Voto 10 al Napoli, testardo e sognatore – Correre, correre, ma non arrivare mai. Dare sempre il massimo, senza riuscire a vedere il traguardo, tagliati fuori da un mostro che sembra non avere debolezze. E’ dura tirare a campare così. Il Napoli sta vivendo un dramma psicologico che manderebbe fuori di testa anche il più saggio e appagato tra i monaci zen, eppure non accenna a scomporsi. La volata scudetto è un thriller ad alta tensione: Allegri allunga, Sarri accorcia, per un eterno ritorno all’uguale. E pensare che il Napoli avrebbe in mano la carta per rompere gli equilibri, ma al momento anche quella sembra non bastare: i 27 gol del Pipita dovrebbero essere un lasciapassare abbastanza eloquente per lo scudetto, eppure servono a malapena per restare in scia. Sarri è stato chiaro, poco importa se davanti la Juve non sbaglia mai, bisogna star lì e crederci fino alla fine. E questo Napoli continua a correre, a testa bassa, per fare la storia.
Voto 9 alla Juve che chiude un cerchio vincente – Esattamente un girone fa si parlava di stagione d’assestamento, necessaria per rifondarsi e spianare la strada a un nuovo ciclo. Troppi i volti nuovi e decisamente troppo acerbi per puntare a dominare ancora. La Juve era a -11 dalla vetta, le partenze di Vidal, Pirlo e Tevez pesavano troppo per poter pensare all’ennesima stagione da protagonista. Da lì un’inversione di rotta, iniziata proprio contro il Sassuolo: 55 punti conquistati su 57 disponibili, 18 vittorie e un pareggio, numeri fuori da ogni umana e razionale logica. Ecco perché la vittoria con gli emiliani ha un sapore speciale. Un po’ come un compleanno per festeggiare la nascita. O meglio la ri-nascita, sotto il segno di una nuova stella che a Torino ha trovato la sua consacrazione: Paulo Dybala. Lui è il volto da copertina, specchio di una Juve che ha lasciato alle spalle un passato ingombrante. E Vidal, Pirlo e Tevez adesso non li nomina più nessuno.
Voto 8 alla Roma che vola alto – L’eliminazione dalla Champions avrebbe potuto pesare come un macigno, soprattutto in chiave emotiva. Niente contraccolpi, almeno in campionato, la Roma va veloce come un treno. E soprattutto non si pone limiti. L’ottava vittoria consecutiva certifica le ambizioni nella Capitale, ormai con un piede e mezzo nell’Europa delle più grandi. Non resta che sapere se l’accesso avverrà con o senza i preliminari, dato che l’obiettivo dichiarato è quello di mettere pressione al Napoli, con Inter e Fiorentina sempre più alle spalle. Florenzi segna poco, ma quando va in gol lo fa sempre in maniera sublime. Dzeko si ricorda come ruggire, timbrando il cartellino per la quarta volta nelle ultime tre da titolare. Il farmaco Spalletti fa miracoli.
Voto 7 al colpo di coda del Carpi – Il Carpi torna a respirare e lo fa nel momento migliore: dopo otto turni di digiuno e contro l’avversario adatto, il Frosinone, ora avanti soltanto di un punto. Uno scorcio di paradiso dopo mesi d’inferno, adesso che la salvezza è a sole due lunghezze di distanza e che poco sopra Palermo, Udinese e Atalanta, non brillano di certo per forma e risultati. La rinascita del Carpi passa dalla mente di Castori: un calcio semplice, fatto di recuperi e ripartenze, in cui la quantità conta più della qualità. E la squadra emiliana è operaia, tosta e determinata. Caratteristiche essenziali per tirarsi fuori dal pantano della zona retrocessione.
Voto 6 alla danza romantica tra Cerci e Immobile – Corsi e ricorsi, intrecci che nemmeno nelle migliori favole. Alessio e Ciro, compagni nel bel Torino annata 2013/14, si ritrovano da avversari e si ricordano cosa fare per essere protagonisti: segnare, come ai vecchi tempi. Due gol a testa nella sfida tra Grifone e Toro (giusto per restare in tema), in una sfida entusiasmante, che consacra la ritrovata attitudine a fare la differenza sul rettangolo verde. Cerci batte il passato con due rigori, Immobile scuote i granata con una doppietta, da centravanti vero, ma non basta. Due attaccanti in cerca in riscatto, delusi dalle esperienze in terra straniera, disposti a tutto pur di ritornare grandi. E con l’Europeo alle porte, Conte guarda interessato.
