Gonzalo Higuain al Chelsea e Krzysztof Piatek al Milan. Ad inizio stagione sarebbe potuta sembrare una vera assurdità di mercato; soprattutto perché ad agosto i due erano rispettivamente il top player da Champions League dei rossoneri e lo sconosciuto polacco arrivato a Marassi in cercare fortuna. Ed invece appena sei mesi dopo quel che sembrava assurdo è diventato realtà. Ed a conti fatti l’operazione oggi potrebbe avere veramente senso.
Era il 3 agosto 2018 quando il Milan ufficializzava l’arrivo di Mattia Caldara e, soprattutto, quello di Gonzalo Higuain dalla Juventus; due colpi di mercato cui non si assisteva da parecchio tempo in casa rossonera. Un’operazione che, nonostante l’afa di agosto ed una città apparentemente svuotata dal sopraggiungere delle ferie estive, faceva riempire piazza del Duomo di tifosi rossoneri in festa certi di partecipare a quello che sembrava essere il principio della tanto attesa svolta nella travagliata storia recente del Milan.
Caldara, uno dei difensori più promettenti della Serie A, era arrivato per non far rimpiangere il ritorno alla base dopo appena un anno di Leonardo Bonucci, un altro di quelli accolto con clamoroso calore il giorno del suo sbarco a Milanello; e Gonzalo Higuain, l’attaccante da 111 reti in 5 stagioni nel campionato italiano, il centravanti che sembrava destinato a ridare lustro ad un ruolo che al Milan dal 12 maggio 2012 nessuno era stato più in grado di ricoprire senza sfigurare nel confronto con i vari Nordhal, Van Basten, Schevchenko, e Pippo Inzaghi, solo per citarne alcuni.
Era infatti il 12 maggio 2012 il giorno dell’addio al Milan ed al calcio giocato di Pippo Inzaghi. E’ infatti dal 12 maggio 2012 che nessuno era più riuscito a replicare numeri e gesta richiesti dall’onere ed onore di mostrare quello storico numero sulle spalle.
Pato aveva conosciuto la sua fase calante proprio passando dall’indossare la maglia numero 7 a quella numero 9. Poi era toccato mettersi alla prova ai vari Matri, Fernando Torres e Destro (nella stessa stagione), Luiz Adriano, Lapadula e André Silva. Tutte storie a modo loro fallimentari tanto che quella del numero 9 al Milan post Inzaghi ha assunto nel tempo la fama della maledizione.
Una maledizione che è investito anche il Pipita Higuain che in queste ore si appresta a chiudere la sua esperienza al Milan con uno score di appena 8 gol tra campionato, coppa e Supercoppa racimolati in 22 apparizioni con la maglia rossonera. Poca cosa per un centravanti. Poca cosa soprattutto per un centravanti come Higuain.
Quel 3 agosto nessuno avrebbe mai immaginato un simile epilogo. Certo, forse il viaggio andata e ritorno di Leonardo Bonucci avrebbe potuto essere considerato come un segno premonitore. Ma alzi la mano chi aveva preventivato un’evoluzione tanto rapida della situazione che ha poco alla volta portato a quella che è probabilmente la conclusione peggiore di tutta la vicenda. La fine appena dopo il principio di una storia d’amore dunque mai veramente decollata. Diciamo che il Milan e Higuain si sono limitati a flirtare. Condizione comunque non sufficiente a dirsi addio cordialmente.
Nei suoi pochi giorni a tinte rossonere Higuain ha avuto sicuramente un merito: ha riavvicinato i tifosi a San Siro. Nell’estate del clamoroso sbarco di Cristiano Ronaldo in Italia, Higuain in casa Milan è stato senza dubbio l’uomo capace di mettere tutti d’accordo. Il campione dal gol facile, quello che ha segnato ovunque è andato, sembrava senza dubbio un’intuizione vincente. E la piazza l’aveva apprezzata. Ma non solo.
