Erano gli anni dei Blur, degli Oasis, di Euro 96, della nascita della Premier League. Gli anni novanta hanno segnato un periodo importante per la storia inglese, calcistica e non. Gli anni post Thatcher e Hillsbrough, quelli che avrebbero cambiato per sempre la maniera di concepire il calcio in terra anglosassone. Niente più “Terraces” ma posti a sedere più confortevoli, miriadi di telecamere e orari più sparpagliati per consentire le dirette televisive. Gli anni in cui i club inglesi tornarono nelle Coppe Europee dopo le squalifiche post Heysel, riprendendo ciò che avevano lasciato in sospeso qualche anno fa. Niente più Liverpool però, ma una geopolitica più spostata verso est, in quel di Manchester, o a sud, dove Chelsea e Arsenal presero sempre più maggiormente piede. Gli anni in cui tanti attaccanti inglesi si affermarono mostrando le loro doti a tutto il mondo. In nazionale vi furono poche consolazioni, ma in compenso fra club e record vari i loro nomi restarono scolpiti nelle memorie di tutti i tifosi e diedero lustro al calcio inglese per il decisivo slancio che oggi lo classifica come il migliore fra tutti i campionati. Ecco dunque a voi 15 centravanti inglesi dagli anni 90.
Alan Shearer
Partiamo col botto: un nove per eccellenza con una storia niente male. Nativo di Newcastle e scartato dalle Magpies, Alan ripercorse la via di casa soltanto a 26 anni, dopo essersi fatto le ossa in giro per la terra d’Albione (fra Southampton, dove divenne il più giovane inglese a mettere a segno una tripletta, e Blackburn, dove centrò uno storico titolo nel 1995). Sulle rive del Tyne è il miglior marcatore di sempre, e non solo del Newcastle ma dell’intera Premier League della quale fu capocannoniere per tre stagioni consecutive (1994-95,1995-96,1996-1997). In nazionale riscosse successo ad Euro 96, dove sbloccò la semifinale contro la Germania poi persa ai rigori, e a Francia 98 che giocò da capitano. Icona del calcio inglese lontano dalle metropoli, che sa combattere ad armi pari e resta fedele nel tempo, il nome di Shearer è legato in maniera indissolubile al corso del fiume Tyne nonostante non sia arrivato alcun trofeo.
Andy Cole
Mezzo Calypso Boys, feat Dwight Yorke. Accanto al trinidadese ha scritto la storia del Manchester United prima (dal 95 al 2001: 5 Premier League, 2 FA Cup, 2 Charity Shield, una Champions League e una Coppa Intercontinentale) e poi, brevemente, ha continuato il connubio con la maglia dei Blackburn Rovers, raggiungendo una qualificazione europea. Esordiente ai tempi dell’Arsenal, si lanciò prima al Fulham in terza divisione e poi al Bristol City e al Newcastle, con cui raggiunse la promozione nella massima serie e vinse la classifica marcatori nel ’94 trascinando le Magpies al terzo posto. Ferguson lo volle con lui, e il resto è storia recente dell’epopea del Manchester United.
Michael Owen
Alle nuove generazioni potrebbe non dire nulla, e in effetti il modo con cui è scomparso negli ultimi anni della sua carriera è sconcertante, visto anche il potenziale che vi era agli albori. Classe 1979, capocannoniere nel 97-98 e 98-99 e Pallone d’oro nel 2001, davanti ai vari Raul, Kahn, Beckham e Totti, Michael Owen non ha mai potuto dare seguito a quei fasti per via dei numerosi infortuni accorsi negli anni. Real Madrid, Newcastle e Manchester United non sono riuscite a rilanciare colui che alla fine del secolo scorso doveva e poteva essere il più grande attaccante che l’Inghilterra calcistica potesse mai ricordare. Ma il suo gol contro l’Argentina al Mondiale, votato seconda rete più bella di sempre nella storia della competizione, resta una perla da ammirare negli anni a venire.
Robbie Fowler
Restando nelle fila dei Reds, Fowler è uno dei più grandi ma soprattutto amati giocatori che abbia mai indossato la maglia del Liverpool. Scouser purosangue, non riuscì mai a portare il titolo nel Merseyside (2 FA Cup, 2 Coppe di Lega, 2 Community Shield, una Coppa Uefa e una Supercoppa Europea) ma – non pago – è diventato uno dei marcatori più prolifici della storia della Premier. Successivamente si mise in mostra a Leeds e Manchester sponda City, per poi tornare ad Anfield. Fu presente come tifoso nella notte di Instabul nel 2005, mentre durante la rivincita del Milan non si trovava nemmeno in panchina, vista la sua condizione fisica. Successivamente per lui Cardiff, Blackburn e delle mete esotiche in Australia e Thailandia Celebre la sua esultanza nel ’99 contro l’Everton, in cui tirò….sulla linea di fondo.
