Chi nella vita almeno un morso al mondo del pallone l’ha dato conosce di sicuro il Maracana. Il leggendario stadio di Rio de Janeiro è infatti un tempio del calcio mondiale. Sicuramente luogo di culto per gli adepti di questo rito. Ma è luogo comunque noto anche per chi il calcio lo ha annusato solo a distanza o per chi è invece cultore di una certa produzione cinematografica trash nostrana che, con Lino Banfi protagonista, ha giocato forte sull’equivoco tra il nome dell’impianto brasiliano e quello dell’italianissima moglie (nel film L’allenatore nel pallone) del mister Oronzo Cana.
Ma c’è un altro stadio Marakana (con la K però). Quello di Belgrado. Anche questo è luogo di culto per chi, e poco importa se parliamo forse di una nicchia, da un certo tipo di storia e modo di vivere il calcio è stato irrimediabilmente catturato nel corso degli anni dedicati a nutrirsi in tutti i modi possibili di questo gioco.
Ecco, a questa nicchia apparteniamo noi e sicuramente appartengono i nostri amici di Prossima Fermata Marakana, pagina (e gruppo) Facebook che strizza l’occhio al calcio dell’est Europa spulciandone la storia e scovando aneddoti degni di essere raccontati.
Inevitabile nascesse una bella amicizia tra le nostre redazioni. Così come inevitabile, quando abbiamo saputo che per seguire l’Italia di Ventura sarebbero partiti alla volta dell’Albania, è stato chiedergli di raccontare per noi come si respira calcio da quelle parti.
Sognare, viaggiare scoprire. Prossima fermata Marakana. Oggi intanto si va a Tirana
Sognare, viaggiare, scoprire. Certo, non sarà la California. Ma per chi sogna il Marakana, non quello di Rio de Janeiro ma quello di Belgrado, anche una partita dell’Italia in Albania può diventare un pretesto. Un modo per aggiungere un pezzo al mosaico di emozioni di chi da sempre, o almeno da quando gli è concesso farlo, respira e vive per quell’aurea magica, forse un po’ decadente, che sembra avvolgere il calcio dell’est Europa.
Non pensate all’Albania come porto d’imbarco di chi, ormai quasi trent’anni fa, guardava all’Italia come fosse l’America. Non pensatelo perché non è più così. Molti di quelli che in quei primi scorci degli anni ’90 salivano sulle navi che da Valona o Durazzo precariamente solcavano il mare per raggiungere le coste della Puglia, oggi hanno fatto ritorno in patria. Perché in Albania, e non ridete, si cavalca oramai il progresso. Ed in mezzo ad una popolazione giovane (il 30% degli abitanti ha meno di 18 anni) ed affamata di futuro, non è neanche così impossibile trovare chi quel mare ha deciso di solcarlo all’inverso, dallo stivale verso il Paese dell’aquila a due teste.
Sono oltre ventimila gli italiani in Albania; molti dei quali hanno messo le basi a Tirana, città sempre più simbolo del rinascimento albanese. Camminando per le vie della capitale, prima tappa obbligata di questo nostro viaggio con destinazione Scutari dove l’Italia di Ventura si gioca una prima parte delle sue possibilità di accedere al Mondiale del 2018, è impossibile non respirare e farsi inebriare dall’aria frizzante e dinamica che si respira in città.
Tirana è progresso e Klubi Futbollit Tirana
Tirana è un reticolo di quartieri e strade che si intrecciano svelando edifici diroccati addossati a costruzioni d’avanguardia architettonica. E’ gallerie d’arte e centri culturali; è un hub tecnologico d’avanguardia. Ma è anche locali alla moda ed un lusso che ammicca sfacciatamente al cafonesco concetto di eleganza russa. Chissà che non sia questo un modo per cercare di digerire il fallito accesso a Russia 2018. Un boccone amaro da masticare dopo la sbronza di Euro 2016.
Perché in Albania si vive anche di e per il calcio. Ed il calcio è in fondo il motivo reale di questa nostra visita a domicilio. Motivo per cui nelle nostre ore spese a passeggiare per la capitale, non abbiamo potuto esimerci dal visitare il Selman Stërmasi Stadiumi, la casa del KF Tirana. O meglio, dal tentare di visitare. Ci siamo dovuti accontentare infatti di un giro intorno all’impianto che, purtroppo, era chiuso. Forse per lutto.
Perché fino allo scorso anno il Klubi Futbollit Tirana poteva fregiarsi del titolo di unica squadra in Albania a non aver conosciuto l’onta della retrocessione. La storia, però, è in continuo divenire. Ed il corso degli eventi ha fatto si che la stagione 2016/2017 della Kategoria Superiore si sia chiusa per il KF con una rocambolesca retrocessione arrivata all’ultima giornata di campionato. Cosa che, tuttavia, non ha impedito al club di prendere parte all’Europa League di quest’anno. Perché insieme alla retrocessione è arrivata anche la vittoria della Coppa di Albania grazie al successo per 3-1 contro lo Skënderbeu. Nessuna favola a lieto fine però. Il KF è stato infatti prontamente eliminato dal Maccabi Tel Aviv nel primo turno di qualificazione.
