Complice la sconfitta del Bayern Monaco sul campo del Borussia nel Klassiker, da questa sera la Bundesliga ha un nuovo padrone: la RB Lipsia. La squadra più odiata di Germania.
Piuttosto curiosa la storia di questa squadra neo-promossa nella massima serie e rivelazione della stagione in corso. Generalmente un copione come quello che sta scrivendo l’unica squadra dell’est del campionato (erano sette anni, dai tempi dell’Energie Cottbus che la Bundesliga annoverava solo squadre dell’ovest) verrebbe guardato da tutti con discreta simpatia. Una favola moderna di quelle che coinvolge tifosi di tutte le parti del mondo. Per farla breve insomma, un qualcosa di simile a quanto accaduto lo scorso anno con il Leicester di Ranieri. E invece in questo caso non è assolutamente così. Almeno in patria. La RB Lipsia è infatti la squadra più odiata della Bundesliga e della Germania in generale. Il motivo? La mancanza di storia e tradizione.
ECCO COME SI RISCRIVONO LE REGOLE
Per capire da dove nasce questo disprezzo che tutta la Germania calcistica prova per il Lipsia bisogna metabolizzare prima alcune peculiarità del calcio teutonico. In primis, la rilevanza che assume l’azionariato popolare. Siccome per i tedeschi il calcio è una cosa che appartiene ai tifosi, le società professionistiche devono essere posseduto al 50% più uno da azionisti popolari. In secondo luogo, non è concesso ad un’azienda figurare nella ragione sociale del club se non per casi di longevità della partnership (in tal senso il caso del Bayer Leverkusen, dove la casa farmaceutica era co-fondatrice del club, è emblematico). In terzo luogo, il calcio e la fede calcistica in particolare sono passioni che hanno profonde radici nel passato e nella tradizione dei vari club e che si tramandano dunque di generazione in generazione. In tale ottica si sottolinea come in Germania, così come ad esempio in Gran Bretagna, non è infatti raro assistere a partite di categorie infime in compagnia di migliaia di spettatori e gruppi ultras per altro pronti a darsela di santa ragione in nome della tradizione. C’è chi la chiamerebbe Ostalgie, nostalgia.
Non è certo questo il caso di Dietrich Mateschitz, magnate austriaco proprietario del marchio Red Bull. Uno che quando si parla di affari non guarda in faccia nessuno. L’amore per il calcio (e per gli affari) del Tycoon non è certo nuovo. La Red Bull è infatti già da anni proprietaria di un club anche piuttosto blasonato del campionato austriaco: l’Austria Salisburgo. Squadra che dal 2005, anno di acquisizione da parte di Mateschitz, si chiama Red Bull Salisburgo e ha completamente cambiato i colori sociale passando dal viola al biancorosso. Colore che campeggia anche sul nuovo stemma del club dove risaltano due tori rossi cerchiati di giallo su sfondo bianco. Si insomma, avete capito bene, uno stemma molto simile a quello dell’energy drink. Come hanno preso i tifosi del Salisburgo la questione? Non molto bene a dire il vero. Ma la sommossa popolare che c’è stata quando la nuova proprietà ha cancellato la storia del club rifiutandosi qualsiasi richiamo al viola tanto caro allo zoccolo duro della tifoseria ha definitivamente abbandonato la guerra dopo che Mateschitz, piuttosto seccato dalle continue richieste, ha pensato bene di fornire ad ottomila tifosi occhiali con lenti viola in occasione di un match casalingo della squadra. “Vogliono vedere il viola? E così sia. Ora possono farlo”. La storia si è ripetuta poi anche a New York. Ma in America il discorso non può che essere diverso. Perché gli americani sono abituati a vivere lo sport come intrattenimento. Ma soprattutto perché gli americani stanno ancora sviluppando una loro tradizione calcistica.
Quanto detto dovrebbe essere sufficiente a dimostrare che Mateschitz è un tipo tosto. Uno che quando decide di fare una cosa ci si butta a capofitto e non accetta interferenze. Succede allora che un giorno il numero uno della Red Bull si mette in testa di voler vincere la Bundesliga prima di compiere 80 anni. Non sono certo questi pensieri per tutti. Ma sono sogni che un magnate può pensare effettivamente di realizzare. Ed ecco che la macchina Red Bull si mette in moto per realizzare il desiderata del Tycoon.
