È bello il calcio. È bello perché è uno dei pochi sport, dei pochi giochi pardon, che vive di assoluta imprevedibilità. E Roma-Inter, big match della seconda giornata del campionato 2017/2018, in tal senso è un manifesto.
L’Inter parte meglio, ha due occasioni (sporche a volerla dire tutta), sembra avere il pallino del gioco. Poi, siccome una rondine non fa primavera, una giocata di Nainggolan pesca Dzeko in area che con estrema freddezza, e la complicità di una difesa statica, controlla di petto e buca Handanovic. Da quel momento è un predominio (ma non un dominio) giallorosso. La squadra di Di Francesco prende tre pali, sembra controllare l’incontro, reclama per un contatto tra Perotti e Skriniar per il quale l’arbitro Irrati ritiene di non dover scomodare il VAR.
Poi l’Inter senga tre gol in venti minuti, con in mezzo un salvataggio sulla linea di Dalbert su una conclusione di El Shaarawy, e porta a casa tre punti che, sommati ai tre conquistati domenica scorsa con la Fiorentina, confermano che Spalletti ha portato una bella ventata di cambiamento dalle parti della Pinetina.
Perché una delle tante verità (così tante da non poterne ricavare ancora alcuna certezza) è che nella notte dell’Olimpico l’Inter ha avuto il merito di non deprimersi, di non sfaldarsi e di continuare a fare il suo gioco anche quando le cose sembravano doversi mettere peggio da un momento all’altro. Innegabile che, data la scorsa stagione, si tratti di una novità per i nerazzurri. Che per altro si sono fatti apprezzare anche dal punto di vista delle trame di gioco che, seppur da oliare, appaiono ogni settimana sempre più di marca inequivocabilmente spallettiana.
Anche la Roma, ovviamente, è piaciuta. Una squadra nettamente in crescita rispetto a quella di Bergamo. Almeno fino al 67’ quando, incassato il gol di Icardi, i giallorossi sono praticamente scomparsi dal campo. Il contraccolpo psicologico ha avuto il suo peso. Ma è anche vero che la Roma si è inceppata quando è calato (vistosamente) Nainggolan e con lui la pressione costante del centrocampo giallorosso che aveva fatto la differenza specie nei primi venti minuti della ripresa, quando i giallorossi sembravano avere completamente in mano la partita.
C’è allora un’altra verità: che oltre alla fortuna/sfortuna (dipende da che prospettiva si guardano i tre pali) conta anche la panchina. Specialmente in un match condizionato dall’afa e dalla precaria forma fisica che caratterizza ogni inizio stagione che si rispetti e che non necessariamente lascia la lucidità necessaria per dosare le forze. Ecco, sotto questo punto di vista l’Inter rispetto alla Roma sembra godere di maggiore qualità quando il discorso si estende al di là degli 11 titolari.
Così mentre l’Inter sostituiva l’impalpabile Gagliardini col più gagliardo Joao Mario, Di Francesco non aveva soluzioni di livello da gettare nella mischia. E la verità (una delle tante) è che quando cala il pressing ed il baricentro arretra, spesso e volentieri si finisce per prendere gol.
C’è poi un’altra grande verità. Anzi, due: Edin Dzeko e Mauro Icardi. Sono due giocatori completamente diversi. Il primo gioca a servizio della squadra ed appare più macchinoso. Il secondo per lunghi tratti della partita si eclissa a tal punto che quasi ti dimentichi stia giocando. Entrambi però segnano gol a grappoli. Nel nostro campionato giocano la gran parte dei migliori centravanti in circolazione. Due li abbiamo visti in campo stasera.