Le abitudini ci rendono quello che siamo. Creano la nostra routine quotidiana definendo le nostre attività e il nostro modo di approcciarci alle cose. La routine di Balotelli in ogni squadra in cui è approdato è stata verosimilmente sempre caratterizzata da aspettativa e affetto, poi tramutatesi in delusione e nervosismo.
Ex enfant prodige del calcio italiano ormai 27enne nel pieno della sua maturità professionale, super Mario ha catalizzato per almeno 5 anni le attenzioni dei tifosi di tutto il globo. Tutti siamo stati curiosi, vogliosi, di assistere all’esplosione del fenomeno che assieme ad Aguero avrebbe potuto far vincere il City in Europa e che aveva il sogno di spodestare gli alieni Messi e Ronaldo dal trono del Pallone D’Oro.
Così non è stato. Poco alla volta Mario si è spento lentamente. L’andirivieni Milano-Liverpool-Milano non è riuscito a stimolarlo e lui si è lasciato andare ai vizi, mostrando svogliatezza in campo; quasi fosse inseguito da un malessere che non gli consentisse di esprimere tutta la sua istintività e aggressività in campo.
Poi, lo scorso anno, è arrivata la chiamata del Nizza. Un nuovo inizio; lontano o quantomeno a lato dei riflettori gossipari e dell’Europa che conta. In un ambiente giovane, in un progetto di sviluppo Mario ha ricominciato a ritrovare se stesso e la squadra ne ha tratto benefici. Mario si è preso l’attacco del Nizza assieme a Plea e Favre e i tifosi con esso. Oggi proviamo a rivedere il sali e scendi della sua carriera assieme ai cori che gli dedicavano le tifoserie dei club in cui ha militato.
Balotelli e il City
“Balotelli is a striker good at darts. An allergy to grass but when he play he’s fucking class”
Mario Balotelli nel giugno del 2010 viene venduto al Manchester City per 29 milioni di euro e ritrova l’allenatore che lo aveva fatto esordire nell’Inter. Quel Roberto Mancini che non vedeva l’ora di riavere il diamante grezzo tra le mani, per aiutarlo a crescere e mostrare a tutti il suo pieno potenziale.
“Balotelli – dice Mancini – è un investimento sicuro. Il suo arrivo migliorerà la squadra. E’ un bravo ragazzo e può migliorare certi suoi momenti caratteriali. Quando si è giovani è giusto che sia così. Ma la cosa più importante per me è che è un grande giocatore”.
In quella campagna acquisti Balotelli finisce per essere pagato più di David Silva (28 milioni, oggi uno degli emblemi dei citizens), di Kolarov (22 milioni) e di Jerome Boateng (12 milioni). Pronti via gol e infortunio contro il Timisoara all’esordio nei preliminari di Europa League. Operato al menisco laterale del ginocchio destro, torna a fine ottobre e alla sua terza partita di Premier mostra tutto se stesso. West Bromwich Albion- Manchester City finisce 0-2 con doppietta ed espulsione al 63’ per aver dato un calcio a Mulumbu. Il secondo gol visibile qui mostra come Mario riesca a unire tecnica e sensibilità dei piedi con la forza fisica. Tarantino potrebbe potrebbe creare un sequel di Pulp Fiction basato solo su questo personaggio.
Il City non vince la Premier quell’anno; si limita alla FA Cup. Ma non è per questo che viene ricordata la stagione, bensì per l’incredibile adattamento alle usanze inglesi di Mario che finisce per appassionarsi ad uno degli sport più in voga nei pub UK: le darts, freccette…peccato che per “noia” (così si giustificherà lui) decida di usare i poveri ragazzi delle giovanili come bersaglio.
Diventa la preda più ambita dei tabloid e nonostante l’allontanamento dall’Italia non mancano le critiche. Harry Redknapp in un’intervista lancia quasi un monito per Mancini, il carattere del ragazzo lo domina troppo: “Balotelli è sempre triste e dovrebbe imparare a sorridere. Sembra che odi ogni minuto di quello che fa. Non ho mai visto nessuno comportarsi così, è spaventoso. Non so se qualcuno riuscirà davvero a cambiarlo, aveva dei problemi anche all’Inter e credo che gli altri giocatori non sopportassero il suo modo di fare”.