Il primo problema è individuare dove investire. Ma la scelta è poi così difficile. Lipsia sembra infatti messa lì apposta. Città da mezzo milione di abitanti con stadio nuovo di zecca costruito per i Mondiali del 2006. E poi ha l’enorme vantaggio di essere ad est in una zona del Paese che ancora stenta a riprendersi la scena dopo l’unificazione. I presupposti per un gran successo ci sono insomma veramente tutti. C’è solo un problema. Manca la squadra. La Federazione propone allora il Ssv Markranstädt, squadra di quinta categoria di un sobborgo della città. L’affare si fa. Con buona pace dei tifosi che le tentano tutte pur di scongiurare l’accordo con azioni che vanno dalla devastazione fino al diserbante sul campo di gioco. Mateschitz in un anno mette su la nuova società e con un gesto di magnanimità compra otto squadre giovanili dal Sachsen e rifonda anche il Markranstädt.
E’ evidente che un magnate con le mire di Mateschitz non può certo tollerare di dover spartire la proprietà con gente comune che potrebbe per altro essere di intralcio per i suoi piani. Ma il valore aggiunto di un magnate è anche quello di circondarsi di gente strapagata spesso in grado di consigliare la via d’uscita. Così viene creata una società di garanzia limitata, le quote vengono divise tra manager facenti parte della cerchia fidata di Mateschitz e la quota per gli azionisti popolari viene fissata a 800 euro. Per fare un paragone, la quota per gli azionisti popolari del Borussia Dortmund è di 45 euro. Morale della favola, zero richieste di acquisizione e proprietà in mano di fatto alla Red Bull.
Che non può però dare il suo nome al club. Nessun problema. La squadra si chiamerà RasenBallsport Leipzig. Nome che abbreviato diventa RB Leipzig rimandando chiaramente alla bevanda. Così come il logo che non è altrettanto esplicito come quello del Red Bull Salisburgo ma che rinunciando al cerchio giallo e modificando un po’ la posizione dei tori non perde comunque il suo spirito evocativo.
A dirla tutta non finisce qui. Perché oltre ai tradizionalismi del calcio tedesco la RB Lipsia si fa beffe anche dei regolamenti calcistici internazionali. Sempre in maniera lecita, si intende. E’ questo ad esempio il caso delle regole sul fair play finanziario che viene aggirato con prestiti di giocatori da parte dei club che fanno parte della galassia Red Bull.
MA QUALE OSTALGIE. GLI AFFARI SONO AFFARI
Tutto questo disprezzo per le regole è il motivo per cui in Germania si è covato e poi è esploso questo disprezzo per la RB Lipsia. Un sentimento per alcuni molto profondo. Per i tifosi in particolare da sempre un po’ legati al concetto di Ostalgie da intendersi come la già citata tradizione da tramandare di generazione in generazione.
Come si fa a fare il tifo per una squadra di plastica che non ha radici? Questo è il pensiero più o meno generale nelle frange ultras teutoniche che spesso e volentieri, quando hanno avuto modo di incrociare il proprio cammino con quello della squadra dei due tori, non hanno mancato di manifestare. A volte anche in maniera violenta. Come nel caso del primo turno di coppa di Germania di questa stagione quando i tifosi della Dynamo Dresden hanno lanciato in campo una testa di toro mozzata, chiaro riferimento alla Red Bull, con tanto di striscione polemico: “Non potete comprare la tradizione: no al RB”. Ma le cronache riportano anche di altre proteste come quella dei tifosi dell’Union Berlin che nel 2014 assistettero al primo quarto d’ora del match indossando dei sacchi di plastica sul volto. O ancora la protesta dei tifosi del Karlsruhe che hanno indossato delle maschere, quelle dei tifosi del Borussia Dortmund che hanno disertato l’incontro a Lipsia in questa stagione preferendo andare a seguire le giovanili del club di Dortmund o quella più recente di venerdì sera a Leverkusen con il pullman del Lipsia imbrattato di vernice. A dirla tutta hanno alzato la cresta anche i tifosi dell’Hoffenheim squadra di un paesino di tremila anime che fino a ieri la squadra più odiata di Germania. In occasione del primo match stagionale la curva di casa ha rivendicato scherzosamente il ruolo.
