Il modo in cui è stata trattata la follia degli argentini in vista de «el Superclásico del fútbol argentino» è stato magistralmente sbagliato. Impossibile trascrivere su parametri europei la mistica de «la final de las finales», «la Tercera Guerra Mundial», «la Final del Siglo» ed «el superclásico argentino más importante de todos los tiempos», volendone solo citare gli apodos più eclatanti. Il duello finale tra i due spadaccini col sangue maggiormente irritato alla vista l’un dell’altro s’è consumato in un clima di accondiscendente estraneità, con buona pace dell’esotismo che aveva più che mai avvicinato la Copa Libertadores al modello europocentrico della Champions League. Mai più una finale doppia ma una partita secca, avevano deciso i massimi gradi della Conmebol,e allora tutti speravano che in qualche modo fossero le due metà di Buenos Aires a contendersi l’ultima storica edizione in cui la Coppa transitava su due stadi. La Bombonera prima, il fatiscente Monumental poi, laddove non sarebbe mai stata consegnata per via di una carta ufficiale del presidente della Conmebol – Alejandro Domínguez Wilson-Smith – che seguendo «el antiguo dicho maquiavélico que “El fin justifica los medios”» aveva esportato la partita delle partite lontano dalla terra natia, il Sudamerica, preferendo la destinazione madrilena così consona all’appellativo di Millonarios per l’assonante similitudine con le Real Merengues di Florentino Pérez. Alla fine è loro la gloria, il Boca è al tappeto, finale forse ingiusta, probabilmente gestita male, ma mai deprezzata di una virgola.
River e Boca, pasión y deseo
«Damos la vuelta en el Monumental» gridavano los bosteros a Madrid, postando i loro lucidi sogni sui social accompagnandoli dall’eloquente hashtag #quierolaseptima. Tra gli apodos e la tensione, la marcia d’avvicinamento alla finale delle finali prevedeva chiaramente disordini. Forse c’era pure chi sperava e incoraggiava una loro diffusione ampia, in nome di spray urticanti da vendicare, di un aspetto psicologico da mediare con violenza e timore incuneato nei volti degli avversari. L’ospedalizzazione, le foto con le bende agli occhi, i giudizi ex post su un pullman – quello del Boca – che è stato fatto passare in mezzo alla città senza neppur troppa scorta. Forse. Tutte supposizioni, quel che ha riempito le giornate tra l’andata e il ritorno. E alla fine il Boca è stato sconfitto su due piani, sportivo e organizzativo. Non si sarebbe dovuta giocare la seconda finale, dopo i fatti di Baires e l’incapacità – s’è detto – dell’azione sinergica tra Federcalcio albiceleste e Conmebol circa il regolare svolgimento e la gestione dello strascico del ritorno.
Alla fine è stata la quarta Libertadores per il River, dopo quelle alzate al cielo in 1986, 1996 e 2015. Festeggia Pablo Aimar e non Juan Román Riquelme, ma i numeri restano incredibili. Terza finale della Libertadores con due squadre connazionali, prima finale argentina della storia e prima finale della storia con due squadre della stessa città. Terzo incontro tra BOCA e CARP, dopo la finale Nacional 1976 e la Supercopa 2017. Prima vinta dai gialloblù, seconda dai biancorossi. E allora sì che il terzo scontro è stato veramente «el partido del fin del mundo».
Le due facce della finale
Al 120’ i comentarios dei tifosi del Boca erano tremendamente lapidari. «Que Guillermo no vuelva más de allá y que busquen un técnico como la gente». «Gracias por la entrega Nandez no te merecemos». «Segundo tiempo fue horrible, Villa quedate en Colombia!». «Bien Guillermo todo tuyo, hacele un favor a BOCA andate de una vez». «El cambio de Benedetto y la entrada de Gago fueron el fin de Boca». «Gracias Nandez y Benedetto los unicos que fueron dignos de esta final y de tener la camiseta de Boca». Il fascicolo era ormai chiuso, tra gli errori tali o presunti di Barros Schelotto (la gestione di Edwin Cardona ed Emanuel Más neppure convocati, la precoce sostituzione de El Pipa, il tardo ricorso a Carlos Tévez e la panchina cui è stato relegato Mauro Matías Zárate. Scelte opinabili e non sopravvissute al vaglio dei tifosi.
Il River aveva la retorica di Maradona e del barrio da sconfiggere, alla fine ne è uscito scacciando l’onta del RiBer. Giusto così, ora il Boca potrà vestirsi da fantasma della B e i rivali risponderanno ricordando la coppa alzata in faccia agli Xeneises nel dicembre 2018: «La tragedia col Belgrano, la sconfitta col Boca unidos, i fantasmi della B, tutto cancellato, vi abbiamo alzato la coppa in faccia, goduria più grande non c è, notte». E allora lanciamolo un hashtag d’effetto, un #VivaElSuperclásico subito finito in testa ai top trend. Diciamolo, che il Club Atlético River Plate ha vinto, meritatamente, una bella partita. Tesa, nella quale la sostanziale parità in campo è stata decisa sulle panchine: Guillermo Barros Schelotto, passato per Palermo, è stato esonerato pagando il minor polso rispetto al collega Gallardo. Il Boca ha vissuto di singoli, «la mitad más uno del país» ha però pagato le fiammate estemporanee con le scelte sconsiderate del suo tecnico. In vantaggio per 1-0 ha abbassato il baricentro, scoprendo il fianco alle folate del River Plate e coprendosi ulteriormente una volta rimasto in dieci uomini.