Lui ricambia in un certo senso le attenzioni dei giornali scandalistici durante il derby di andata della stagione 2011/12, City-United vinto per 6-1 (impresa storica degli skyblues). Il giorno prima gli va a fuoco la casa per colpa dell’esplosione di alcuni petardi lanciati dal bagno e devono intervenire i vigili del fuoco.
Durante la partita Mario segna una doppietta e per festeggiare il primo gol si alza la divisa e sfoggia una maglia con su scritto “Why always me?”.
Questo sembra essere l’anno che fa ricredere tutti e lo lancia verso la sperata esplosione. 13 gol in campionato, City campione con una sua giocata decisiva nei minuti di recupero dell’ultima giornata che permette ad Aguero di segnare contro il QPR e in più ruolo fondamentale agli europei con la nazionale.
Prandelli punta su di lui e Cassano e l’apoteosi del suo progetto è la semifinale con la Germania, decisa dalla doppietta di Balo che esulta sfoggiando il suo fisico, la sua rabbia, la sua voglia di dire “Io sono qui, io voglio essere il migliore e ho intenzione di esserlo a lungo”. Peccato che però gli azzurri in finale subiscano la furia Roja. 4-0 contro la Spagna e resta anche qui l’iconica immagine di Mario in lacrime.
Perché si, checche se ne dica lui ci teneva a portare in alto questa squadra e il tricolore. E praticamente su questa immagine si chiude il capitolo forse più vincente della Balo story.
Balotelli e il Milan (parte 1)
L’arrivo al Milan nel gennaio del 2013 segna la seconda fase di Mario. Sia in senso tattico che mentale. Dopo una prima parte di stagione in Inghilterra in cui mette a segno solamente 3 gol, inizia a sentire nostalgia d’Italia. E’ nervoso e durante un allenamento entra duramente sul compagno Clichy, scatenando l’ira di Mancini che davanti a tutti lo afferra per la pettorina e lo allontana.
A farsi viva è una squadra che ha disperatamente bisogno di qualcuno che si metta i compagni sulle spalle e dia la scossa: il Milan, il suo sempre amato Milan (come dimostra un vecchio tapiro di Striscia la Notizia). Durante tutto il mercato invernale arrivano smentite su smentite in pieno stile Galliani, in più Berlusconi lo definisce una “mela marcia”. Il 23 gennaio però eccolo sbarcare a Linate e per 20 milioni più bonus diventa rossonero.
A causa della prima parte di stagione al City Allegri non può schierarlo in Champions, ma in campionato Balo c’è e fa la differenza, stavolta da prima punta, non più da esterno. Voleva questo peso e dimostra di avere le spalle larghe. Segna 12 gol in 13 partite (di cui 6 però su calcio di rigore), va a referto per 11 partite consecutive e vale al Milan 17 punti. E’ decisivo all’ultima giornata contro il Siena e assieme a Mexes confeziona la rimonta che manda i rossoneri in Champions League. Ci siamo quasi, Mario sta esplodendo, la strada verso il pallone d’oro inizia a formarsi. O forse no.
Il 2014 non inizia benissimo e prosegue peggio. Il Diavolo perde contro l’Hellas alla prima e riaffiora una “fatal Verona” di fine anni ’80, ma soprattutto la sconfitta casalinga contro il Napoli alla seconda segna la fine della sua striscia positiva su calcio di rigore. Reina para e spezza l’incantesimo che fino ad allora aveva permesso a Mario di segnare 22 volte dal dischetto su 22 tentativi in gare ufficiali.
Il nervosismo si riaccende e lo riporta fuori dai binari. Somma di ammonizioni e insulti all’arbitro gli procurano due giornate di squalifica e salta la gara con la Juventus.