L’arrivo di Gonzalo Higuain al Milan è servito anche a testimoniare che vicissitudine sportive e societarie a parte, quella rossonera resta ancora una piazza in grado di attrarre anche i giocatori già affermati. Tutto questo, però, era una verità assoluta che valeva fino a ieri e che oggi, fermo restando che con Piatek è stata sbaragliata la concorrenza di Juventus e Roma, ha perso un po’ della sua veridicità.
Considerato però con dopo appena un girone il Milan e Higuain sono ai saluti, la questione resta aperta: cosa non ha funzionato? Perché la maledizione del 9 non si è spezzata neanche con il centravanti argentino? Proviamo ad analizzare la situazione.
La maledizione del numero 9
I dati parlano chiaro: dal 2012 il Milan non ha mai avuto un centravanti degno di indossare la maglia numero 9. Qualcuno capace di chiudere la stagione superando quota 20 reti. Il primo a cimentarsi nell’impresa (stagione 2012/2013) è stato Alexandre Pato che in 7 apparizioni con la maglia numero 9 sulle spalle è riuscito però a collezionare solo 2 reti contro Malaga e Anderlecht in Champions League. La stagione successiva la maglia numero 9 è finita sulle spalle di Alessandro Matri: 18 uscite in rossonero tra campionato e Champions League ed un solo gol rifilato al Parma nel 3-2 del 27 ottobre 2013. Per rendere l’idea, anche quello di Matri al Milan sarà un percorso simile a quello di Higuain: arrivato a Milanello ad agosto l’attaccante saluterà già a gennaio direzione Fiorentina.
Nella stagione 2014/2015 il duro compito di centravanti del Milan spetta a Fernando Torres prima e Mattia Destro poi. Con risultati anche in questo caso piuttosto deludenti. Lo spagnolo sigla una sola rete (all’Empoli) in 10 apparizioni in Serie A. Va leggermente meglio con Destro che arrivato a gennaio proprio per sostituire Torres chiude la stagione con 3 reti (contro Empoli, Fiorentina e Roma) in 15 apparizioni.
L’anno successivo tocca a Luiz Adriano. Per lui 29 presenze in rossonero e 6 gol complessivi: 2 in Coppa Italia e 4 in Serie A. Si arriva così alla stagione 2016/2017. La maglia numero 9 finisce sulle spalle di Gianluca Lapadula, ma per non inferire eccessivamente ci concentriamo su Carlos Bacca che, però, quell’anno indossa la 70. Per il colombiano sono 14 le reti in 34 apparizioni stagionali tra campionato e coppe. Sicuramente un bel passo avanti rispetto alle disastrose medie dei predecessori e comunque inferiore a quello della stagione precedente dove lo stesso Bacca aveva accompagnato le sue 43 presenze con 20 reti: a conti fatti, dunque, un’eccezione.
Arriviamo così alla scorsa stagione con la numero 9 sulle spalle di André Silva. Il portoghese, che quest’anno sta facendo sfaceli con la maglia del Siviglia, mette insieme appena 10 gol in 40 apparizioni tra campionato e coppe, con una buona media in Europa League (10 presenze e 6 gol di cui 5 rifilati tra andata e ritorno ai non certo irresistibili austriaci dell’Austria Vienna) dove, per dovere di cronaca, gioca con maggiore continuità. Quest’anno poi il semestre nero di Gonzalo Higuain già sviscerato. Dal 2012 ad oggi, dunque, numeri alla mano, quella che colpisce chi indossa la maglia numero 9 del Milan sembra essere una vera e propria maledizione. Ma è veramente tutta colpa dei centravanti?
Addio Inzaghi, addio centrocampo
Chiedersi se il Milan ha mai rimpiazzato degnamente Filippo Inzaghi ed i suoi predecessori è solo uno dei quesiti da porsi. Che poi, a voler essere onesti, se uno dovesse basarsi solo sui nomi accantonando per un attimo le statistiche ci sarebbe da dire che il tentativo è stato almeno fatto. Pato, Fernando Torre e Gonzalo Higuain almeno sulla carta sembravano il centravanti giusto al posto giusto.
