È caduto l’impero. Il primo dato che viene agli occhi è che in vetta alla classifica non c’è più il Guangzhou Evergrande, che senza troppi conti è probabilmente la squadra più conosciuta dalle nostre parti, per via della permanenza di Marcello Lippi in panchina – che nel 2013 grazie alle Tigri del sud divenne il primo allenatore al mondo a vincere le massime competizioni continentali di due continenti diversi, venendo poi raggiunto sempre a Canton due anni dopo da Felipe Scolari. A raccogliere l’eredità c’è stato un certo Fabio Cannavaro che, dopo aver affiancato il suo ct della trionfale campagna tedesca culminata con la conquista di Berlino, ha fatto un po’ di gavetta in Arabia e poi nella serie inferiore col Tianjin Quanjian, trovando una clamorosa promozione nella massima categoria cinese.
Il Guangzhou dei brasiliani
L’annata del Guangzhou è stata certamente entusiasmante e più proficua della prima, grazie soprattutto al decisivo apporto dei brasiliani Talisca e Paulinho, autori rispettivamente di 16 e 13 reti a testa. Sebbene questo non sia bastato per portare a casa l’ottavo campionato consecutivo, le performance di qualità dell’Evergrande hanno fatto parlar di loro. Il problema semmai, questa volta, è che è successo qualcosa d’insolito, mai manifestatosi negli anni passati. Nonostante scarti in classifica sempre relativamente corti, stavolta è successo l’incredibile e non solo perché vi riveliamo che a laurearsi capocannoniere dopo 11 anni sia stato nuovamente un calciatore autoctono: Wu Lei, il più giovane debuttante della storia del calcio cinese (nato il 2 settembre 2006, alla tenera età di 14 anni e 287 giorni!) nonché miglior marcatore di sempre da quando si chiama Super League con 102 reti. Quest’anno Wu Lei ha segnato 27 volte in 29 partite, prendendosi definitivamente la scena in tempo per regalare al suo Shanghai SIPG il primo titolo nella storia.
Non solo made in China, però. Fondamentale nella conquista del titolo per le “Aquile Rosse” – allenate dell’ex tecnico di Porto, Olympiakos e Fenerbahçe Vitor Pereira – è poi stata una discreta schiera di stranieri. Le loro storie hanno peculiarità diverse: c’è il brasiliano ex Porto e Zenit Hulk, autore di 13 reti e appassionato bodybuilder, c’è l’ormai veterano Elkeson, che malgrado l’interesse del Bologna qualche anno fa gioca in Cina dal 2013 (ed è secondo marcatore di sempre nel campionato con 88 reti, a pari merito con una leggenda come Han Peng). Tra tutti spicca l’ex Chelsea Oscar, vero mvp della stagione: 12 reti e ben 18 assist, in barba a chi ne criticava la destinazione, a 26 anni, con diversi possibili anni ancora alle spalle e un Mondiale probabilmente saltato per via della Cina. Ora Oscar pare essersene pentito e vorrebbe tornare nel calcio europeo, ma non abbiamo certezze sulla metà. Sarebbe comunque disposto a rinunciare – pur di rimetter piede nel calcio che conta – ai lauti 25 milioni annui che percepisce dalle parti di Shanghai.
Tra Pellé e il salary cap
Parlando sempre di “paperoni”, viene spontaneo chiedersi che fine abbia fatto quel Graziano Pellé di cui genericamente si sono perse le tracce dopo la sua fuga dal belpaese, circondato dalle critiche per quel beffardo rigore malriuscito a Euro 2016. Pellé si era unito allora allo Shandong Luneng con la modica cifra di 40 milioni netti d’ingaggio in due anni e mezzo ad arricchirgli in conto corrente. Diventò all’epoca il quinto giocatore più pagato al mondo e oggi, dopo due stagioni in chiaroscuro e 9 reti complessive, sembra aver deciso di svoltare. Ha segnato 16 reti in tandem con un altro attaccante di razza come Diego Tardelli (17 marcature), utili per raggiungere la terza posizione valevole per i preliminari della Champions League asiatica. Il 31 dicembre ufficialmente gli scadrà il contratto e ad oggi non sappiamo se verrà rinnovato. Del resto verrà introdotto il salary cap, dunque Graziano potrebbe esser tra i primi a fare il ritorno in Europa dagli esotici lidi in cui finora s’è messo alla prova.
Una possibile rivoluzione nel calcio cinese – finanziariamente – andrebbe a intaccare inevitabilmente su tutti i talenti stranieri che vi si sino avvicinati negli anni: da Renato Augusto a Cedric Bakambu (Beijin Sinobo Guoan, quarto classificato) passando per Ezequiel Lavezzi, Javier Mascherano ed Hernanes (Hebei Cjina Fortune), senza dimenticare il Jiangsu del gruppo Suining (Alex Texeira, Eder e Gabriel Paletta). Altri nomi che potrebbero risentire di questo Salary Cap? Nientemeno che l’ex milanista ora al Tianjin Alexandre Pato (15 reti), probabilmente pure l’ex Udinese oggi al Changchung Odion Ighalo (21 reti quest’anno), l’israeliano ex Palermo e ora all’altra squadra di Guangzhou Eran Zahavi (20 reti e 7 assist). Proprio col salary cap sorge un dubbio: continuare a spendere o rifondare il sistema calcistico? Una percentuale altissima di proventi potrebbe avere dei risvolti tragici viste le ultime sentenze e la Chinese Super League vedrebbe diminuire il suo appeal. Un incentivo a poter sviluppare qualche talento locale, dicono. Ma per un calcio che al momento non può far altro che restare ancorato a vecchie glorie passate, potrebbe essere una clamorosa arma a doppio taglio.