Il Milan arriva alla sosta natalizia 13esimo in classifica, sconfitto nel derby e lontano dall’Europa. Allegri perde la panchina a inizio gennaio dopo la sconfitta 4-3 con il Sassuolo (con un Berardi mostruoso) e al suo posto arriva uno dei pupilli del presidente Berlusconi, Clarence Seedorf.
La leggenda olandese stava giocando e allenando il Botafogo in Brasile e uno dei suoi sogni mai neanche troppo nascosti era arrivare ad allenare il Milan. Con lui si riaccendono le speranze di tranquillizzare Mario e avere così un catalizzatore che permetta al suo pieno potenziale di esprimersi lasciando che il fiume della rabbia e del nervosismo defluisca sui piedi invece che salire in testa.
Anche qui il cambio giova alla sua mente. Vittoria col Verona alla prima di ritorno e dedica al nuovo mister che nelle giornate successive lo definisce “un ragazzo molto dolce e di talento”.
L’idillio e il periodo positivo però non durano a lungo. Nonostante alcune magie come il gol contro il Bologna, il Milan termina ottavo il campionato e quindi fuori dall’Europa, scavalcato da Torino e Parma. Balotelli perde di nuovo le staffe dopo la sconfitta con la Roma durante il post partita su sky e forse è dopo questo episodio che la dirigenza del Milan inizia a pensare che quel ragazzo forse non era ancora pronto a tutto questo, a una realtà gloriosa da riportare in alto.
Luigi Garlando con un editoriale sulla Gazzetta dello Sport lo definisce un Ulisse senza Itaca e il naufragio sull’isola di Eea (casa della maga Circe) corrisponde al mondiale brasiliano 2014. Prandelli fin da quando ha assunto la guida ha basato il suo progetto su di lui e Cassano, i non chiamati da Lippi nel disastroso Sud Africa 2010.
Segna al debutto contro l’Inghilterra e viene osannato dai tifosi brasiliani che in lui rivedono il carattere festoso dei loro campioni carioca. Lo stesso giorno fa la proposta di matrimonio a Fanny (fiamma di quei giorni) e tutto sembra andare sempre meglio.
Il mondiale italiano però anche stavolta finisce ancora prima di iniziare: sconfitta contro la Costa Rica e successivamente contro l’Uruguay nella partita del “Suarez bite”.
Il torneo di Mario termina al primo tempo dell’ultima partita, quando il ct lo toglie perché già ammonito per un fallo inutile di frustrazione.
A fine gara Prandelli annuncia le dimissioni e alza bandiera bianca. Il suo progetto è fallito e Balotelli ne viene indicato come uno degli emblemi. “Non sai mai quando è calmo e quando è nervoso, avevo paura di restare in 10” dirà in conferenza. Buffon non è meno impietoso “Si dice che Pirlo, Buffon, De Rossi, Barzagli e Chiellini sono vecchi, poi però sono sempre questi a tirare la carretta. In campo bisogna fare”.
Balotelli e il Liverpool
“Mario fantastico, Mario magnifico”
In estate Inzaghi sale dalla primavera alla guida della prima squadra del Milan e decide che Mario non rientra nei suoi piani. Raiola si attiva e capisce che per far ritrovare la serenità perduta al suo assistito deve farlo tornare dov’era stato bene, dov’era stato importante: in Inghilterra.
Il Liverpool deve sostituire el pistolero Suarez partito per Barcellona e spende ben 20 milioni per lui. Rodgers è euforico “non vedo l’ora di aiutarlo a migliorare. Il nostro sistema ha funzionato con Suarez, funzionerà anche con lui”.
Same old story. Tanto entusiasmo, le sue magliette vanno a ruba e i nuovi tifosi coniano un nuovo coro tutto in italiano. Gli ex del City non la prendono bene e lui definisce un errore il ritorno in Italia. Il suo quarto club in 5 anni però non gli porta granchè bene. Segna al debutto in Champions contro il Ludogoretz e ci vuole febbraio per vedere il primo e anche unico gol in Premier League. In mezzo solo comparsate a partite in corso, con Rodgers che perde subito le speranze con lui. Il feeling non nasce con l’allenatore e Mario perde anche la voglia di giocare . Questa stagione è la più disastrosa.
