Ieri sera sono finalmente iniziati gli Europei e dopo code, disordini, scontri, attese e sfarzose presentazioni abbiamo visto la prima partita di calcio, che ci ha già fornito alcune indicazioni su cosa aspettarci sul proseguimento della competizione. Francia e Romania hanno dato vita ad una partita combattuta terminata con una vittoria sbiadita da parte dei padroni di casa (2-1), che hanno trovato filo da torcere contro un avversario molto determinato e sul quale qui ci soffermiamo.
Della Romania sapevamo già che fosse una nazionale composta prevalentemente da uomini con poca esperienza internazionale, provenienti prevalentemente dal campionato domestico, con l’eccezione dei più noti Tatarusanu e Chiriches, militanti rispettivamente nella Fiorentina e nel Napoli, tutti uniti dall’umiltà collettiva e dal carisma di Anghel Iordanescu, redivivo condottiero di questa nazionale che dagli anni ’70 continua a scrivere pagine di storia del calcio rumeno. Il secondo posto nel girone F delle qualificazioni dietro l’Irlanda del Nord con soli due gol subiti faceva pensare ad una difesa difficile da superare, e ad un’organizzazione di squadra quantomeno discreta.
Ieri sera la Romania ha subito il totale delle reti rimediate durante tutto il girone di qualificazione, ma non ha lasciato un’impressione totalmente negativa di sè. Nella sfida contro una delle due principali favorite per la vittoria finale dell’Europeo la nazionale guidata da Iordanescu ha mostrato un calcio sicuramente antiestetico, ma non per questo inefficace, che ci è sembrato molto simile ad un compromesso storico tra calcio moderno e spontaneismo pionieristico. Ovviamente è il primo dei due volti a prevalere, soprattutto in fase di non possesso e nel modo di schierare la squadra in campo: pressing di squadra asfissiante anche sul fraseggio dei difensori, un 4-2-3-1 difensivo ed organizzato con una linea difensiva che tende a rimanere abbastanza alta e il resto degli uomini tutti ad occupare il lato forte del campo per impedire agli avversari di giocare palla a terra con facilità, il tutto abbinato ad una forma fisica smagliante, tanto da mettere in difficoltà sulla corsa la Francia dei Pogba e dei Matuidi. L’ingenuità e l’arretratezza emergono con vigore quando si tratta di gestire il pallone. I sistematici lanci sulle fasce e verso le punte a cercare spizzate aeree sono il sintomo di una consapevole carenza di mezzi di giocare un calcio ragionato; tutto sommato fa piacere ai nostalgici rivedere le fasce cercare di conquistare il fondo per crossare non appena possibile verso il centro in cerca dell’incornata vincente dell’ariete di turno, azioni sempre più rare nell’esasperata ricerca del tiro a porta vuota del calcio dei giorni nostri, il tutto condito dagli innumerevoli tentativi fallimentari dell’esterno destro Popa, (apparso tutt’altro che deperito a giudicare dai contorni poco spigolosi del suo fisico) di dribblare Evra con piroette e numeri da funambolico fantasista: una divertente utopia.
Ebbene questo compromesso così poco attraente, ma allo stesso tempo concreto ed insidioso per gli avversari potrebbe essere considerata nel calcio quella che in politica viene denominata “la terza via”, ovvero un momento di sintesi tra i principi liberisti e gli ideali socialisti, che proprio per questo si presenta come innovativo ma che allo stesso tempo non smuove le viscere dall’emozione e volge lo sguardo al passato recuperando molti principi da opposte scuole di pensiero. La terza via a cui si ispira il Partito Social Democratico rumeno a cui è iscritto, combinazione, il tecnico al terzo mandato come c.t. della nazionale nonchè guru del calcio rumeno Anghel Iordanescu.