Voto 10 al Leicester, romanticismo: mode on – Sì, siamo d’accordo. Non che il calcio d’Oltremanica c’entri granché con una hit parade che sulla carta dovrebbe riguardare gioie e dolori del calcio nostrano. Eppure la favola dei Foxes è una di quelle storie che sfondano i confini. Due magie di Jamie Vardy, il bomber sbocciato tardi, stendono il Sunderland e scrivono l’ennesimo capitolo di un romanzo capolavoro. Il messaggio è chiaro, carico di umanità e speranza: spingersi oltre ogni logica, e rendere possibile l’inimmaginabile. Ranieri (ecco il tocco italiano, giusto per dare coerenza) non nasconde la commozione, le lacrime gli rigano il volto composto e austero, adesso che sono sette i punti di distacco sul Tottenham a cinque giornate dalla fine. Mancano le ultime cinque pagine di una storia meravigliosa. Per un lieto fine che tutti, persino Mou, sperano arrivi presto.
Voto 9 alla Juve, regina d’Europa – La notte di San Siro è la sintesi perfetta di un’intera stagione. Andare sotto, apparire spenti e tutt’altro che irresistibili, dissimulare un crollo, per poi rinascere. Di prepotenza, sotto il segno di un bomber operaio (Mandzukic) e di una fenomeno (Pogba) che irradia poesia con il carisma di un veterano. Con lo scudetto ad un passo, questa Juve è regina d’Italia e d’Europa: nessun club tiene il passo dei bianconeri, arrivati a quota 43 punti nel 2016. Altro che marziani blaugrana, altro che galacticos, la Signora è una macchina da guerra, costruita per centrare i tre punti. Sempre e comunque. Che giochi male, benino, o che domini senza faticare, il risultato alla fine è sempre lo stesso. Il segreto? Cannibalismo, allo stato puro.
Voto 8 al Napoli e ai nuovi diamanti – Per una stella che si spegne, tre nuovi astri sono pronti a brillare. Non che due di loro, Insigne e Callejon, non l’abbiano già fatto ma la fiamma del Pipita è così intensa da oscurare, per converso, qualunque altra fonte di luce. C’è poi chi, come Gabbiadini, ha vissuto una stagione nell’ombra, quella vera fatta di rabbia e panchine a oltranza. Giornate e giornate a osservare Gonzalo Higuain, a studiarne voracemente i movimenti nella speranza di rubarne frammenti dell’immenso talento. Ecco, è bastata mezz’ora a Manolo per dimostrare ai 40mila del San Paolo che lui è uno studente coi fiocchi. Per il resto, con o senza il Pipita, il Napoli è sempre lo stesso: geometrie solide e veloci, ripartenze letali, estro da vendere lì davanti. Il sogno scudetto sembra sfumare, la Juve viaggia a ritmi paurosi, ma di mollare non se ne parla. Perché non ci siano rimpianti, perché comunque vada, ci possa guardare allo specchio senza abbassare lo sguardo.
Voto 7 alla Lazio, aria pulita – Debutto facile, ma non per questo poco convincente. Tre gol per scacciare la notte e alimentare timidamente i sogni europei: uno slancio per il finale di stagione che passa da una mentalità nuova, e da un gioco tutto verticalizzazioni e concretezza che diverte e fa tirare un sospiro di sollievo. Gli incubi del derby sono lontani, non resta che trovare continuità. Perché certe volte cambiare fa bene, altre volte equivale a dare una testata contro il muro. Casi opposti che segnano il divario tra Lazio e Palermo. Ai biancocelesti l’arrivo di Simone Inzaghi ha pagato subito ampi dividendi.
Voto 6 all’Inter, Maurito da record – Vincere, cacciando via qualche fantasma di troppo. Non ha vita facile l’Inter contro un Frosinone tutto rabbia e determinazione, pronto a dannarsi l’anima pur di strappare un punto prezioso in chiave salvezza. Lo scontro è impari, nelle motivazioni e nei valori. Nettamente più affamati i ciociari, decisamente più tecnici i nerazzurri. Ne esce una partita difficile, fangosa, risolta dal lampo di chi sotto porta sbaglia di rado: se i legni condannano il Frosinone, Maurito Icardi assolve l’Inter con il 50° gol con in 100 presenze dalle parti di Milano. Anche qui, questione di fame. Di motivazioni e tecnica sopraffina.
