Erano due i precedenti tra Atlético e Liverpool. Nell’autunno 2008 in Champions League arrivarono due 1-1, prima a Madrid, poi in Inghilterra, ma entrambe avrebbero passato la fase a gironi. Nell’aprile 2010 Quique Sánchez Flores e Rafael Benítez s’incontrarono in Europa League. Dopo un 1-0 dell’Atlético, anche allora curiosamente realizzato nei minuti iniziali all’andata (segnò Forlán al 9’), ad Anfield si andò ai supplementari proprio come ieri. I Reds segnarono anche allora poco prima dell’intervallo (Aquilani al 44’), raddoppiarono a inizio del primo tempo supplementare (95’ Benayoun) e furono contestualmente raggiunti nello stesso (102’ Forlán) patendo l’eliminazione.
Contemporaneamente, sia Marcos Llorente che Álvaro Morata militavano nel Real Madrid. Ieri sera, invece, una doppietta del centrocampista ex Real Sociedad – divenuto il primo calciatore nella storia dell’Atlético a realizzare una doppietta in Champions League da fuori area – e il sigillo finale di Morata in contropiede hanno sancito qualcosa di diverso. Una vittoria ad Anfield, dove – ironia della sorte – l’ultima squadra che in Champions League uscì vincitrice era il Real Madrid. Il 22 ottobre 2014, prima del perentorio 0-3, le Merengues non avevano mai battuto i Reds e Cristiano Ronaldo non aveva mai segnato ad Anfield.
Succede che l’Atlético, forte di un 1-0 di sudato Cholismo al Wanda Metropolitano, abbia fatto la sua partita di vertigini e verticalità macinando un preziosissimo 2-3. «Una alegría enorme, parece simple pero no lo es – confida Simeone, che al gol di Morata era esondato dall’area tecnica di sua competenza incurante delle restrizioni – un equipo que le valoro no haber cambiado en ningún momento. El partido quedará para la historia del Atlético y nos llena de orgullo». Nel mentre parlava ai media anche Cerezo («El Cholo es el mejor entrenador que ha tenido este equipo en su historia») e si diffondeva la notizia di Daniele Rugani positivo al Coronavirus. Una questione spinosa che travalica il calcio, con l’annuncio di nuove misure più severe per mano del presidente Conte, e che potrebbe presto portare allo stop di ogni competizione, Euro2020 compreso.
Dietro alle valutazioni c’è anche lo sguardo contrariato di Jürgen Klopp: «Sono un cattivo perdente, congratulazioni a loro. Dobbiamo accettare che abbiamo subito tre gol, ma quando vedo giocatori come Koke, Saul o Llorente possono giocare un calcio diverso, e non agire in contropiede in casa propria». Il suo Liverpool è crollato: crollato come l’imbattibilità casalinga che contando tutte le competizioni perdurava da 64 partite (25 delle quali nelle coppe), crollato come il Tottenham alla Red Bull Arena di Lipsia. Ecco che entrambe le finaliste dello scorso anno non superano gli ottavi.
Il Liverpool, che con la storica rimonta sul Barcellona dell’anno scorso aveva passato quattro volte su quattro il turno incontrando una squadra spagnola nella fase ad eliminazione diretta delle Coppe, è stato sconfitto da un Atlético che così facendo ha lenito il tabù inglese (sole 2 vittorie in 13 precedenti in terra d’Albione), ha confermato un trend di sole 5 ko nelle ultime 30 partite europee e soprattutto ha raggiunto gli ottavi di Champions League per la quinta volta su sette. Le due eliminazioni erano la prima (2009, contro il Porto) e l’ultima (2019, contro la Juventus) del lotto. Conti alla mano, dal 2013 a oggi, solo le squadre in cui militava Cristiano Ronaldo hanno eliminato Simeone negli scontri diretti di Champions League.
