Difficile poter scommettere sui calciatori sconosciuti, soprattutto ad inizio stagione. Con Piatek è stato più semplice, con la sua quadripletta (o quaterna, decidete voi come definirla) rifilata al Lecce in Coppa Italia, in soli 37 minuti: una presentazione da urlo. Federico Santander, invece, è arrivato in Italia nell’anonimato generale. Un nueve puro a servizio di Filippo Inzaghi, pieno di incognite e con pochissima fiducia verso il futuro.
Alzi la mano chi ha scelto questo attaccante per arricchire la sua Rosa fantacalcistica. Proprio te, non imbrogliare: lo hai avrai preso sicuramente come ultimo tassello perché l’acquisto di Cristiano Ronaldo ti ha svenato o la lotta per prendere Gonzalo Higuain non è andata a buon fine. Eccolo qui, il Ropero: un giocatore definito “armadio” vista la sua prestanza fisica…non proprio da zona offensiva. Eppure il Bologna gli ha affidato le chiavi dell’attacco, guidato dalla panchina da uno che in tema di gol se ne intende, eccome. Il paraguaiano (il primo della storia rossoblu) ha già conquistato la tifoseria, reti a parte.
Maglia numero 9, sorriso dietro ad uno sguardo da “duro” e pettinatura alla Mario Yepes. Un giocatore che fa subito simpatia e che è entrato nel cuore dei supporters per il suo modo di fare. Con lui è arrivata la prima vittoria in campionato, suo uno dei due gol rifilati alla Roma alla 5° giornata. Si è ripetuto nell’ultima, siglando il momentaneo 1-1 contro l’Udinese che poi ha condotto alla vittoria gli emiliani. Due sigilli che dicono tanto di lui. Dal fisico potrebbe sembrare il classico attaccante d’area, alla Pippo Inzaghi, ma statico. Pregiudizi e solo tanta apparenza: Santander si muove e lo fa molto bene.
Contro i giallorossi è stato mandato in campo aperto grazie all’assist di Diego Falcinelli e a tu per tu con Robin Olsen non ha mancato l’appuntamento con il primo gol in Serie A. Il secondo tassello, contro i bianconeri, ha messo in luce tutte le sue caratteristiche. L’azione del gol l’ha creata e l’ha gestita. Spalle alla porta, ha fatto salire la squadra controllando un pallone, da vero 9 di peso, passateci il termine. Sponda, giravolta, recupero della sfera e sassata alla spalle dell’incolpevole Scuffet. C’è stato tutto, tanta speranza per il futuro di questo Bologna. Squadra che dovrà aggrapparsi, per forza di cose, ai suoi gol: soprattutto da lì passerà la salvezza.
L’esperienza calcistica di Santander è gran parte locale, iniziata nel ruolo di centrocampista davanti alla difesa: 10 stagioni al Guaranì,società con sede nella città di Asuncion. Prima esperienza intervallata dalle parentesi in prestito al Tolosa, al Racing Club e al Tigre, squadre in cui l’attaccante non è mai riuscito ad affermarsi. Prima del suo approdo al Bologna, gli ultimi tre anni li ha trascorsi in Danimarca con la maglia del Copenaghen.
In Superligaen ha svoltato completamente la sua carriera, riuscendo a vincere i primi trofei tra il 2015/2016 e il 2016/2017: due campionati danesi e due coppe di Danimarca. Prime apparizioni tra Champions League ed Europa League, con un’esperienza complessiva che ha raggiunto quota 112 presenze condite da ben 48 reti. Proprio i primi gol hanno convinto la società a trasformarlo in un attaccante che, fin da subito, non ha più smesso di andare a segno.
Sei milioni di euro l’investimento, in un ambiente che ha storto il naso al suo arrivo. “Chi è questo pacco?”. La sensazione iniziale è stata anche comprensibile, per un ragazzo che si è professato subito idolo di Ronaldo (brasiliano) e di Zlatan Ibrahimovic, ma che all’apparenza dimostrava ben altro. Ora è tutto nelle sue mani, tra i suoi piedi. Accompagnato dal coro del Dall’Ara “Che ce frega de Ronaldo, noi abbiamo Santander…” la stagione potrebbe davvero regalare delle grandi gioie per lui e per tutto il popolo bolognese.