C’è però un’altra domanda che sarebbe giusto porsi: il Milan è mai veramente riuscito a sostituire la triade di centrocampo Gattuso-Pirlo-Seedorf? La risposta probabilmente è no. Vuoi per questioni anagrafiche, vuoi per gli infortuni, vuoi per l’inadeguatezza di certi nuovi innesti a fronteggiare le pressioni di una storia gloriosa e di una grande piazza, i centrocampisti ed i fantasisti che si sono susseguiti nel corso di questi anni non sono stati praticamente mai all’altezza che imporrebbe il ruolo nel Milan.
E così, per quanto un giocatore affamato di gol possa perdere parzialmente il suo appetito, quando ci si trova davanti ad involuzioni così drastiche c’è da chiedersi se non siano anche altre le cause. Ed in un calcio che troppo a lungo ha imposto il falso nove od il centravanti di manovra per favorire gli inserimenti degli incursori, ecco che per i goleador di professione il mestiere è diventato difficile. Molto lavoro di ripiegamento e pochi palloni giocabili a partita nell’area di rigore facilmente portano ad una minore media realizzativa. Per certi versi chiedere all’Icardi di questi tempi per credere. Ecco dunque che aver puntato sul centravanti potenzialmente da 20 gol a stagione senza avergli costruito una squadra attorno potrebbe aver rappresentato uno dei limiti dell’operazione Milan-Higuain.
Non è solo colpa di Higuain
Ed arriviamo così all’ultimo punto della nostra analisi. E’ evidente che se lo cose in una coppia non funzionano probabilmente le colpe sono di entrambi. E la situazione in casa Milan in questo periodo resta comunque piuttosto antipatica.
L’emergenza infortuni e soprattutto la scure dell’UEFA che sembra sempre sul punto di abbattersi sui rossoneri non aiutano di certo l’ambiente. Che questo Milan non fosse quello di un tempo e soprattutto non sia la Juventus, Gonzalo Higuain lo sapeva benissimo. Ma proprio la partita con la Juventus sembra aver spezzato gli equilibri dell’argentino.
Tra il 16 settembre e il 7 ottobre Higuain ha segnato 6 gol nelle 5 partite disputate tra campionato e coppa. A fine dello stesso mese è sua la rete del momentaneo pareggio contro la Sampdoria, pallone messo in gol con eleganza dopo un bell’assist del compagno di reparto Cutrone. Poi due turni di stop (ovvero senza gol) contro Genoa ed Udinese, e si arriva a Milan-Juventus con il rigore sbagliato preludio dell’ira funesta del Pipita che perde la testa e si becca due giornate di squalifica. L’eliminazione dall’Europa League, una Champions da inseguire con una concorrenza serrata e la prolungata astinenza dal gol (momentaneamente interrotta contro la SPAL) fanno il resto. Quando anche Leonardo lo mette in discussione è evidente che si è giunti al punto di non ritorno.
Ora Gonzalo Higuain riabbraccerà Maurizio Sarri, l’uomo che all’ombra del Vesuvio gli ha regalato una seconda giovinezza dopo la fase calante al Real Madrid. Cinque mesi scarsi, quelli che mancano alla fine della stagione, per smentire chi sostiene che ormai il Pipita (31 anni) abbia già dato il meglio di sé.
Nel frattempo il Milan ha speso circa 18 milioni per godersi (neanche tanto col senno di poi) cinque mesi di Higuain. Ora i rossoneri ne stanno spendendo circa 38 per portare alla corte di Gattuso un sostituto che, reduce da sei mesi pazzeschi, deve confermare il suo valore e fornire il suo contributo in gol nella corsa al quarto posto. Quella numero 9 del Milan è una maglia decisamente pesante. Krzysztof Piatek è avvisato.