Allo Stadio San Paolo si gioca Napoli-Atalanta, il posticipo della trentasettesima giornata di serie A, nel quale gli azzurri devono difendere il secondo posto dal sorpasso temporaneo dalla Roma che in serata ha battuto il Genoa allo stadio Ferraris superando di un punto gli azzurri, i quali a loro volta si trovano di fronte ad un’avversaria già salva e priva di motivazioni se non il nobile desiderio di divertirsi vincendo al gioco più bello del mondo, di onorare il campionato, la maglia e i sentimenti dei tifosi, nonchè rispettare il proprio contratto di lavoro svolgendo al meglio il proprio mestiere. L’epoca di decadente manierismo che fa da sfondo alle nostre vite da un paio decenni purtroppo coinvolge anche il mondo dello sport, soprattutto del più praticato e seguito in Italia, e tutte le motivazioni elencate finora si trasformano presto in astratti ideali degni dei perdenti, fessi e derisi, che ancora non hanno capito, a dire dei più, ma non certo dei nostri lettori, come gira i mondo.
L’Atalanta sembra scendere in campo senza uno straccio di speranza a cui aggrapparsi, molle, sfaldata e disorientata nello spazioso prato del San Paolo, che offre allettanti corridoi agli assetati attaccanti napoletani. Non trascorre molto tempo e gli uomini di Reia decidono di togliersi il pensiero e pagare subito la tassa Higuain. Al 9° minuto Hamsik si accentra e vede il classico smarcamento del Pipita, che con il suo tipico contromovimento sfugge alle spalle dei centrali avversari per presentarsi puntuale davanti all’estremo difensore avversario e accogliere gli splendidi assist delle sue spalle, in questo caso il capitano slovacco che rispolvera la sua classe in lampi che ormai paiono destinati a rimanere isolati nel mezzo di prestazioni positive ma tutto sommato tecnicamente piatte. Il primo tempo scorre monotono e soporifero; la formazione ospite non crea pericoli neanche per errore, mentre i padroni di casa sono poco incisivi e non riescono a creare molti pericoli complici le stucchevoli forzature del nazionale Insigne e la ritrovata organizzazione dell’Atalanta. Alla fine della prima frazione di gara Napoli-Atalanta 1-0.
La ripresa è molto più avvincente, il Napoli parte subito forte, il primo quarto d’ora in particolare è avvolgente, numerose sono le occasioni create grazie ad un brillante Jorginho che grazie alla sua pregevole visione di gioco trova sempre i tagli dei trequartisti napoletani. Anche il pressing dà i suoi frutti, è proprio da una palla rubata che nasce l’occasione più pericolosa del Napoli, con Allan che si immola fino a pochi metri dalla linea di porta avversaria per poi perdersi in preda ad un raptus di selvaggia violenza primitiva che lo porta a sfogare la sua rabbia scaricando un bolide gratuito sull’incolpevole traversa. Gli azzurri cercano molto anche Higuain, che non smette di regalare emozioni e gol, come in occasione del raddoppio del Napoli, combinando con Callejon e forando i ristretti pertugi concessi da Sportiello con un colpo di testa che punta tutto sulla precisione indovinando l’angolo giusto e segnando al 77° il gol del 2-0. Forte del doppio vantaggio e di un Mertens che ha spezzato gli equilibri subentrando ad Insigne Sarri sostituisce Higuain con Gabbiadini quando manca un quarto d’ora al termine. Il Napoli senza il suo re resiste dieci minuti, prima di subire un gol rocambolesco e sfortunato, trattandosi di un autogol attribuito ad Albiol di cui è ancora difficile comprendere la dinamica. Sul 2-1 l’Atalanta si catapulta in avanti con impeto e determinazione, riuscendo addirittura a guadagnare un calcio d’angolo. Seguono furiose ripartenze dei partenopei, decisi a vincere la partita con quei 40 secondi di anticipo che fanno la differenza, senza però centrare il detto obiettivo a causa di clamorosi errori sotto porta da parte di Mertens ed El Kaddouri. Napoli-Atalanta termina 2-1: gli azzurri rimangono al secondo posto, mentre l’Atalanta resta nel nulla in cui gravita da mezzo campionato, complice una formula a venti squadre da rivedere al più presto.