La finale dei due mondi
Sul campo, comunque, uno spettacolo. Ultimi cinque minuti da brivido, che raccontano il Sudamerica meglio di ogni cosa. Calcio maschio, la verticalizzazione da compasso da parte di Nahitan Nández indirizzata a Benedetto. Il calcio sudamericano ha dimostrato nel complesso di esser molto lontano da quello europeo sotto i profili tattico e qualitativo, il Boca con Jara avrebbe potuto prolungarla ai rigori, Zuculini ha fallito un contropiede cercando la conclusione da distanza siderale. Tanti errori e touch down, all’Antonio Vespuccio Liberti hanno atteso a lungo i loro beniamini per una festa che fosse davvero «monumental».
La partita delle partite, poi, è stata la partita dei colombiani. Non quelli del Boca, visto che Cardona probabilmente sovrappeso è stato lasciato in tribuna e Wílmar Barrios è stato espulso consegnando di fatto la coppa ai biancorossi. Quello del River, e cioè Juan Fernando Quintero, ha dato spettacolo: ha chiuso la partita siglando il gol del vantaggio, e a quel punto – sul 2-1 dal 110’ al 118’ – serviva solo giocare al gatto col topo, in 9 contro 11 dopo l’infortunio dello sfortunato subentrato Gago. Altro volto italiano e altra sostituzione determinante: l’ex Pescara ha firmato pure l’assist per il 3-1 de El Pity, Gonzalo Martínez, volato ad Atlanta dopo il Mondiale per club ricordato per la deludente performance contro l’Al Ain di Marcus Berg. Nella finale delle finali, però, eccolo esibirsi nel contropiede perfetto. Se fossimo stati a Genova sarebbe stato Duecontrozero, ricordando la volata tra Palladino e un altro argentino, Diego Milito, conclusa davanti a Castellazzi salvo posarsi leggiadra tra i libri di storia. Se fossimo davvero stati a Genova, sarebbe stato certamente più carino proprio , in virtù dell’emulazione di una delle reti certamente più impresse nella memoria storica del derby della Lanterna. A Genova si parlava di far giocare il ritorno, peraltro. Peccato. Ma forse è stato meglio così.
Ecco di seguito i tabellini:
Boca Juniors – River Plate 2-2 (domenica 11 novembre 2018, Estadio Alberto J. Armando)
Boca Juniors (4-3-3): Rossi; Jara (dall’83’ Buffarini), Izquierdoz, Magallán, Olaza; Nández, Barrios, Pérez; Villa (dal 73’ Tévez), Ábila, Pavón (dal 27’ Benedetto). All: Barros Schelotto. A disp: Lampe, Goltz, Gago, Zárate.
River Plate (5-3-2): Armani; Montiel, Maidana, Martínez Quarta (dal 58’ Fernández), Pinola, Casco; Palacios, Pérez (dal 75’ Zuculini), Martínez (dal 77’ Quintero); Santos Borré, Pratto. All: Gallardo. A disp: Lux, Mayada, Mora, Alvarez.
Reti: 34’ Ábila, 35’ Pratto, 45’+1 Benedetto, 61’ aut. Izquierdoz. Ammoniti: Jara, Villa, Ábila, Tévez (B), Casco, Santos Borré (R). Arbitro: Tobar (Cile).
River Plate – Boca Juniors 3-1 dts (domenica 9 dicembre 2018, Estadio Santiago Bernabéu)
River Plate (4-1-4-1): Armani; Montiel (dal 74’ Mayada), Maidana, Pinola, Casco; Ponzio (dal 58’ Quintero); Fernández (dal 111’ Zuculini), Palacios (dal 97’ Álvarez), Pérez, Martínez; Pratto. All: Gallardo. A disp: Lux, Martínez Quarta, Mora.
Boca Juniors (4-3-3): Andrada; Buffarini (dal 111’ Tévez), Magallán, Izquierdoz, Olaza; Nández, Barrios, Pérez (dall’89’ Gago, out al 117’); Villa (dal 96’ Jara), Benedetto (dal 62’ Ábila), Pavón. All: Barros Schelotto. A disp: Rossi, Goltz, Zárate.
Reti: 44’ Benedetto, 68’ Pratto, 109’ Quintero, 120’+2 Martínez. Ammoniti: Ponzio, Fernández, Maidana, Casco (R), Pérez, Barrios, Tévez. Espulso: al 92’ Barrios (B) per doppia ammonizione. Arbitro: Cunha (Uruguay)