Se quella del San Paolo doveva essere la partita per scegliere l’anti Juve tra Roma e Napoli, i dubbi dovrebbero allora essere del tutto fugati. Per fortuna però il calcio non è una scienza esatta e spesso e volentieri il risultato finale non dice tutta la verità. Sarebbe infatti illogico dopo appena novanta minuti di gioco pensare che la Roma, fino a ieri un punto su nove a disposizione lontano dall’Olimpico, abbia risolto il suo mal di trasferta così come lo sarebbe pensare che il Napoli sia all’ottava giornata già fuori dai giochi. E’ però altrettanto vero che se la vittoria del San Paolo potrebbe rappresentare per la squadra di Spalletti la rampa di lancio verso quella continuità che, la storia del nostro campionato insegna, è alla base del successo finale, è vero anche che per la squadra di Sarri, orfana di Milik, i campanelli di allarme si stanno trasformando in sonore sirene. Mai era successo prima, sotto la gestione del tecnico toscano, che gli azzurri perdessero due gare consecutive una delle quali tra le mura amiche. Se c’è allora una verità vera che ci si porta a casa dal match di Fuorigrotta è che la Roma è una squadra mentre il Napoli è sempre più vittima dell’equivoco tattico che ha ingabbiato Sarri.
LA ROMA E’ UNA SQUADRA E FLORENZI E’ LA SUA ARMA IN PIU’
Lo abbiamo già detto. Le qualità della Roma non si discutono. La debolezza dei giallorossi sta però senza dubbio nella continuità. Un vero peccato perché con uno Dzeko mai così in spolvero come quest’anno (il bosniaco mai aveva segnato in carriera 7 gol nelle prime otto giornate di campionato), la squadra di Spalletti, considerando l’ossessione Champions della Juventus, potrebbe veramente puntare a qualcosa di grande. La Roma è bella da vedere e ha una precisa idea di gioco. Le armi in più di Spalletti si chiamano Nainggolan e Florenzi. Il primo perché è un giocatore completo che garantisce copertura e qualità con il pallone tra i piedi. Il secondo perché ha quella duttilità tattica che fa le fortune di un allenatore oltre a caratteristiche atletiche così spiccate da farne uno dei migliori esponenti del calcio contemporaneo. E’ proprio Florenzi a consentire a Spalletti di parlare di sistema di difesa a “tre e mezzo”. Vedendo la Roma in campo si capisce che il tecnico di Certaldo non scherza. Perché quello della Roma in effetti non è un impianto tattico facilmente decifrabile. E’ un 4-3-1-2 offensivo in grado di trasformarsi in 4-1-4-1 quando c’è da difendere. Niente di straordinario se non fosse che il tutto avviene con una rapidità talmente disarmante da impedire all’avversario di approfittare dello squilibrio. Grazie, per l’appunto, a Florenzi.
E poi c’è Salah. L’egiziano è l’altro valore aggiunto perché è un altro di quelli che corre e che di certo non lo fa a vuoto. Coperto da Juan Jesus l’ex Fiorentina è libero di fare quello che gli riesce meglio: partire da lontano in velocità. E’ talmente letale che sebbene il movimento sia sempre quello e dunque abbastanza prevedibile resta il fatto che spesso e volentieri l’esterno risulta imprendibile. La forza di Spalletti è quella di conoscere le potenzialità del gruppo a sua disposizione e di lavorare dunque con l’obiettivo di cavarne fuori il massimo. Ecco allora che la Roma scende a Napoli spostando palla ed avversario verso la zona di Perotti per poi cambiare velocemente gioco dalla parte opposta per pescare Salah. E il gioco funziona, perché il Napoli abbocca sempre.
SARRI NON EVOLVE E DE LAURENTIIS NON LO DIFENDE PIU’
Quella che è la forza di Spalletti sembra ormai invece essere il tallone d’Achille di Sarri. Il tecnico toscano è schiavo di quel 4-3-3 che tanto bene gira quando si hanno a disposizione gli interpreti migliori ma che spesso e volentieri anche in passato, non solo ieri, ha scricchiolato con i comprimari in campo. E c’è poco da fare, il Napoli senza Milik non è la stessa cosa. Ma non è solo questo il problema degli azzurri. C’è da risolvere anche la grana di trovare un’alternativa al gioco sulle fasce perché anche ieri, e ripetiamo non è la prima volta, la carenza di spazi ha finito per far inviluppare il Napoli su se stesso rendendo vita facile alla Roma che, al di là del risultato, non ha praticamente mai sofferto sugli attacchi dei padroni di casa. Considerato che Manolo Gabbiadini è un giocatore che in questo momento necessita di essere recuperato e che comunque ha caratteristiche tecniche completamente diverse da quelle di Milik ed Higuain, cioè non è un giocatore che attacca la profondità, urge trovare una soluzione. Che tutto sommato sembrerebbe almeno dall’esterno anche abbastanza evidente. Avanzare cioè Hamisk sulla tre quarti alle spalle della prima punta e magari buttare nella mischia un Diawara od un Rog finora inspiegabilmente tenuti ai margini da Sarri. Si tratterebbe insomma di passare magari ad un 4-2-3-1. Ma del resto è forse questo il limite maggiore dimostrato dal tecnico toscano in questo anno sulla panchina del Napoli. Non saper imparare dagli errori. Leggasi in tal senso insistere a prescindere su modulo ed interpreti (11 titolari e sempre gli stessi tre cambi) al punto tale che si potrebbe scrivere un tabellino di una partita degli azzurri senza neanche vederla.
Tutte cose che sa molto bene anche il numero uno del club, Aurelio De Laurentiis, che all’ottava giornata annusa già la mala parata e per salvare capra e cavoli spara a zero sulla stampa. “Già immagino quello che scriverete, gli attacchi che non ci risparmierete. In questa città l’unica cosa che funziona è il Napoli e voi non siete in grado di difenderlo“. Cosa che però non riesce tanto bene neanche a lui che non se la sente ancora di attaccare ma neanche più di difendere apertamente il suo allenatore.