“Siamo eroi,
che vuoi di più…
Belli come alla tivù.
Teneri, incoscienti eroi,
noi siamo eroi, per non morire!”
Bari, 18 dicembre 1999. Il cronometro di Bari-Inter segna 6’ e 44 secondi. I padroni di casa si trovano nella metà campo avversaria. A 40 metri circa dall’area di rigore ospite. Il pallone arriva tra i piedi del numero 26 dei biancorossi. E’ un giovane attaccante della Primavera del club, un ragazzo nigeriano che si chiama Hugo Enyinnaya, spedito in campo a sorpresa insieme ad un suo compagno di scorribande delle giovanili, tale Antonio Cassano, per l’indisponibilità degli attaccanti titolari della squadra di Eugenio Fascetti, Osmanovski e Mazinga.
E’ un pallone sporco, frutto di un tentativo, neanche troppo disperato ma comunque riuscito, di anticipare l’intervento di un centrocampista nerazzurro.
“L’aggancio di tacco, avevo preso in velocità Blanc che stava rientrando e Panucci che veniva in diagonale; ho fatto passare la palla tra i due, sono andati dritti al bar, ho chiuso sul palo corto…”
Questo raccontò il nigeriano, nel dicembre del 2009, a Il Secolo XIX. Diciamo che in realtà in fatti non andarono proprio così.
E’ un pallone sporco, dicevamo. Enyinnaya, di spalle alla porta, addomestica la sfera col destro. O meglio, diciamo che in qualche modo riesce a tenerla lì. Ma nel farlo è riuscito a girarsi. Ora è frontale alla porta. Il pallone rimbalza e la difesa è schierata. Blanc, centrale dei nerazzurri di Lippi, retrocede pronto a temporeggiare su un’eventuale ripartenza palla al piede di questo giovanotto sconosciuto.
Del resto c’è tanto campo da coprire prima che Enyinnaya possa arrivare in area di rigore. E per quanto il ragazzo abbia già dato in appena sei minuti l’impressione di essere uno che corre, caspita, vuoi mettere l’esperienza di un Campione del Mondo con quella di uno sbarbatello arrivato dal Belgio per 200 milioni di lire? Anche Angelo Peruzzi, quella sera a difesa dei pali dell’Inter, decide di prendersi il suo tempo per tornare tra i pali.
Ma Enyinnaya è giovane. Ha l’incoscienza dalla sua. E così, dopo il primo rimbalzo, senza perdere tempo si coordina e scaglia la palla verso la porta. Una traiettoria imprendibile per un portiere che non è tra i pali. E’ gol. Un gol che arriva al termine di un’azione di tre secondi in tutto. Hugo Enyinnaya si lascia andare ad una corsa pazza verso la bandierina del calcio d’angolo inseguito da quel tale, Antonio Cassano.
Quell’Antonio Cassano che, nella ripresa, manderà al tappeto l’Inter con un gol che passerà alla storia e varrà, nei secoli dei secoli, il soprannome di barese volante al ragazzo di Bari vecchia. Il ragazzo, Cassano, si farà, seppur tra alti e bassi. Hugo Enyinnaya invece…beh, per lui il destino ha altri progetti. Tre secondi. Tanto durerà la carriera al vertice di Hugo Enyinnaya.
“Scendi dalle nuvole.
Smetti di sognare e vai.
Tieni il passo, se no guai!
Trovati un look, ed uno sponsor.
Su quella strada, si diventa eroi.
Il coraggio, se non c’è, lo troverai.
Per conquistarti un altro giorno in più,
Don Chisciotte, sei tu”
Dopo l’exploit di quella notte al San Nicola Hugo Enyinnaya non sarà praticamente più in grado di ripetersi. Parte così un lungo peregrinare tra Italia (Livorno e Foggia) e Polonia dove il nigeriano giocò per altre squadre, non proprio di prima fascia, come Gornik Zarbze, Lechia Zielona Gora e Odra Opole. Senza lasciare traccia. Poche soddisfazioni, miseri stipendi (neanche sempre corrisposti) e qualche gol si; ma nulla a che vedere con i fasti di quella singola notte da sogno a Bari.
Mentre Antonio Cassano aveva trovato il suo look ed i suoi sponsor (senza mai diventare veramente un eroe), Hugo Enyinnaya, sceso dalle nuvole ed accantonati i sogni, aveva trovato solo il coraggio per conquistarsi un giorno in più. Comunque una cosa non certo da poco.
“Un altro detersivo, smacchierà,
quello straccio d’immaginazione e di poesia.
La voglia di fare l’eroe ti passerà, dammi retta, se mai…
Lo sai, che fine fanno gli eroi!
Certamente, siamo eroi.
Da prima pagina, se mai.
Brutti e tristi storie che,
viverle, non è come raccontarle”
“Pensavo che dopo quel giorno nulla sarebbe stato più come prima. Anche perché prima nella mia vita aveva fatto davvero tutto schifo. Avevamo segnato io e Antonio Cassano. Dicevano che lui sarebbe diventato come Maradona, io almeno ero convinto di diventare come Careca”.
Ma Careca, molto probabilmente (diciamo pure sicuramente) ad Anzio, Meda e Zagarolo non lo hanno mai visto. E’ qui, sui campi dell’Eccellenza italiana, che si è chiusa a soli 30 anni l’anonima carriera di Hugo Enyinnaya che oggi ha fatto ritorno in Nigeria facendo perdere le sue tracce. Chissà se sente ancora Antonio Cassano, un altro che, con le dovute differenze, nel suo pur sfavillante percorso ha comunque raccolto molto meno di quanto senza la sua testa matta avrebbe potuto portare a casa.
Chissà, ora che il destino li ha nuovamente uniti, chi per scelta e chi per forza, a vedere gli altri inseguire un pallone, se entrambi ripensano ancora con nostalgia a quella magica notte del 18 dicembre 1999. Quella in cui il calcio fabbricò due Don Chisciotte a modo loro comunque eroi. Almeno per una sera.
“Ci abbiamo dato dentro, tu ed io.
Per cambiare questo mondo, amico mio.
Ma ormai, questa è una fabbrica di eroi,
tanti Don Chisciotte noi.
Eroi… Ma quali eroi?
E intanto la voglia di vivere, va via!
Aspettando chissà quale altro ” Messia ”
Vivisezionati, dentro, e fuori noi… Siamo eroi”