Il lutto per il suo ritiro anticipato
non si è estinto
e mai si estinguerà
(Carmelo Bene, cit. in Canto del Cigno di Andrea Scanzi, Limina, 2004)
Se Porato non gli avesse parato il rigore Simone Inzaghi sarebbe entrato nella storia come il primo giocatore a realizzare un pokerissimo in Champions League. Alla fine di quella sfida tra Lazio e Marsiglia del 14 marzo 2000, invece, con il poker rifilato all’Olympique Marsiglia l’attuale allenatore dei biancocelesti si limitò ad eguagliare l’impresa di Marco Van Basten datata 25 novembre 1992.
Quel giorno a San Siro il Milan di Capello travolse 4-0 l’IFK Göteborg in un match dell’appena nata Champions League. Mattatore assoluto della serata il Cigno di Utrecht che realizzò tutte e quattro le marcature dei rossoneri tra il 34’ ed il 62’ del match. Tra queste, l’incredibile rovesciata che portò il risultato sul 3-0. Fu lì, folgorato da quel gesto fino ad allora ammirato solo sui pacchetti delle figurine Panini, che ancora acerbo per i miei otto anni ma ormai in procinto di ammalarmi inguaribilmente di calcio, mi innamorai di Marco Van Basten. Non che non conoscessi già, almeno per sentito dire, il centravanti olandese.
Uno dei miei primi ricordi di Lazio è infatti un ricordo indiretto. Risale ad un giorno di dicembre del 1991, il 15 per la precisione (come mi ricorda internet). Mia sorella poco più che quattordicenne si professava all’epoca milanista. Per ragioni di cuore ma non di fede vera e propria. Semplicemente era innamorata di Paolo Maldini. E non so perché e non so come convinse mio padre, latitante all’Olimpico da anni, a trascinarsi allo stadio per assistere dal vivo (che da vicino all’Olimpico è praticamente impossibile) ad un Lazio-Milan 1-1. Con reti di Ridle al 51’ per i biancocelesti; e Marco Van Basten (“Come al solito” commentò mio padre di ritorno a casa) tre minuti più tardi per i rossoneri.
Ecco, è lì che conobbi Marco Van Basten. È anche lì che cominciai a lavorare ai fianchi di mio padre per convincerlo a portarmi allo stadio a vedere la Lazio (obiettivo che raggiunsi solo un anno praticamente esatto più tardi per il 3-1 all’Inter del 13/12/1992). È lì infine che cominciai a lavorare ai fianchi di mia sorella perché si invaghisse come me dei biancocelesti e lasciasse stare il Milan. Era una questione di opportunità del resto: due figli insistenti sono in grado di risvegliare passioni sopite da tempo in un genitore; e poi ancora quattro anni e mia sorella sarebbe diventata maggiorenne. Il che voleva dire patente ed un’opportunità in più di raggiungere l’Olimpico. Ma questa, in fondo è un’altra storia.
Marco Van Basten
Quando un giocatore smette, diventa sempre migliore. Io ho giocato tante brutte partite, ho sbagliato gol clamorosi. Mi dite che sono stato il più grande ma la verità è che ho fatto parte di una squadra imbottita di campioni.
Milan-Göteborg, dicevamo, ed il poker di Van Basten. Con un gol in rovesciata. Un mix che a me di per sé sembrava già straordinario. Ma che in realtà, avrei scoperto solo più tardi grazie ai filmati della Logos, faceva impallidire altre prodezze simili (leggasi Den Bosch-Ajax: quella sì che è una rovesciata con i fiocchi) sciorinate dall’olandese od altre prodezze e basta come il fantasmagorico gol all’Unione Sovietica (ne è passato di tempo da quei giorni) nella finale degli Europei in Germania.
Non potevo sapere (e chi poteva del resto) che quella rovesciata che a me schiudeva un mondo era in realtà una delle ultime perle di un giocatore di lì a poco costretto dalla sorte ad imboccare prematuramente il viale del tramonto.
Ecco così spiegato perché il primo appuntamento con la nostra nuova rubrica Monografie non poteva che iniziare dalla storia calcistica del Cigno di Utrecht. E non è casuale neanche la data di esordio di questo nostro nuovo rendez-vous mensile. Perché ricorre oggi il trentennale di Milan-Steaua Bucarest 4-0, la partita che consegnò ai rossoneri la terza Coppa Campioni della loro storia grazie anche a Marco Van Basten, autore in quella notte di Barcellona di una doppietta che contribuì a rilanciare il Milan nell’élite del calcio europeo dopo il periodo buio di inizio anni ’80.
Non ci resta dunque che lasciarvi alla scoperta di questo nuovo spazio fatto di aneddoti, frasi, filmati esplicativi e mappe interattive; il tutto finalizzato a ripercorrere, speriamo in maniera gradevole, le gesta dei personaggi che hanno fatto la storia del nostro amato calcio.
Marco Van Basten? Una macchina da gol che si è rotta proprio quando stava per diventare il migliore di tutti. Lo è stato ugualmente, ma non è arrivato a essere il numero uno
Diego Armando Maradona
La storia
Alcuni anni fa, l’ho visto e mi ha chiesto: “Ma tu giochi ancora?”. Era triste, è stato imbarazzante. Lui si era ritirato a 29 anni, io ne avevo 40 ed ero ancora in pista. È stata una perdita immensa. Noi del calcio, tutti noi, non sappiamo cosa abbiamo perso con l’addio di Marco
Pietro Vierchowod
Marco Van Basten: le date
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Hernan Crespo
Il più forte di sempre è stato Van Basten. Faceva tutto: dribbling, tiro, colpo di testa, acrobazia. E giocava con la squadra e per la squadra. Io sono cresciuto con il suo poster appeso dietro al letto della mia cameretta