Ci sono giocatori il cui nome è destinato a rimanere indissolubilmente marchiato a fuoco nella storia del calcio. Una leggenda da tramandare ai posteri. Aneddoti e magie balistiche. Classe ed estrosità. A volte, ma non spesso, genialità e stravaganza. Caratteristiche, quest’ultime, sicuramente riconoscibili a George Best. Quasi un marchio di fabbrica per un giocatore che troppo presto ha abbandonato il calcio prima e la vita poi. Una vita all’insegna dell’eccesso, in campo e fuori. Champagne e donne. Numeri d’alta scuola e dribbling da far girar la testa. Un fuoriclasse che ha reso leggendaria la maglia numero 7 del Manchester United. Un uomo che ha sacrificato al vizio un talento inaudito. “Se fossi nato brutto non avreste mai sentito parlare di Pelè” e “Nel 1969 ho dato un taglio a donne e alcool. Sono stati i venti minuti peggiori della mia vita“: in queste due frasi di marchio George Best è racchiusa l’ironia ed anche tutta la verità su questo grande mito.
Uno che amava ripetere: “Ho sempre voluto essere il migliore in tutto: in campo il più forte, al bar quello che beveva di più“. Uno che si permise il lusso di umiliare con un tunnel sua maestà Cruyff scagliando poi via il pallone per il solo gusto di dimostrare al mondo chi fosse veramente il più forte. Il quinto Beatles che incendiò le folle e rinvigorì l’immagine dell’Inghilterra in Europa e nel mondo. Uno che tra le altre cose ha vinto la Champions ed il Pallone d’Oro. Uno che ha lasciato troppo presto il calcio per seguire l’eccesso. Uno che l’eccesso l’ha pagato a caro prezzo il 25 novembre di nove anni fa qualche ora dopo aver gridato al mondo da un letto di ospedale il suo epitaffio: “Non morite come me“. Un uomo, un giocatore, che ha scritto la storia. Tramandato alla storia. Destinato già nel cognome a lasciare per forza di cose un segno nella storia. Perché…Maradona good, Pelè better…George Best!