara e dichiarata, è stata privilegiare i muscoli a discapito del fosforo. In una competizione breve può pagare. Soprattutto quando la difesa appare solida. Ma Jorginho poteva rappresentare un’arma in più anche perché gli stessi Thiago Motta e De Rossi portano in dote una duttilità tattica sulla linea mediana che invece non può assicurare Sturaro, interno-mezzala punto e basta. A dirla tutta, anche Bonaventura sulla carta sarebbe apparsa una scelta più logica. Anche perché c’è un altro dato che non può essere sottovalutato. Lo juventino, complice un infortunio, in stagione ha collezionato 28 presenze tra coppe e campionato per un totale di 1.754 minuti giocati. In altri termini, è come se Sturaro avesse giocato titolare solo 19 partite. Le 38 partite di Jorginho hanno invece cumulato 3.043 minuti ovvero 33 partite da 90 minuti. Bonaventura ha invece calcato il campo da gioco in 39 occasioni totalizzando 3.310 minuti ovvero 37 partite complete. In sintesi, Sturaro è come se avesse giocato da titolare il 68% delle partite mentre Jorginho si attesta all’83%. Bonaventura arriva addirittura al 94%. Cosa ha Sturaro più di Jorginho e Bonaventura allora?
MEGLIO ANDARE SUL SICURO – Probabilmente la sua provenienza. Antonio Conte ha deciso di puntare su ciò che lui ritiene più sicuro: il blocco Juve. Tra attuali ed ex bianconeri si contano la bellezza di 8 giocatori su 23 convocati. Più di un terzo (il 35%) dei giocatori che partiranno per la Francia militano o hanno militato nelle fila di Madama. Scelta giusta? Ovviamente è impossibile o comunque sicuramente molto difficile esprimere un giudizio a monte. Quello che si può affermare con discreta tranquillità è che senza dubbio si tratta di una scelta audace. Quella che parte per Montpellier non è numeri alla mano la miglior rosa a disposizione per Euro 2016. Almeno, non lo è per noi che però non percepiamo 4,1 milioni di euro l’anno dalla Federazione. Ed un motivo ci sarà pure. Ma puntare sui fedelissimi, leggasi Giaccherini e soprattutto Ogbonna da Conte allenato ai tempi della Juve e preferito alla riserva Rugani, è un chiaro indirizzo del mister. La competizione è breve ed intensa. L’impegno non richiede solo tenuta fisica, requisito per altro ritenuto imprescindibile al momento delle scelte, ma anche tenuta mentale. Conte non transige e vuole gente abituata ai suoi metodi e con la giusta mentalità. Di tutto il resto meglio non fidarsi. Scelta che a volte paga. Altre volte meno. Chiedere ad esempio a Marcello Lippi come andò a finire quando per gratitudine portò in Sud Africa troppi eroi di Berlino.
LA BATTAGLIA FINALE – Ma Conte vuole stupire. Vuole chiudere l’avventura sulla panchina della Nazionale portando a casa un trofeo che oggi sembra onestamente fuori dalla portata di questa che è probabilmente l’Italia più scarsa degli ultimi 26 anni. Vuole chiudere da vincente, togliendosi qualche sassolino dalle scarpe e sbattendo in faccia a tutta la nazione (diciamolo onestamente, siamo quasi tutti detrattori) una coppa che resti lì a testimonianza perpetua di quanta ingratitudine possa comunque celare un amore mai nato. Quello tra Conte e l’Italia è un rapporto ormai logoro da sempre mal sopportato da tutte le parti coinvolte che non vedono ormai l’ora di siglare il già annunciato divorzio. Un finale che sembrerebbe già scritto. Ma c’è ancora un’ultima battaglia da affrontare per decidere chi da questa brutta storia uscirà vincitore e chi sconfitto. Se scegliersi l’esercito è un lusso concesso a pochi, condurlo alla vittoria è impresa che riesce a pochissimi. Conte è uno che nella battaglia dice di sguazzarci. Se sia vero o sia soltanto un bluff ce lo dirà la storia. L’appuntamento è per il 10 luglio a Parigi. Non importa come. Ciò che conta è esserci.