L’intensità e la corsa per superare ogni carenza. Il Liverpool di Klopp ha adottato questa filosofia reinventando i capisaldi del Borussia Dortmund portato fino alla finale di Champions League dall’allenatore tedesco, in un calcio contemporaneo.
La squadra ha raggiunto risultati superiori alle aspettative grazie al criterio con cui è stata costruita e ridisegnata la rosa. L’obiettivo principale di Klopp era quello di costruire un sistema di gioco in cui ogni calciatore avesse compiti e funzioni ben chiare: e così la squadra è riuscita a completarsi nonostante nel mercato di gennaio siano arrivati dei forti scossoni. Uno positivo, in difesa, con l’arrivo di Van Dijk ;uno negativo, in attacco, con la partenza di Coutinho.
Ma mai come quest’anno il Liverpool di Klopp, alla terza stagione sulla panchina dei Reds, è sembrato in grado di superare le difficoltà, arrivando a far rendere oltre le proprie potenzialità anche gli elementi più deboli della rosa. E il caso Karius, passato da riserva inaffidabile di Mignolet ad essere un portiere di grandi prospettive; o quello di Matip che con Van Dijk accanto ha trovato gli equilibri giusti per fortificare una difesa che negli anni passati concedeva troppo; ed anche alcune figure di contorno, come ad esempio Oxlade Chamberlain, si sono riscoperte utili alla causa nei momenti di difficoltà.
Gli accorgimenti di Klopp in questa seconda stagione sulle rive del Mersey sono serviti per restituire equilibrio ad una squadra che tende alla confusione nella sua spiccata propensione all’attacco. Già l’attacco; è questo il vero punto di forza del Liverpool. I numeri parlano chiaro: 80 reti in Premier e 33 in Champions League dove il reparto dei Reds è il più prolifico della competizione. Questo significa che la squadra gira ed è trascinata da giocatori di grandissimo valore.
L’impatto di Salah è stato dominante, tanto da fargli vincere il titolo di giocatore dell’anno in Premier League, il campionato dove con il Chelsea visse il primo grande fallimento della sua carriera. Ma anche i suoi compagni di reparto sono di livello assoluto: Mané è il calciatore che dà gli strappi decisivi alla partita; Firmino è quello meno appariscente, ma spesso il più decisivo.
Non è un caso quindi se il Liverpool è in semifinale della Champions League 2017/2018. Non è un caso che a farne le spese sia stato il City di Guardiola, uno che continua a soffrire le squadre di Klopp, l’allenatore contro cui ha perso più volte in carriera. Questa pressione esagerata, la veemenza di un calcio verticale e la facilità di trovare la via del gol sono stati fondamentali per eliminare il Manchester City dalla competizione. Quello del Liverpool è un calcio dispendioso e spesso rischioso ma che se applicato con la mentalità giusta può essere il vero antidoto per contrastare squadre eleganti e piene di talento come quelle di Pep. E come la Roma.
La mentalità farà la differenza. L’approccio e l’interpretazione della gara, in questo tipo di calcio, sono fondamentali. Un mood sbagliato può portare anche a grossi scivoloni. Quelli che, in stagione, hanno impedito al Liverpool di essere più forte del City per più di una notte.