Voto 10 alla Juve che torna ad incantare – Due pareggi, dai contorni sì diversi (deludente quello con il Bologna, esaltante quello con il Bayern) ma che stavano comunque stretti ad una squadra che i tre punti li ha nel DNA. Poche storie, la Juve vista contro l’Inter fa davvero paura. Per solidità lì dietro (leggere con enfasi i 746 minuti di imbattibilità di Buffon) e per concretezza davanti alla porta (accogliere con stupore il 21° gol di un subentrato nella gestione Allegri). Una Signora bella da morire, ma che non si compiace della propria avvenenza, e che brilla per intraprendenza e spigliatezza. Prove di fuga in campionato, finale di Coppa Italia in tasca, salvo clamorosi ribaltoni, e folli piani di rimonta in Champions. Come non innamorarsi?
Voto al 9 tornado Spalletti – Se i giallorossi sono arrivati a quota sei vittorie di fila, il merito è soprattutto di Luciano Spalletti. Le scie del caso Totti non turbano più di tanto, in campo la Roma gira, eccome se gira. Bene la difesa, che soffre senza collassare, benissimo il tridente leggero, tutto velocità e fantasia. Perotti incanta, Salah ispira, El Shaarawy segna, e lo fa in grande stile. E poi con un Pjanic così, arrivato all’undicesima marcatura stagionale, tutto è decisamente più facile. Profumo di Champions nella capitale.
Voto 8 al nuovo corso del Milan – Nove risultati utili di fila (cinque vittorie e quattro pari), credenziali mica da poco per una rincorsa sul terzo posto che infiamma l’ambiente e rispolvera ambizioni. Questo Milan è gregario, costruito a immagine e somiglianza del suo allenatore. Non servono finezze o colpi di genio, muscoli e grinta bastano e avanzano nella piena esaltazione della classe operaia e dell’etica del lavoro tanto cara a Miha. Quando Bacca non timbra il cartellino, c’è sempre qualcuno pronto a sopperire, e questa volta è toccato ad Antonelli, con una zampata nel cuore dell’area, rabbiosa e fulminante. Adesso il terzo posto è a -6, la caccia alla Champions è più che mai aperta.
Voto 7 al duello delle inseguitrici, che spettacolo tra Fiorentina e Napoli – Ce ne fossero di più di partite così. Al Franchi è andata in scena una sfida vibrante, in cui ha dominato la voglia di ferire l’avversario piuttosto che la paura di farsi male. Calcio sfrontato e frizzante, mantra in comune per Napoli e Fiorentina, brillanti eccezioni in un panorama calcistico (quantomeno in Italia) sempre più devoto alla monotonia. Il pari è forse il risultato più giusto, toscani e partenopei hanno dominato un tempo per parte, alla fine ha comunque trionfato lo spettacolo. Emozioni autentiche, in un duello d’altri tempi.
Voto 6 all’Udinese che non fallisce una partita decisiva grazie ad uno strepitoso Di Natale – Per come è partito il 2016, dalle parti di Udine qualcuno ha iniziato ad avere seriamente paura. Una vittoria nel turno dell’Epifania (2-1 sull’Atalanta), poi un digiuno durato 8 giornate e il conseguente tracollo in classifica, fino ad arrivare ad un passo dalla zona retrocessione. A togliere le castagne dal fuoco ci ha pensato l’uomo della Provvidenza: Totò Di Natale. Nel 2-0 all’Hellas Totò non ha segnato, ma ha sfornato due assist al bacio, e soprattutto ha predicato calcio come solo lui sa fare. Non giocava titolare dal 17 gennaio, Colantuono l’ha chiamato, lui ha risposto presente. Ancora una volta, a 38 anni suonati, da campione vero.
Voto 5 al Toro, immerso nel torbido limbo di metà classifica – Nelle ultime 8 partite è arrivata soltanto una vittoria e gli umori della piazza hanno iniziato ad incupirsi. Dopo le contestazioni della scorsa settimana a Ventura, che hanno gettato inquietanti interrogativi sulla permanenza del tecnico per la prossima stagione, è arrivata un’altra sconfitta ad ingiallire il tenue tentativo di rilancio dei granata. Ambizioni ai minimi storici, stimoli di classifica pressoché nulli: per il Toro un’altra annata prematuramente avvizzita in un mediocre e abulico limbo.
Voto 4 ad una Lazio spenta – L’ennesima dimostrazione di come le squadre italiane fatichino a gestire il doppio impegno campionato-coppa. La bella Lazio vista in Europa League contro il Galatasaray si dissolve senza battere ciglio, affondata dai due schiaffi del Sassuolo, fallendo l’operazione sorpasso proprio ai danni della squadra di Di Francesco. Niente settimo posto, ma ancora una volta gli stessi fastidiosi tarli: sì la retroguardia trabocca di insicurezze, a centrocampo mancano testa e piedi buoni, ma il vero dramma è lì davanti. Salvo sporadici exploit del Keita di turno, l’assenza di un finalizzatore vero si fa sentire. E intanto arriva puntuale un altro scivolone. Puntuale come i fischi che piovono dall’Olimpico.
Voto 3 all’Hellas che vede sempre più sfumare il sogno salvezza – La vittoria nel derby contro il Chievo aveva restituito entusiasmo e acceso le speranze per un miracolo. E’ bastato poco per frenare la rincorsa degli uomini di Delneri, caduti sotto i colpi del redivivo (altro che Di Caprio) Di Natale. I 2200 tifosi giunti da Verona sono tornati a casa a mani vuote e col morale sotto terra, al cospetto di una squadra troppo fragile per poter credere in un sogno. La voglia non manca, per carità, ma serve molta più concentrazione adesso che ogni errore pesa come un macigno. Il cammino è ancora lungo, la strada però è tremendamente in salita.
Voto 2 ad un Palermo timoroso – Brodino insipido, senza eccessi, conta solo la sostanza. Altro che rivoluzione Iachini, il Palermo ha arrancato ancora una volta, inchiodato sullo 0-0 contro il solito Bologna spumeggiante e divertente, ma che questa volta non ha spinto più di tanto sull’acceleratore. Un punto che smuove le acque in fondo alla classifica e che assume tinte d’oro alla luce degli scivoloni di Hellas e Frosinone. Tutto molto bene per la logica del risultato, ma serviranno coraggio e intraprendenza per affrontare un finale di stagione thriller. Lotta apertissima nella zona calda, un pari oggi basta, domani chi lo sa.
Voto 1 al declino dell’Inter – Una sconfitta contro la capolista ci può anche stare, ma l’atteggiamento fa tutta la differenza del mondo. Il tonfo dello Juventus Stadium brucia parecchio, non tanto per il risultato, quanto per i modi con cui è maturato. I tanti, troppi errori, hanno condannato una squadra fragile, fuori dal controllo del Mancio, adagiata su un inaccettabile scia di immobilismo. Ljajic, Perisic, Jovetic ed Eder in panchina. Praticamente l’ultimo mercato messo da parte, altro capitolo inspiegabile di una stagione destinata al fallimento. Thohir chiede almeno quattro vittorie nelle prossime cinque partite, un mini-ciclo votato alla resurrezione. Ecco, al momento l’Inter è più un treno che deraglia.