Il 24 febbraio la Giunta del Comune di Roma targata M5S e la A.S. Roma hanno raggiunto un accordo di principio per la costruzione del nuovo stadio privato ad uso esclusivo della Società giallorossa; nella riunione, tenutasi in Campidoglio a tarda sera per il malore che ha costretto la Sindaca (termine orribile che però sembra piacere molto di questi tempi) Raggi a sottoporsi ad accertamenti chiedendo successivi rinvii pur di essere presente, si è celebrato il primo compromesso della storia del Movimento che ha rinunciato alla annunciata posizione integralista di rifiuto totale per andare incontro alla controparte.
Il progetto del nuovo stadio, presentato per la prima volta alla Giunta Capitolina allora guidata dal Sindaco Marino in dicembre 2013, prevede la costruzione dell’impianto e delle opere collegate nella zona di Tor di Valle, nell’area di 191 ettari compresa tra la via Ostiense – via del Mare, il fiume Tevere ed il suo affluente Vallerano che oggi ospita l’Ippodromo per le corse al trotto in disuso da quattro anni; nella stessa area è anche localizzato un impianto di cogenerazione e teleriscaldamento che serve alcune zone urbane limitrofe.
L’area non è soggetta ad alcun vincolo paesaggistico; il Piano Territoriale Paesistico Regionale (PTPR) prevede in alcune zone all’interno dell’area destinazioni di tipo naturalistico o agrario, mai prevedendo edificabilità, che hanno comunque solo valore indicativo; l’unico vincolo che sussiste rimane l’obbligo ad una fascia di rispetto di 150 m. lungo il Tevere ed il suo affluente Vallerano.
Per contro l’ippodromo di Tor di Valle, opera di riconosciuto pregio architettonico inaugurata nel 1959, è classificato nel PRG di Roma come “complesso specialistico di rilevante interesse urbano” e l’intera area è destinata alla realizzazione di impianti sportivi coperti e dei servizi necessari alla loro fruizione; inoltre il fosso Vallerano è ritenuto a rischio di esondazione, anche se non sembra che ciò abbia portato all’assegnazione di un vincolo idrogeologico all’area in questione. Ad oggi l’intera area, comprese le strutture dell’ippodromo, versa in condizioni di completo abbandono come denunciato dalla A.S. Roma in un video reso disponibile sul suo sito web.
Il progetto originale prevedeva la costruzione di uno stadio da 52.500 posti estendibile a 60.000, la realizzazione di una zona commerciale con numerosi centri di ristorazione, la realizzazione di un “Business Park” costituito da tre grattaceli con varie destinazioni (uffici, Centro Congressi, hotel) ed altre strutture funzionali ai diversi insediamenti, con l’edificazione di una cubatura circa 45 volte superiore a quella prevista dal PRG.
Alle opere principali vanno associate opere accessorie di pubblica utilità, che riguardano l’ampliamento della rete viaria di zona, la costruzione di un ponte che collega l’area dell’impianto con l’autostrada dell’aeroporto di Fiumicino, il prolungamento della linea Metro B, la costituzione di un’area verde con la piantumazione di migliaia di alberi; proprio l’entità di queste opere ha portato la Giunta Marino ad emettere una delibera di pubblica utilità che ha consentito di avviare le valutazioni per l’approvazione del progetto.
In un progetto di grandi dimensioni, come appunto lo stadio, l’Ente Pubblico interessato chiede ai titolari la realizzazione di opere che vadano a beneficio della comunità; normalmente si applica il principio secondo cui il titolare deve rinunciare ad una parte della remunerazione dell’investimento per destinarla alla realizzazione di queste opere; a queste condizioni l’Ente Pubblico sposa il progetto e, tramite anche la delibera di pubblica utilità, sponsorizza il rilascio delle autorizzazioni per realizzazioni che garantiscano il ritorno all’investitore, tenendo anche conto dei costi delle opere di pubblica utilità.
Nel caso specifico dello stadio il titolare dell’investimento (e dunque dello stadio e tutto ciò che vi sorgerà intorno) non è la A.S. Roma, il cui ritorno verrebbe dalle attività sportive e dalle attività commerciali strettamente collegate di cui avrà l’uso esclusivo, ma una società che si occuperà della realizzazione dell’intera opera di cui la A.S. Roma sembra detenere una quota di minoranza, che deve quindi trovare la sua remunerazione per altre vie che integrino i canoni che la società sportiva verserà per l’uso degli impianti; da qui la richiesta della realizzazione del Business Park, che crea i maggiori malumori ai detrattori del progetto. A questo si aggiunge la critica, già sollevata ai tempi della Giunta Marino, che le opere di pubblica utilità, come definite nel progetto originale, non siano, almeno in gran parte, effettivamente a beneficio della comunità ma siano invece funzionali all’utilizzazione delle strutture di qualunque tipo (compreso quindi il Business Park) realizzate nell’ambito del progetto.