Tralasciando però il lato romantico del calcio, quello apprezzato dai tifosi e molto meno dagli investitori, la verità è che il modello RB Lipsia ha messo in crisi il modello tedesco. Innanzitutto perché quello di Mateschitz si sta rilevando un progetto di successo. Lo stadio da 44 mila posti, un gioiellino, è sempre pieno. Il 30% dei tifosi sono donne ed un altro 10% è composto da under 14. La tifoseria è composta da appassionati e non da gruppi schierati politicamente, cosa che azzera i problemi di ordine pubblico. In secondo luogo, una conseguenza del primo aspetto, perché quando le cose funzionano la tendenza è quella di imitarle. E così sono diventati sempre più numerosi i club che stanno facendo pressione affinché venga rivista la regola dell’azionariato popolare che, a detta di molti, blocca per altro gli investimenti di cinesi e sceicchi. E poi certo, ci sono i risultati in campo.
INTANTO IL LIPSIA VA CHE È UNA MERAVIGLIA. ANCHE MEGLIO DEL KAISERSLAUTERN DI REHHAGEL
Ad accendere ancor più i riflettori sulla RB Lipsia sono gli strabilianti risultati che la squadra di Hasenhüttl sta conseguendo in questo primo scorcio di stagione. La vittoria sul Leverkusen oltre a valere il primato ha portato in dote anche due record. Mai una neopromossa era rimasta imbattuta nelle prime undici partite di campionato. Il primato precedente spettava al Duisburg che venne fermato per 4-1 dal Moenchengladbach proprio all’undicesima giornata. Il secondo è rappresentato dai 27 punti messi in cascina sin qui. Meglio di quanto fece un’altra neopromossa, il leggendario Kaiserslautern di Rehhagel che nel 1997-98 allo stesso punto della stagione di punti ne contava 26. E che poi vinse il campionato.
Artefice di quello che fino a qui può considerarsi un vero e proprio miracolo calcistico è il tecnico Ralph Hasenhuttl, classe ’67 di Graz. Uno non nuovo alle imprese considerando che è stato anche l’artefice delle imprese dell’Ingolstadt 04. Per accaparrarsi il tecnico la RB Lipsia in estate ha speso la bellezza di 3 milioni di euro. Cifra inconsueta per il trasferimento di un allenatore. Hasenhuttl sta però ripagando la fiducia a suon di ottime prestazioni, spettacolo, gioco, idee ed un aziendalismo radicato che si sposa perfettamente con la politica dei giovani seguita dalla società. Werner, Selke, Bernardo, Keita sono solo alcuni dei talenti in erba del club. Giocatori di sicuro avvenire e destinati a far parlare di se nel mercato del futuro.
La partita di Leverkusen, quella che ha regalato a conti fatti il primato in solitudine almeno per una settimana, è emblematica di quanto la RB Lipsia faccia sul serio in questa stagione. Sotto 2-1 la squadra di Hasenhuttl ha agguantato il pareggio al 67′ con Forsberg e nonostante le difficoltà incontrate sino a quel momento ha comunque deciso di provare a giocarsela. Scelta vincente dato il gol del 2-3 messo a segno da Orban che ha permesso di espugnare la Bayer Arena. Cosa che nessuno era stato in grado di fare nelle precedenti venti partite giocate a Leverkusen.
Gongolante a fine gara Hasenhuttl ci ha tenuto a dire la sua: “Sono fiero dei miei ragazzi. Abbiamo mostrato una grandissima reazione nella ripresa non demoralizzandoci nonostante lo svantaggio. Abbiamo giocato un buon calcio, essere in vetta è così bello. Penso sia un bene anche per la Bundesliga se il Bayern dopo tanti anni non è in testa. Non siamo solo noi a far bene, molte squadre sono cresciute, questo è positivo per il campionato“. Che che ne pensino i tifosi del resto della Germania.