Voto 5 all’Udinese, brividi di fine stagione – Una sconfitta che non sposta gli equilibri ma che lascia in ogni caso un filo d’ansia. La Samp torna a vincere con merito al Ferraris, l’Udinese arranca senza blindare la pratica salvezza. La difesa friulana continua a non brillare per tempismo e solidità, manca coesione e centrocampo, latita la vena realizzativa degli attaccanti. E’ vero, non che lì sotto stiano compiendo chissà quali miracoli per tirarsi fuori dall’inferno, però certe volte la paura può giocare brutti scherzi. De Canio guarda al futuro con ottimismo, la permanenza in serie A non sembra a rischio. Guai però ad abbassare la guardia.
Voto 4 alla Roma, tamponamento in tangenziale – Una frenata brusca, proprio quando era necessario spingere sull’acceleratore. La Roma in campo vola, come sempre, non è una novità. Questa volta però il ciclo di vittorie s’infrange contro il solito Bologna, quadrato e accorto, dispettoso contro le grandi. Il piano di Spalletti era chiaro: piazzare una stoccata vincente ai danni del Napoli, orfano di Gonzalo Higuain, e mettere le mani sulla Champions senza passare dai preliminari. E invece la beffa: il Napoli allunga, la Roma non va oltre il pareggio, bloccata da tre legni colpiti da Salah. Non bastano nemmeno 45’ di calcio d’altri tempi di Francesco Totti, in campo ad inizio ripresa, per ribaltare le sorti di un fuori programma che turba gli animi nella capitale.
Voto 3 al Milan, rivoluzione inaspettata – Di certo i numeri non mentono mai, e in questo momento aprono ferite profonde: 27 i punti di distacco dalla vetta, 15 dal terzo posto, 9 dall’Inter. Scudetto, Champions e rivalità cittadina. Tre parametri di valutazione, tutti abbondantemente insufficienti. La prestazione offerta contro la Juve ha prodotto effetti lenitivi non considerevoli, i vertici rossoneri hanno le idee chiare: benservito a Sinisa Mihajlovic, benvenuto a Christian Brocchi, promosso dalla primavera alla prima squadra. Un cambio in panchina discutibile, dettato però dalla necessità di trovare freschezza e concentrazione in un finale di campionato concitato. In ballo la Coppa Italia che manca dalle parti di Milanello da ben tredici anni.
Voto 2 alla Fiorentina, inesorabile tramonto – Una flebile fiammata, giusto per ricordare i tratti della propria forza. E poi, come da settimane a questa parte, i sintomi di un inspiegabile declino. Per un Empoli che (ri)sorge, c’è una Fiorentina destinata al tramonto. La Viola nel primo tempo sfodera qualche lampo della vecchia classe: pressa alto, produce gioco, occupa bene gli spazi. Si tratta però di una facciata piena di crepe, destinata a sgretolarsi alla distanza. I ritmi calano, le idee si annebbiano, a farne le spese è la qualità della manovra. Per Paulo Sousa è crisi aperta, la sua Viola sembra essersi smarrita. E pare non avere strumenti per ritrovare sé stessa.
Voto 1 al Palermo, lacrime e violenza – Al peggio non c’è mai fine. A Palermo però sperano vivamente in una tregua. Prima gli scontri in pieno centro, poi la contestazione dentro e fuori lo stadio. Nel mezzo l’ennesima, indecorosa prestazione di una squadra che sta facendo di tutto per affossarsi. Le chances salvezza del Palermo sembrano sfumare lentamente, giornata dopo giornata, non tanto per la classifica, già di per sé preoccupante, quanto per il malinconico sentimento di rassegnazione che si respira nella piazza. Proprio quando servirebbero grinta, coesione e fame di risultati, il Palermo si sfilaccia, le resistenze si scuciono e s’impone l’ennesimo avvicendamento in panchina. Via Walter Novellino, riecco Davide Ballardini, profilo non proprio apprezzato dallo spogliatoio, date le antiche ruggini con il capitano Sorrentino. Giusto per rimpolpare la fitta nebbia che aleggia sul futuro dei rosa. Una coltre fitta, come i fumogeni del Barbera.