La revisione del progetto concordata in linea di principio nella riunione del 24 febbraio prevede che le cubature dei tre grattaceli che costituiscono il Business Park vengano dimezzate, con la conseguente riduzione delle opere di pubblica utilità; a seguito di queste rilevanti modifiche i tecnici del Comune di Roma stanno preparando una nuova delibera di pubblica utilità da presentare per continuare l’iter autorizzativo senza invalidare quanto fatto finora.
In proposito va detto che la emissione delle autorizzazioni per un’opera di questa importanza è affidata alla Conferenza dei Servizi, che riunisce in un unico tavolo con il coordinamento della Regione tutti gli Enti che hanno voce in capitolo; uno degli elementi ostativi nella decisione finale è l’esito positivo della VAS (Valutazione Ambientale Strategica) eseguita a cura del Ministero dell’Ambiente che si fa carico di raccogliere le istanze degli Enti preposti ai diversi aspetti di natura ambientale ed ecologica che entrano nella valutazione.
La Conferenza dei Servizi è stata aperta in settembre 2016 con riferimento al progetto originale, ed ora è chiamata ad esprimersi entro il 30 marzo sulla applicabilità del lavoro svolto ovvero sulla necessità di avviare una nuova valutazione del progetto rivisto; elementi fondamentali sono la riduzione delle opere di pubblica utilità, a cui il Comune ribatte sostenendo la possibilità di completare comunque il piano originale grazie alla disponibilità di altri finanziamenti, e alla posizione della Soprintendenza riguardo al pregio dell’ippodromo, che stranamente sembra sia stata comunicata solo di recente.
Sono evidenti, a questo punto, le difficoltà della Sindaca Raggi e del M5S; la prima, dopo le difficoltà iniziali nella formazione della Giunta, le dimissioni dell’assessore all’ambiente dopo la nomina, l’arresto di uno dei suoi principali collaboratori su cui aveva preso posizione contro il parere dei notabili del Movimento, la vicenda curiosa delle polizze assicurative accese a suo favore da un suo collaboratore senza che lei ne fosse a conoscenza, le dimissioni dell’assessore all’urbanistica, generate da commenti rilasciati sulla Sindaca e sulla Giunta e perfezionate dopo l’accordo sullo stadio, la constatazione che poco (o nulla) è stato fatto finora per avviare a soluzione i problemi della città, deve ora trovare qualcosa che la faccia risalire nel gradimento dei suoi elettori che recenti sondaggi danno in calo vistoso; il M5S, dopo il no che ha portato al ritiro della candidatura di Roma per le Olimpiadi del 2024, deve preoccuparsi di apparire una forza politica capace di gestire situazioni e progetti delicati prendendone la responsabilità, tenendo anche conto che il test del Comune di Roma era considerato fondamentale per le sue ambizioni di guidare il Paese. Sia la Sindaca che il Movimento dovranno comunque fare i conti, oltre che con i loro avversari politici, anche con l’ala integralista interna al Movimento stesso che vorrebbe il rifiuto totale del progetto. Su tutto aleggia poi il rischio di un’azione legale che la A.S. Roma potrebbe intentare contro il Comune per il risarcimento milionario di costi sostenuti a seguito degli accordi con la precedente Giunta, qualora la Giunta attuale non li confermasse.
Ora ci sono diversi elementi che portano a sostenere il progetto del nuovo stadio della Roma. Innanzi tutto lo stato di abbandono dell’area per la cui riqualificazione il Comune di Roma, nella situazione finanziaria in cui si trova, non potrà trovare le risorse sufficienti; poi lo stato degli impianti sportivi italiani, compresi quelli della capitale, che non sono al livello di quelli degli altri Paesi dell’Europa Occidentale almeno per gli aspetti di sicurezza, di confort per gli spettatori e di godibilità dello spettacolo; infine il fatto che le nuove regole finanziarie che governano il calcio sembrano rendere indispensabili per le società altri introiti che vengano da attività extra calcistiche che ruotano intorno a stadi di proprietà.
Ben venga quindi il nuovo stadio della A.S. Roma per rilanciare l’immagine della città nel contesto europeo, purché vengano evitate speculazioni, ne venga garantita l’ecosostenibiliità (ma definita con criteri improntati alla praticità e alla concretezza) e soprattutto che vengano assicurati nuovi posti di lavoro e non rimangano costi a carico dei cittadini, i quali invece possano trarre benefici dalle opere accessorie di pubblica utilità. D’altra parte in Italia ci sono già i precedenti degli stadi della Juventus e dell’Udinese ed il progetto già presentato in questi giorni dello stadio della Fiorentina che confermano come la tendenza al rinnovamento degli stadi sia ormai irreversibile.
A questo proposito la Sindaca Raggi e la sua Giunta devono aspettarsi a breve la presentazione di un progetto da parte della Lazio, l’altra società calcistica della Capitale, e del Presidente Lotito. E non potrà certo usare un metro diverso per le sue valutazioni.