Parliamoci chiaro: l’eredità di Roberto Baggio, Alessandro Del Piero o di Francesco Totti, per ora, non è stata raccolta da nessuno. È la cosiddetta eredità dei grandi, e non solo dei numeri dieci: ma dei grandi campioni. L’eredità di chi non solo segna, ma lo fa con classe, per anni, ripetendosi senza perdere un colpo, senza fermarsi mai. L’Italia aveva puntato tutto su Mario Balotelli, testa calda, giocatore favoloso (quando vuole), che però fa da sponda tra Milano e l’Inghilterra, senza convincere mai del tutto, spaccando spogliatoi e mandando in tilt la pazienza di allenatori, compagni e tifosi. Ora l’Italia ha il bisogno di puntare qualcun altro. Talmente bisogno che Antonio Conte, alla prima ufficiale da ct, l’ha voluto in campo. Talmente bisogno che in quel match, quel “qualcun altro” ha segnato subito, spazzando via quelle poche incertezze che regnavano sul suo conto. Non gioca al Paris Saint Germain, non ha vinto la Champions, non è un bad boy (o meglio, non lo è sempre): il suo nome è Simone Zaza, è al suo secondo anno nel Sassuolo di Di Francesco e sta convincendo tutti a suon di gol. Per la precisione 11 con gli emiliani, 9 l’anno scorso, già 2 quest’anno. Pochi, direte. Ma di qualità. Mai gol banali, inferti quasi sempre ad avversarie d’eccezione. Juventus inclusa, che sul giovane attaccante ha un diritto di riacquisto fissato a 15 milioni entro il 30 giugno 2015. Per ora se lo gode il Sassuolo. Se lo gode anche Conte (che alla Juventus l’avrebbe voluto). Se lo gode persino l’Italia, che su di lui punta eccome. Perché l’eredità dei grandi è ancora tutta da prendere, e forse quel ragazzo nato a Policoro, un piccolo comune in provincia di Matera, la storia del calcio potrebbe riscriverla. Basta un pizzico di costanza, perché la classe c’è.