“Roberto Mancini? Credo rimarrà per poco tempo, ma spero di sbagliarmi. Lo conosciamo tutti. Tra le sue caratteristiche non c’è quella di mettere su una squadra composta da nuovi arrivati, specialmente se giovani. Al contrario, lo Zenit fino ad ora ha solo comprato giocatori di prospettiva. La sua, qui, è una figura contraddittoria. Si tratta di un tecnico normalissimo, probabilmente è il tecnico straniero più scarso che il club abbia mai avuto. È sicuramente una spanna sotto Spalletti, Advocaat, Villas Boas e persino Lucescu“.
Così Vasilij Utkin, esperto giornalista sportivo russo, solo poche settimane fa accoglieva dalle colonne di Sport Biznes Roberto Mancini, attuale tecnico dello Zenit. Chissà se l’avvio di stagione della squadra di San Pietroburgo avrà fatto cambiare o meno opinione a Utkin. Certo è che quello di Roberto Mancini sin qui è un ruolino di marcia decisamente invidiabile. Cinque vittorie su sei uscite ufficiali in stagione con un quattro su quattro in campionato dove, nell’ultimo turno, lo Zenit ha travolto per 5-1 i campioni in carica dello Spartak Mosca di Massimo Carrera. L’unica battuta di arresto è arrivata nel match di ritorno del primo turno preliminare di Europa League; una sconfitta di misura contro gli israeliani del Bnei Yehuda che è per altro risultata indolore grazie al 2-0 maturato nel match di andata.
Quello che più piace dello Zenit di Roberto Mancini è il gioco spumeggiante che pur esaltando l’attacco (già dieci le reti all’attivo in quattro uscite in Premier League) non sacrifica l’equilibrio se è vero che le reti incassate da Criscito e compagni sono al momento appena 2. Come si spiega la metamorfosi di una squadra che la scorsa stagione, sotto la guida di un santone come Lucescu, ha clamorosamente fallito l’accesso alla Champions League?
Probabilmente, anche se la scaramanzia ha il suo peso anche a certi livelli, poco conta il fatto che Roberto Mancini abbia deciso di seguire il consiglio di Massimo Carrera di attenersi all’usanza russa di non fischiare a casa, cosa che sembra porti sfortuna a certe latitudini. Sicuramente infatti c’è dell’altro. A cominciare da un mercato faraonico che a fronte di circa 68 milioni di euro spesi ha senza dubbio consentito al Mancio di puntellare una squadra comunque per il campionato russo già competitiva. Di questi ben 54 milioni sono usciti dal portafoglio per portare a San Pietroburgo tre giocatori: Driussi, l’ex romanista Paredes e Mammana (21 anni). Quest’ultimo, prelevato per 16 milioni dal Lione, è stato il profilo individuato per sopperire al mancato ingaggio di Manolas, trattativa saltata sul filo di lana proprio quando il centrale greco sembrava ad un passo dal trasferimento in Premier. Paredes (23 anni), arrivato per 23 milioni, è sempre stato un pallino del tecnico jesino che non ha avuto dubbi quando c’è stato da individuare il regista ideale a cui affidare le chiavi del gioco dello Zenit. Questo è per altro un ruolo per il quale Mancini ha sempre scelto nella sua carriera da allenatore con grande attenzione. Per Driussi (21 anni) infine lo Zenit ha vinto la concorrenza agguerrita di molti club europei (ed italiani in particolare) versando nelle casse del River Plate 15 milioni cash. Gli altri giocatori ingaggiati sono Kranevitter (24 anni) dell’Atletico Madrid, prelevato per 8 milioni di euro, Kuzyaev (24 anni) e Terentjev (24 anni) arrivati per la cifra complessiva di 6 milioni di euro. A chi contestava la scelta di aver speso tanti soldi per giocatori di prospetto ma ancora acerbi, Roberto Mancini sta rispondendo con risultati concreti cominciando a sgretolare anche la resistenza dei detrattori più ostici.
Anche perché, oltre all’aver saputo trovare in tempi rapidi l’amalgama tra vecchi e nuovi innesti (gli ultimi arrivati sono tutti praticamente titolari), più di tutto in Russia sta stupendo la capacità che ha avuto Roberto Mancini di restituire nuova luce a Aleksandr Kokorin, stellina (26 anni) del calcio russo che sembrava già aver intrapreso la sua fase decadente. Sono già tre in quattro uscite in Premier i gol messi a segno dal centravanti ai quali occorre sommare un assist (in campionato) ed una realizzazione nel match di andata del preliminare di Europa League. Su 464 minuti giocati stiamo parlando di una rete ogni 116 minuti. Numeri di tutto rispetto per un giocatore che lo scorso anno era stato appena in grado di racimolare cinque gol in 27 partite.
L’obiettivo dichiarato da Roberto Mancini il giorno della sua presentazione al Leningrad Centre è vincere il campionato e tornare immediatamente in Champions League. Se queste sono le premesse l’impresa non sembra certo impossibile. Con buona pace di Vasilij Utkin.