C’era una volta il campionato più bello del mondo. Ma quanto accaduto questo fine settimana lungo l’asse Parma-Genova è la massima espressione, l’apice, della deriva che sta prendendo il campionato di calcio italiano. In Emilia la situazione intorno al club ducale, già torbida di suo perché è difficile capire come sia possibile accettare o giustificare quattro passaggi di proprietà in appena un mese di cui per altro uno ad appena un euro, è diventata talmente caotica che in attesa che si chiarisca che fine hanno fatto i bonifici promessi da Manenti la Lega ha preferito, pur col parere contrario dei diretti interessati, ovvero i giocatori, di rinviare il match contro l’Udinese. La pericolosità di quanto sta accadendo intorno al Parma, oltre a certificare la pochezza delle regole del nostro calcio in termini di limpidità degli assetti societari al fine di garantire il rispetto degli adempimenti, risiede nel rischio che un campionato che già di per se poco appeal e credibilità ha verso l’estero (e forse oramai anche all’interno dei confini nazionali dato il crollo di spettatori allo stadio) possa essere una volta per tutte tramortito da ciò che il regolamento, in questo caso si, prevede in caso di fallimento di un club della massima serie a campionato abbondantemente iniziato: la vittoria a tavolino per 3-0 dal momento del fallimento in poi.
Nel caso specifico, starebbe a significare che, trovandoci ormai alla quinta giornata del girone di ritorno, un quarto delle squadre deve accettare il verdetto del campo nel doppio confronto, mentre i restanti tre quarti avrebbero i tre punti assicurati per gli incontri del girone di ritorno. Ergo, la Juventus potrebbe guadagnare d’ufficio due punti sulla Roma (notevolmente inferiore, dati gli altri tre match disputati nel girone di ritorno dai ducali e dati i risultati, l’impatto sul resto della classifica). Per carità, parliamo di una regola scritta e chiara che andrebbe a normare una fattispecie che ad oggi non ha precedenti. È però incredibile pensare che si rischi di arrivare a ciò semplicemente perché non si sia vigilato su una gestione che in otto anni ha fatto lievitare l’esposizione debitoria del Parma dalle due alle tre cifre anche per colpa di acquisti scellerati di centinaia di giovani promesse (o presunte tali) in giro per il mondo, mai pagate ai club di appartenenza e che mai hanno esordito in Italia. Operazioni, queste, che per di più venivano celebrate dalle istituzioni e da certa stampa come simbolo di eccellenza e di gestione virtuosa appena qualche mese fa quando i gialloblù centravano sul campo l’Europa League (poi revocata per il mancato versamento di quote Irpef da cui è partita la crisi del club).
A Genova, invece, il derby della lanterna viene rinviato a causa di un rovescio temporalesco che in Inghilterra è all’ordine del giorno e che comunque era stato ampiamente previsto dai meteorologi. Oltre alle polemiche sull’assurdità del recupero, fissato alle 18:30 di un giorno lavorativo, sono inevitabilmente impazzate quelle sulla mancanza dei teloni a protezione del terreno di gioco. Alla fine si viene a scoprire che Genoa e Sampdoria hanno due milioni di euro di arretrati nei confronti del consorzio che gestisce la manutenzione di Marassi il che, di fatto, fa si che non si riesca più a far fronte alla manutenzione ordinaria dell’impianto il cui terreno di gioco, per altro, versa in condizioni catastrofiche da tempo. Cosa che, seppur di tenore diverso dall’affaire Parma, non può che falsare il campionato. Ferrero e Preziosi rivendicano la gestione privata dell’impianto e ciò non potrà che far tornare d’attualità il discorso degli stadi di proprietà. Perché nessuno si premurerà di chiarire prima il reale motivo dei pagamenti pendenti che hanno causato in sostanza il rinvio del match.
Temporali che rinviano partite e recuperi brillantemente fissati nel pieno pomeriggio di un giorno feriale. Stadi fatiscenti, non manutenuti, sempre meno frequentati. Squadre gloriose sull’orlo del fallimento che nessuno ha fretta di dichiarare perché non si sa come gestire una situazione che rileva tutta la pochezza della classe dirigente del pallone nostrano. E poi, non possiamo di certo dimenticare il calcioscommesse, le combine, le polemiche arbitrali a iosa e la presunzione di alcuni nel voler decidere a tavolino chi deve partecipare alla mensa e chi no. Queste non sono le macerie. Questa è la triste realtà di quello che fino a dieci anni fa era il campionato più bello del mondo.