Balotelli e il Milan (parte 2)
“Certi amori non finiscono…”
Galliani usa lo stesso verso di Venditti che aveva accompagnato il ritorno di Kakà per riaccogliere Mario Balotelli, stavolta in prestito secco ma a disposizione di mister Mihajlovich, l’uomo che aveva favorito la sua crescita con Mancini all’Inter. In un anno disgraziato per lui, esordisce bene segnando contro l’Udinese salvo poi infortunarsi e stare fuori fino a gennaio per una pubalgia.
Intanto due cambiamenti avranno conseguenze su di lui: a Liverpool Rodgers viene esonerato e al suo posto arriva Jurgen Klopp, mentre in nazionale ora siede Antonio Conte.
La sua seconda avventura al Milan termina con 3 gol, di cui due contro l’Alessandria in Coppa Italia. I rossoneri non lo riscattano e lui torna in Inghilterra.
“Super Mario” e il Nizza
In estate Klopp gli dice chiaramente che non rientra nel suo progetto. Mario Balotelli deve trovarsi una nuova piazza, ma stavolta non alle sue condizioni. Gli serve un ambiente tranquillo e negli ultimi giorni di agosto Nizza diventa la soluzione. La città sul mare gli piace, Favre sa trattare con i giovani e arriva in un clima che presenta tanti prospetti interessanti ed eccentrici come lui.
Lì assieme a Dante, Plea, Cyprien, Dalbert e Mendy arriva lui per sostituire il partente Ben Arfa. Si presenta come Garibaldi, ma inizialmente stavolta il pubblico non è così ansioso di vederlo. Per la prima volta non ha più la 45 ma la 9, ora è una punta e quello che vuole fare è segnare.
Debutta con due doppiette contro Marsiglia e Monaco e rilascia un’intervista in cui definisce Liverpool e il ritorno al Milan due errori e si dice convinto di potersi ancora correggere per puntare al Pallone d’Oro. Grazie anche a lui il Nizza si rivela la sorpresa della Ligue 1 e fino a gennaio tiene testa anche al Psg. Nel girone di ritorno salta due partite per espulsione e anche a per questo la squadra perde il primato, anche se riesce comunque a chiudere al terzo posto, qualificandosi ai preliminari di Champions. Lui chiude il campionato a 15 gol e in totale arriva a quota 17 in 28 partite.
Nonostante ciò durante la stagione sono tornati alcuni vecchi demoni a tormentarlo. Gli episodi di razzismo dei tifosi del Bastia non sono nuovi nella sua storia. Si cerca sempre di innervosirlo e distrarlo, forse perché in fondo tutti sanno che sotto quella scorza superficiale si nasconde ancora una forza della natura.
In estate rinnova con i francesi e contribuisce con un gol a superare l’Ajax al primo turno dei preliminari di Champions. Al secondo turno il Nizza esce con il Napoli, Balotelli rimedia un infortunio e la sua prestazione non viene apprezzata dai tifosi. La risposta però è una “devo smentire le critiche con le prestazioni in campo”. La reazione c’è e con due doppiette nell’arco di quattro giorni ha recentemente influito nelle vittorie dei rossoneri francesi contro Monaco e Zulte Waregem. Ha segnato anche nell’ultima giornata ella vittoria contro il Rennes, sottolineando una volta di più il suo stato di forma.
Mario Balotelli ora pensa a fare bene dov’è. Il pallone d’Oro è ancora nella sua testa, l’Italia forse un po’ meno. Vuole ancora essere decisivo e riprendersi la nazionale, ma per farlo deve continuare a combattere. Contro i razzisti e chi lo vuole vedere nervoso e debole. Contro gli avversari che dovrà usare come asticella da superare per proseguire nella sua scalata. Contro se stesso, per recuperare il tempo perso e mostrarci in campo il fenomeno che in tanti ancora stiamo aspettando.