Al giornalista che ha fatto riferimento ai problemi nei quali Mourinho incorre quando si trova ad allenare una squadra per il terzo anno consecutivo, il tecnico portoghese, dopo aver sviscerato un umile e modestissimo elenco dei trofei sollevati durante i suoi “tercerio ano”, ha invitato l’interlocutore, con la tranquillità di un procione circondato coyotes, a non fare domande stupide, suggerendo come soluzione l’utilizzo base dei più diffusi motori di ricerca.
Ora, per quanto possa risultare molesto un intervistatore fazioso e in cerca di scoop, e per quanto possa avere ragione nel merito lo Special One, dalla reazione avuta in sala stampa si può prendere spunto per analizzare la crisi del Chelsea, che dopo cinque giornate di campionato si ritrova in zona retrocessione con soli 4 punti conquistati, a meno 11 dalla vetta dalla classifica.
Innanzitutto la perdita di controllo, non in termini di contenuto, ma di mimica facciale, sono sia il sintomo che la fotografia della situazione dei Blues, che nell’ultima sconfitta contro l’Everton hanno perso quella sicurezza e consapevolezza di sé che contraddistingue i vincenti anche nei momenti di difficoltà.
Secondo, l’autocritica, questa sconosciuta, ancora non trova ospitalità nella villa affollata delle qualità di Josè Mourinho. L’arroganza e la sfrontatezza possono rivelarsi punti di forza nei periodi felici, ammantando il vincitore di un’aura fulgida ed autorevole, ma nei momenti di crisi rischiano di isolare il comandante, di fargli perdere credibilità agli occhi dei suoi uomini, mentre dall’esterno in pochi saranno tentati di porgergli una mano nel momento in cui si troverà a pendere da un precipizio, i più potendo gli pesterebbero di nascosto le dita della mano con cui si tiene ancora aggrappato alla cima della montagna.
Al di là dell’intervista in questione e dei rapporti con la stampa, l’osservazione sul terzo anno consecutivo può essere giudicata “diversamente acuta” se interpretata estensivamente, e cioè considerandola un modo come un altro per evidenziare i limiti del metodo Mourinhano nel lungo periodo. Tutte le grandi vittorie di Mourinho sono arrivate stressando fino ai limiti delle possibilità umane tutto ciò che lo circondava. Dai calciatori, creando tensioni, inventando nemici e puntando molto sulla forza mentale, alle casse dei club, si pensi alla situazione finanziaria in cui si è trovata l’Inter dopo la Champions del 2010; dai suoi più stretti collaboratori, come Jorge Valdano e la dolce fisioterapista Carneiro, ad arbitri e avversari, si pensi al gesto delle manette e al rapporto tutt’altro che idilliaco con Arsene Wenger. E’ impensabile che dopo tali forzature una squadra, una società e i relativi tifosi abbiano le energie e la stabilità per analizzare i problemi davanti ad un caldo camino domestico ammirando pensosi un pregiato bicchiere di Cognac, sorseggiato a ritmo di meditazione.
Nessuno mette in discussione le vittorie di Mourinho, né il valore tecnico della rosa del Chelsea. Il punto è che per far funzionare il giochino per tanto tempo ogni tanto, invece di fuggire, bisognerebbe avere il coraggio e la forza di cambiare, e chiedersi in tutta onestà quale sia il problema da risolvere. Per le situazioni più critiche, quando tutto manca, ci si può sempre affidare alla onniscienza dei più noti motori di ricerca.