Il Barcellona tutto classe e tiqui-taka di Guardiola ha contribuito a radicare nel calcio europeo una falsa credenza: possesso palla equivale a vittoria. Un’equazione che spesso e volentieri è stata data dai più talmente per scontata da distogliere l’attenzione sulla necessità di soffermarsi a soppesare adeguatamente il peso delle variabili in campo che all’epoca fecero le fortune dei blaugrana. Variabili che, nel caso specifico, sarebbero poi i vari Xavi, Iniesta, Messi.
A ben vedere la filosofia catalana di Guardiola ha rappresentato un’evoluzione del pensiero di Nils Liedholm, quello per cui “se la palla ce l’abbiamo noi gli avversari non possono segnare”. Un’affermazione che non può prescindere dalla qualità; una frase che, appurata la qualità, si presta poi a più interpretazioni.
Quella data da Pep Guardiola ai tempi del Barcellona è stata tenere palla per anestetizzare e stordire gli avversari e poi colpirli in velocità. Quella data da Massimiliano Allegri al Wanda Metropolitano di Madrid, invece, per quanto volesse sposare l’interpretazione guardiolana del pensiero di Liedholm ha finito nella realtà per discostarsi molto dalle intenzioni. La grafica che riassume i dati dei passaggi di Atletico Madrid-Juventus estrapolata dalla match analysis di WhoScored.com in tal senso aiuta a comprendere bene il punto.
Partiamo da un dato. Quello ovviamente del possesso palla di Atletico Madrid e Juventus nel match del Wanda Metropolitano. Un dato che premia i bianconeri con il 62% contro il 38% degli avversari. L’Atletico, però, come noto ha vinto 2-0. Concesso che le due reti dei Colchoneros sono arrivate da calcio da fermo, è anche vero che le altre statistiche del match sostanzialmente si equivalgono: i tiri in porta (11 Atletico e 14 Juventus con gli uomini di Simeone più precisi nel centrare lo specchio); numero di cross (21 a 20) e numero di corner (8 a 7). La domanda, dunque, è lecita: a cosa è servito tenere così tanto palla?
A far passare il tempo, obietteranno quelli bravi. Possibile. Se non fosse che le dichiarazioni alla vigilia di Massimiliano Allegri (tornare da Madrid con almeno un gol all’attivo) lasciano presagire che l’intento reale dei bianconeri fosse un altro. L’attenzione va allora spostata sulla qualità di questo eccezionale possesso palla. Ed ecco allora che l’analisi diventa abbastanza impietosa con i bianconeri.
La mappa sinottica evidenzia in blu linee e zone di passaggio predilette dalla Juventus nel match del Wanda Metropolitano. Come è possibile vedere ad occhio nudo, le trame di gioco dei bianconeri non hanno praticamente mai portato la sfera oltre la trequarti. Ed infatti ci sono almeno due dati statistici che supportano questa evidenza.
Il primo è quello relativo alle zone target di passaggio che evidenzia come il 79% dei passaggi di Pjanic e compagni si sia concentrato tra zona difensiva (circa il 20%) e centrocampo (oltre il 59%). Il secondo riguarda la direzione: complessivamente il 70% dei passaggi è stato per linee orizzontali (50%) o addirittura all’indietro (20%).
Le stesse statistiche per l’Atletico Madrid rivelano un’evidenza opposta. Nonostante l’atteggiamento difensivo dell’undici di Diego Simeone, l’85% dei passaggi dei Colchoneros è avvenuto sulla mediana (44%) e la trequarti juventina (41%) con il 33% di passaggi che è stato in avanti, il 50% in orizzontale e solo il 17% all’indietro.
In sostanza, dunque, la vecchia tattica palla lunga (generalmente di Oblak) e pedalare (sulle spizzate di Diego Costa) sembra aver pagato in termini di efficacia almeno quanto il possesso palla sterile della Juventus. Che al Wanda Metropolitano giocava con Pjanic acciaccato. Da cui una domanda: perché non provare allora ad affidarsi ai lanci lunghi di Bonucci? Statistiche alla mano forse come atteggiamento avrebbe potuto pagare maggiormente.