Gary Lineker
A cavallo fra gli anni ’80 e ’90, è Lineker probabilmente uno degli elementi più rappresentativi d’oltremanica. Nativo di Leicester, deliziò le platee locali e di Liverpool sponda Everton prima di emigrare a Barcellona per vincere qualcosa in Spagna ma soprattutto per disputare le coppe europee (e infatti vincerà la Coppa delle Coppe nel 1989) da cui le squadre inglesi erano state bandite. Fece ritorno in Inghilterra nel 1989 fra le fila del Tottenham, qui vinse il terzo titolo da capocannoniere e la prima FA Cup, nel 1992. Nel mentre la spedizione a Italia 90 fu arricchita dalla sua celeberrima frase dopo la semifinale a Torino, con cui apostrofava i tedeschi (quelli che in un modo o nell’altro alla fine vincono ogni partita a calcio). Aveva preso parte anche a Messico 86, risultando capocannoniere del torneo. E le sue apparizioni con le volpi sulle mutande lo rendono famoso tuttora.
Teddy Sheringham
In un istante passano 24 anni di carriera, oltre 700 partite e oltre 300 reti. Il nome di Sheringham ha travalicato ben 3 generazioni di calcio inglese, iniziando quando c’erano ancora le numerazioni fisse e concludendo agli albori dell’era di Messi e Ronaldo. L’istante sopracitato è uno solo, e non può esser altro: la notte del Camp Nou col suo Manchester United, in cui al 90′ minuto raggiunse il Bayern Monaco che già assaporava la vittoria della Champions League. Di quella rimonta storica che consegnò a distanza di 30 anni il trofeo nelle mani dei Red Devils restano lacrime. In carriera comunque Teddy vestì anche le maglie di Milwall, Tottenham, West Ham, Nottingham Forrest, Portsmouth e Colchester, oltre a brevi apparizioni in Svezia con l’Aldershot e il Djurgadens. In Nazionale per diversi anni fu il partner preferito di Alan Shearer, in coppia col quale aveva fatto sognare ad Euro 96.
Peter Beardsley
Il perfetto prototipo della gavetta è lui, cresciuto nella terza divisione e successivamente emigrato in Canada a Vancouver, dopo un brevissimo periodo al Manchester United senza lasciare quasi traccia. Incise comunque il suo nome fra Liverpool ed Everton (due titoli e una FA Cup coi Reds a fine anni ottanta) senza contare Newcastle, dove tornerà in due periodi diversi. La seconda volta, fra il ’93 e il ’97, vivrà una delle epoche più gloriose per il club, nonostante l’assenza di trofei. Annate indimenticabili per i Magpies, irripetibili e contorniate da Beardsley.
Nigel Clough
Il cognome pesante dalle parti di Nottingham è tutto un programma: fu infatti suo padre Brian a farlo debuttare nel 1984. Al Forest Nigel però restò fino al 1993, proprio quando il genitore allenatore aveva deciso di ritirarsi. Salutati entrambi i Clough, Nigel successivamente andò per tre stagioni al Liverpool, dove però non riuscì a replicare le annate precedenti, e si concedette un paio di anni al Manchester City prima di concludere la carriera al Burton Albion – di cui oggi è allenatore – non senza un ultimo ritorno a Nottingham. Per tanto tempo è stato creduto un raccomandato, ma le sue oltre 600 presenze ad alti livelli sono un deterrente al mal pensiero.
Emile Heskey
Ennesimo talento parecchio discusso in carriera, dal fisico imponente, mai in grado di farlo diventare uno di quei centravanti inarrestabili di cui ci si ricorda. Molto bene invece come assistman, il che rendeva Heskey un formidabile partner per chiunque condividesse il reparto con lui, Emile mosse i primi passi nella natale Leicester, per poi spostarsi a Liverpool. La concorrenza ad Anfield era ben più spietata rispetto alle tranquille Midlands (e infatti coi Reds visse una sola stagione in doppia cifra) ma nonostante ciò fu molto apprezzato per la sua duttilità. Birmingham, Wigan e Aston Villa sarebbero state le successive direttrici della sua carriera, per poi passare per l’Australia e successivamente chiudere col Bolton. Di Heskey in nazionale si ricordano due mondiali e altrettanti europei.