Nonostante l’onta della serie cadetta il KF Tirana resta la società albanese più titolata avendo vinto 24 campionati, 16 coppe nazionali e 11 supercoppe. La squadra al momento è allenata da Ze Maria, vecchia conoscenza del calcio italiano dato che il brasiliano ha vestito le maglie di Parma, Perugia e Inter. I bardheblutë (biancoblu) sono attualmente primi a punteggio pieno nel Girone B di seconda divisione, dopo aver ottenuto 3 vittorie su 3 gare giocate. Il gruppo ultras che segue l’FK è quello dei Tirona Fanatics, che nel 2016 ha festeggiato il decimo anniversario di attività.
Non giriamoci intorno. Per dei malati di calcio dell’est come noi aver trovato il Selman Stërmasi chiuso al pubblico è stato un vero peccato. Non ce la siamo sentita di sfidare lucchetti e divieti di accesso affissi ad ogni angolo dell’impianto. Ci siamo accontentati di scattare qualche foto dall’esterno sotto l’occhio vigile della “Policia” locale.
Scutari andata e ritorno. Con una storia in più da raccontare
Il secondo giorno è tempo di dirigersi a Scutari, Shkodër per gli albanesi. Lasciataci alle spalle una Tirana riscaldata da un caldo sole che emanava i suoi riflessi sul fiume Lana, ci affidiamo alla nostra Seat Ibiza presa a nolo per percorrere i 100 km che separano le due città.
Ci inoltriamo così nell’entroterra albanese tra innumerevoli posti di blocco della polizia locale e famigliole sedute su divani piazzati nel nulla accanto a bancarelle improvvisate destinate alla vendita di galline, autostoppisti e cavalli impauriti al centro carreggiata scansati per miracolo.
Siamo circondati da un paesaggio spoglio che alterna spiagge adriatiche alle zone impervie e montagnose delle Alpi dinariche albanesi. E’ così che arriviamo praticamente a ridosso del confine con il Montenegro; lì dove sorge Scutari, considerata la Firenze dei Balcani per il suo contributo culturale alla storia dell’Albania.
Ma Scutari è anche la città del Vllaznia, la locale squadra di calcio che gioca le sue gare interne allo stadio Loro Boriçi, impianto intitolato al calciatore nato in città e cresciuto nelle fila Vllaznia negli anni ‘40 poi trasferitosi al Partizani Tirana, passando per due stagioni alla Lazio, prima di diventare il commissario tecnico della nazionale albanese per quasi 20 anni, anche se in tre distinte occasioni.
Il Vllaznia, fondato nel 1919, è la società calcistica più antica dell’Albania e vanta anche un discreto palmares avendo conquistato per nove volte la Kategoria Superiore, l’ultima delle quali nella stagione 2000/2001.
Il Loro Boriçi è anche l’impianto che ospiterà la gara tra Albania e Italia. Si tratta di un impianto ristrutturato ed in ottime condizioni che sorge non lontano dal centro ma è circondato da stradine diroccate, e che è costato alla federazione albanese ben 17 milioni di euro.
Scutari è una cittadina in festa, addobbata come se dovesse passare la processione per il santo patrono. Le strade sono paralizzate ed invase da bambini festanti che giocano sfoggiando le maglie della patria albanese; maglie rosse come il fuoco con l’aquila bicipite (a due teste) stampata sul cuore.
Ci lasciamo coinvolgere dall’aria di festa e ci alterniamo allegramente tra le bancarelle montate ad hoc per la festa ed un giro al mercato per assaggiare prodotti tipici locali. Facciamo anche una puntata al museo municipale dove la FIGC ha contribuito alla festa lasciando esposte per tutta la giornata le quattro coppe del mondo vinte dagli azzurri nella loro storia.
A ridosso del fischio di inizio di Albania-Italia torniamo in zona stadio e dopo vari controlli ritiriamo i biglietti nominali acquistati su internet. Una birra nel bar del Vllazznia ed entriamo. Che sia una giornata di festa è certificato dal fatto che i tifosi albanesi riempiono lo stadio nonostante la gara sia inutile per gli uomini di Panucci ormai fuori dal discorso qualificazione.
Lo stadio espone anche una coreografia in onore di Lorik Cana, ex calciatore con un trascorso nella Lazio, che ancora oggi vanta il maggior numero di presenze nella storia della nazionale albanese. Per lui una maglia enorme con il suo nome e il numero 4 copre la tribuna, il suo nome viene urlato a squarciagola da tutto il Loro Boriči.
Sono ben 3 i gruppi che incitano la nazionale albanese. I più nutriti, situati accanto al settore ospiti, sono i due gruppi kosovari “Plisat” di Pristina e “Tigrat et Zi” (tigri nere) di Glogovac che sostengono chiassosamente la selezione di casa per tutti 90 minuti; insieme al gruppo “1927” che si colloca invece a ridosso della curva opposta.
La gara scorre veloce e l’Italia vince per 1-0 grazie al gol di Candreva. Ma gli albanesi interessa poco quanto accade in campo. Loro continuano a festeggiare accogliendoci calorosi anche al termine della gara. Ci ritagliamo così il tempo per un’ultima birra e quattro chiacchiere con gli altri nostri connazionali. Poi, giunta mezzanotte, con lo stesso rammarico di Cenerentola quando deve abbandonare la festa riprendiamo la nostra Seat Ibiza per fare rientro a Tirana.
Ci aspetta un aereo per tornare in Italia. Con una storia in più da raccontare.