Così il Liverpool vince in tutto. Detiene possesso palla (64%), tiri (35, di cui 12 in porta), corner (16), rimesse laterali (33), numero di passaggi (881, di cui 691 completati). A Simeone la solita iniezione di sofferenza però va benissimo: l’Atlético regge nonostante un 36% di possesso palla, tenuto a galla dalle 10 parate di Jan Oblak e da un nervosismo che dilanierebbe i nervi di chiunque. Ma se è vero che i Colchoneros ormai hanno appreso la lezione, sono bastate 10 conclusioni (6 in porta) e soli 203 passaggi completati su 349 a far saltare il fortino d’Anfield. La solita partita di rottura costruita sulla linea mediana, il pressing che l’Atlético attua meglio forse di chiunque altro in Europa. La solita strategia di attacco sulle palle alte e di rilanci, giusto per rompere le uova nel paniere a Klopp e senza una vera motivazione che non fosse il voler togliere per qualche secondo il pallone dalla disponibilità dei Reds.
Si potrebbe addurre parte del merito ad Adrián, che tenuto conto dell’indisponibilità di Alisson non è riuscito a ripeter l’ottima prova che lasciò in Supercoppa UEFA sul Chelsea ad agosto. Il confronto col brasiliano, ma pure con Jan Oblak nominato man of the match della sfida, è impietoso: i 9 interventi dello sloveno giustificano le parole al miele di Simeone («Igual que el Barcelona tiene a Messi, nosotros tenemos a Oblak», si legge su Marca). I guantoni dell’ex Benfica hanno riparato l’Atléti dalla pioggia, e mentre quest’ultima si tramutava in grandine, ancora lo sloveno salvava i madrileni. Se l’altro ex benfiquista – Joao Felix – pareva dormiente e quasi intristito, in campo era un assedio in pieno stile This Is Anfield, corollario inequivocabilmente minaccioso di una partita maschia, che il Liverpool ha avuto in pugno per lunga parte del match. Angoli, palloni recuperati, i colpi di frusta di Trent Alexander-Arnold, la traversa colpita da Andy Robertson il giorno dopo il suo 26° compleanno.
Alla fine però l’ha vinta Simeone, capace di ruggire nel Merseyside, esorcizzando paura, gol di Wijnaldum e minacce arrivare da Robertson nel post-gara del Wanda Metropolitano: «Hanno festeggiato come se avessero passato il turno, ora verranno ad Anfield». L’Atlético non solo ad Anfield c’è arrivato, spinto dai quattromila aficionados provenienti da Madrid. Ha pure fatto la sua partita, condotta nel modo che più di ogni altro sa proporre, giocata non come probabilmente aveva in testa, ma gli va comunque dato il merito di aver sofferto quando c’è stato da soffrire (tanto) e punto quando il Liverpool gli offriva il fianco (poco). S’è passati dai lanci lunghi dell’Atlético di inizio partita, a liberare l’area, a quelli del Liverpool nel secondo tempo supplementare, a cercare di segnare in qualche modo. Poi l’ha chiusa Morata, a lungo beccato per una presunta svogliatezza ma che ieri sera s’è scusato coi tifosi, mani giunte e scivolata a indicare tutto lo spicchio da loro occupato. Una noche para no olvidar nunca.
Liverpool (4-3-3): Adrián; Alexander-Arnold, Gomez, van Dijk, Robertson; Henderson (dal 106’ Fabinho), Wijnaldum (dal 106’ Origi), Oxlade-Chamberlain (dall’82’ Milner): Salah, Firmino (dal 113’ Minamino), Mané. All: Klopp. A disp: Lonergan, Matip, Lallana.
Atlético Madrid (4-4-2): Oblak; Trippier (dal 91’ Vrsaljko), Savić, Felipe, Renan Lodi; Koke, Saúl, Thomas, Correa (dal 106’ Giménez); Costa (dal 56’ Llorente), João Félix (dal 103’ Morata). All: Simeone. A disp: Adán, Lemar, Carrasco.
Reti: 43’ Wijnaldum, 94’ Firmino, 97’ e 105’+1 Llorente, 120’+1 Morata. Ammoniti: Alexander-Arnold (L), Morata, Saúl (A). Arbitro: Makkelie (Olanda).