Matthew Le Tissier
Dall’isola di Guernsey a Southampton il calcio ha un solo nome: Le Tissier. Ovvero, l’uomo che scelse di rifiutare qualsiasi altro club, tanto le tinte biancorosse dei Saints permeavano la sua mente. Oltre 500 presenze e più di 200 reti, con un terzo posto nella classifica marcatori del 1994 alle spalle degli imprendibili Cole e Shearer, sono un ottimo bottino per chi come lui però non trovò mai il debutto europeo e giocò soltanto una manciata di partite in nazionale. Eppure, per uno che aveva deciso di donare tutto per un club di assoluta tradizione ma in quel contesto storico nettamente inferiore a molti altri, non fu mai un vero problema. Questioni di attaccamento, il prototipo di bandiera nel calcio inglese. Voglia di palcoscenici minori, ma non certo meno passionali.
Ian Wright
Uno dei nomi più caratteristici dell’epoca, e non solo per l’origine jamaicana e l’infanzia difficile. Ian riuscì ad entrare nel mondo del calcio grazie al Crystal Palace, che lo fece debuttare a 21 anni, poi nel 1991 a quasi 28 anni arrivò a bussargli alla porta l’Arsenal, con cui vincerà tutto: una Premier, due FA Cup, una Coppa di Lega e la celebre Coppa delle Coppe in finale contro il Parma. Fu anche capocannoniere nell’ultima edizione della First Division, prima che si trasformasse nella moderna Premier League, ed è forse uno dei motivi che lo rendono celebre. Quasi impalpabile in nazionale, con cui ebbe solo sporadiche presenze senza mai riuscire a prender parte a una qualche spedizione internazionale, Wright salì infine alla ribalta da musicista: con Chris Lowe dei Pet Shop Boys incise infatti Do The Right Thing.
Dion Dublin
Promettente esordio col Manchester United, poi talento martoriato dagli infortuni e affossato dalla contemporanea esplosione di Cantona. Non fu un contesto idilliaco per Dion, che nel 94 dunque approdò al Coventry City, con cui riuscirà a strappare più volte la salvezza e tornerà l’attaccante che si intravedeva ad inizio carriera, vincendo anche la classifica marcatori nel 98 al pari di Owen e Sutton. Successivamente scelse la parentesi Aston Villa, vincerà un’Intertoto e riuscirà a togliersi qualche altra soddisfazione. Chiuderà con il Norwich, esattamente da dove aveva cominciato.
Chris Sutton
Da un partner di Shearer ad un altro. Ecco Sutton, quello che dopo gli inizi al Norwich comparve nei sogni del Blackburn cui era approdato grazie alla chiamata di Kenny Daglish. Correva l’anno ’94 è fu anche opera sua con 15 reti. Restò nel Lancashire fino al 1999 vincendo il titolo di capocannoniere in coabitazione con Owen e Dublin, poi prenderà la via di Londra sponda Chelsea senza mai riuscire a ripetersi ai livelli precedenti. Successivamente ebbe una nuova giovinezza con il Celtic, ma mai tornò particolarmente in auge e anzi, nella finale di Coppa Uefa del 2003 s’arrese al Porto di Mourinho.
Kevin Campbell
Un pezzo di storia dell’Arsenal dei primi anni novanta è lui, in campo nella vittoriosa Coppa delle Coppe contro il Parma. Kevin chiuse le porte dell’Emirates con oltre 200 presenze e 46 reti, salutando i Gunners per poi trovarsi una nuova squadra (il Nottingham Forrest). Qui in tre stagioni retrocedette nella serie inferiore e riuscì a risalire realizzando fra le altre cose 23 reti d’importanza capitale. Dopo esser stato in Turchia finì all’Everton dove fece da chioccia a Wayne Rooney e trovò uno storico quarto posto nel 2005, prima di chiudere fra WBA e Cardiff City. Non un pessimo modo con cui appendere le scarpe al chiodo.
Les Ferdinand
Una famiglia di calciatori. Già, perché quel cognome è lo stesso dei cugini Rio e Anton, con un’eccezione non da poco: i due erano difensori, mentre a Les piaceva segnare i gol anziché evitarne. Con le maglie di QPR, Newcastle e Tottenham ha vissuto stagioni prolifiche, senza mai però riuscire a vincere la classifica marcatori nonostante tre stagioni chiuse con oltre 20 reti. Erano ani di concorrenza spietata, dove comunque il suo spazio riuscì a ritagliarselo. Dovendo ascrivere la sua carriera a un momento, scegliamo la prima stagione a Newcastle, dove i Magpies di Asprilla e Ginola si fermarono al secondo posto, a -4 dal Manchester United nonostante una partenza super.