La vittoria della Roma sul Cesena al 96’ del match valido per i quarti di finale di Coppa Italia impartisce senza dubbio alcune lezioni. La prima: mai prendere sottogamba l’impegno. Questa dovrebbe rappresentare la regola aurea del calcio da sempre sport pazzo ed impronosticabile e per questo così affascinante. Sebbene l’avversario di turno fosse una squadra che milita nel campionato di Serie B dove, per altro, lotta nelle sabbie mobili della zona retrocessione, la Roma di Spalletti ha rischiato la figuraccia. Scesa in campo con qualche seconda linea di troppo la formazione capitolina ha subito, in particolare nel primo tempo, la verve dei romagnoli che se non hanno dominato hanno comunque tenuto il campo meglio degli avversari creano più di qualche semplice grattacapo a Totti e compagni. La spavalderia di dare per scontato il passaggio del turno data la diversità di categoria poteva costare caro. Cosa sarebbe successo in un ambiente particolare come quello romano se la squadra di Spalletti fosse stata eliminata da una squadra di Serie B, dopo tre giorni dalla sonora sconfitta di Genova con la Samp e perdendo non solo la possibilità di giocarsi una doppia semifinale con i cugini della Lazio ma, anche se non soprattutto, perdendo la possibilità nel modo più ingenuo possibile di continuare ad inseguire il sogno di mettere prima o poi un trofeo in bacheca? Probabilmente per Spalletti e Co. non sarebbero stati giorni facili.
La seconda lezione, derivata della prima, riguarda l’importanza dei rincalzi. Ogni volta che Spalletti prova a mischiare le carte il risultato cambia e generalmente cambia in peggio. E’ successo a Genova con la Sampdoria dove è bastato concedere un turno di riposo a Manolas gettando nella mischia Vermaelen per sgretolare un equilibrio che fino a quel momento sembrava perfetto ed incassare tre gol in un colpo solo. E’ successo ieri sera quando il tecnico toscano è stato costretto a tornare sui suoi passi mandando in campo Dzeko e Nainggolan per cercare di sbrogliare una situazione davvero ingarbugliata. Il limite della Roma, oltre ai cali di concentrazione, è probabilmente anche questo: la panchina corta. I giallorossi sono altamente competitivi se si guarda all’undici titolare. Ma non reggono il confronto con la Juventus (ed a conti fatti neanche con il Cesena) quando l’occhiata si estende anche alla panchina. La fantozziana collisione tra Allison e Manolas spiega poi l’ulteriore importanza di avere un portiere di riserva all’altezza del titolare.
La terza ed ultima lezione la impartisce direttamente Luciano Spalletti in prima persona. Il tecnico toscano domenica scorsa, nel post partita di Marassi, non aveva perso tempo a condannare la terna arbitrale ed in particolare il guardalinee reo di aver segnalato un fuorigioco inesistente in occasione di un presunto fallo da rigore non concesso su Dzeko al terzo minuto di recupero del match con la Sampdoria: “Il guardalinee si è distratto. Quello è rigore e questo episodio un po’ ci disturba, perché è di lettura facilissima per un guardalinee della qualità di quelli italiani”. Il tecnico giallorosso è stato meno esplicito invece ieri sera dopo aver strappato il pass per la semifinale grazie ad un rigore dubbio e discutibile: “Secondo me, ma anche non secondo me, quello è rigore. Ma se me lo danno contro m’arrabbio”. Apprezzabile l’ironia. Ed anche l’arte oratoria di Luciano Spalletti che ultimamente si sta riscoprendo non solo un buon allenatore ma anche un discreto affabulatore.