Voto 5 alla Fiorentina, in calo nel momento sbagliato – Quattordici, il numero che più di tutti rende bene l’idea del più grande limite della Fiorentina. La Viola ha lasciato per strada 14 punti facendosi rimontare da una situazione di vantaggio. Paradossalmente se avesse vinto tutte le partite in cui è passata avanti, a quest’ora sarebbe in cima alla classifica, a +1 sulla Juve. Numeri e fantasie a parte, la squadra di Sousa ha perso smalto nelle ultime uscite: non è più la Viola bella e spigliata che fa innamorare al primo sguardo, ora sembra quasi irriconoscibile. Niente pressing, geometrie banali a centrocampo e pochissime occasioni da gol. Un calo che arriva nel momento meno opportuno. La Roma vola, la Viola cade, e la Champions si allontana.
Voto 4 al Palermo, con una speranza in più – Altra sconfitta sul groppone, il rendimento di questo Palermo è tutt’altro che incoraggiante. La classifica non ne parliamo. Poco da fare contro il Napoli, decisamente più organizzato, letale contro una squadra disorientata dell’ennesimo cambio di allenatore. Eppure qualcosa si muove. Il nuovo Palermo di Novellino appare più sciolto, quantomeno voglioso di non gettare la spugna. Il tempo stringe, accorgimenti tattici a parte, Novellino sa che per uscire dal tunnel la vera rivoluzione dovrà esserci nella testa ancor prima che nel gioco. Al momento anche un piccolo passo in avanti lascia ben sperare per il futuro. Però servono punti.
Voto 3 al profondo rosso in casa Atalanta – L’aria si fa pensante dalle parti di Bergamo, ora che la serie senza vittorie si allunga a 14 gare (con 6 pareggi e 8 sconfitte). Gli orobici falliscono un appuntamento importante, perdendo contro una Lazio di scorta, fatta di seconde linee in vista degli impegni europei. Senza titolari i biancocelesti sbandano, ma gli orobici non ne approfittano: invece di spingere sull’acceleratore, l’Atalanta gioca spudoratamente per conservare il pareggio. E quando si gioca per non perdere, l’imprevisto è sempre dietro l’angolo. Edy Reja adesso trema in panchina, la dirigenze medita su un cambio in corsa per il rush finale. Riflessione più che lecita.
Voto 2 alle storie tese di Udine – Così in basso poi si rischia di soffocare. L’Udinese non schioda dai 30 punti e resta ad un passo dalla zona retrocessione. Un pericolo inaspettato ma che diventa giorno dopo giorno sempre più incombente. E che porta all’esasperazione: quella che doveva essere una giornata di festa (celebrazione del matrimonio con Dacia), si è trasformata in un incubo, fatto di delusione e sconforto, sfociati poi in una durissima contestazione. E così anche in terra friulana è tempo di cambiare, per trovare nuova linfa: via Colantuono, dentro Luigi De Canio, uno che a Udine ha lasciato un pezzo di cuore. Si spera che basti per cacciare via la paura.
Voto 1 al Milan, affetto dal morbo di Mario – Dal sogno al baratro il passo è breve, sta tutto in una sfumatura d’illusione. Se i nove risultati utili consecutivi avevano rilanciato le ambizioni Champions, le sconfitte contro Sassuolo e Chievo hanno distrutto tutto. Due schiaffi, potenti e precisi, che riportano sulla terra il Milan, troppo fiacco e insipido per poter sognare in grande. E’ impressionante come in 180’ la squadra abbia vanificato quanto di buono fatto nelle precedenti nove partite. La differenza risiede nell’approccio, totalmente stravolto nelle tristi disfatte in provincia. Sembra che la decadenza di Mario Balotelli, con i suoi famosi “problemi di testa”, abbia contagiato tutta la squadra, rendendola impalabile e svogliata, l’esatto specchio del suo centravanti, peraltro ormai relegato in panchina.