La musica è finita

Iniesta

Lo sapevamo già. Ma sentirselo dire fa sempre un certo effetto. Dopo 22 anni in blaugrana, 6 nelle giovanili e 16 in prima squadra, Andrés Iniesta lascia il Barcellona. Non il calcio perché, sebbene manchi ancora l’ufficialità, il futuro del giocatore è in Cina.

L’annuncio è arrivato nel pomeriggio. A dare la notizia lo stesso giocatore che, in conferenza stampa, ha comunicato davanti ai numerosi giornalisti presenti ed a tutta la dirigenza ed ai giocatori del Barça (tranne Suarez e Messi) la sua decisione. Tra le lacrime; non solo sue ma di tutti gli astanti. Una decisione “che è stata pensata, meditata, e poi ripensata e rimeditata”.

Non è mai facile capire quando è arrivato il momento di lasciare la scena. Ma i grandi giocatori, in genere, lo capiscono prima degli altri. E Andrés Iniesta, anche in questa occasione, ha dimostrato di essere il fuoriclasse che tutti conosciamo. A 34 anni ha visto prima degli altri, quelli che lo avrebbero voluto al Camp Nou ancora una stagione almeno, quello che i comuni mortali non riescono a vedere. Del resto non ha dovuto far altro che quello che ha sempre fatto: applicare la sua visione. Quella che in campo ha fatto le fortune del Barcellona e della Spagna se è vero che Don Andrés chiude la sua esperienza in patria con 31 (quasi 32) titoli conquistati con il Barça, tra cui 8 campionati spagnoli (più il nono in arrivo) e 4 Champions League, cui vanno aggiunti i trionfi con le Furie rosse ad Euro 2008 prima e poi soprattutto al Mondiale di Sud Africa del 2010 dove fu un suo gol a decidere la finalissima con l’Olanda. Un gol che lui ricorda così:

«Prima di colpire il pallone ho dovuto attendere che scendesse un po’. Se non avessi aspettato non avrei segnato. In quella frazione di secondo, la gravità ha fatto il suo dovere, e io il mio. Grazie Newton»

In questa affermazione è forse racchiusa tutta l’essenza dell’Andrés Iniesta giocatore e uomo. Persona creativa si, ma estremamente razionale. Un uomo che ha sempre abbinato all’innata dote di saper trattare il pallone un’intelligenza sopraffina. Del resto non è possibile raggiungere certi livelli e certi traguardi se non si riesce a trovare il giusto mix tra queste due componenti. Intelligenza dicevamo:

«Sono un tipo onesto, e voglio continuare a esserlo con me e con il club che mi ha dato tutto: non mi sento di poter continuare a offrire il rendimento che ho tenuto finora. È una questione di natura, di vita, il tempo passa e non ci si può fare nulla. Sto per compiere 34 anni, non mi perdonerei mai se non fossi in grado di dare qualcosa a questo club, e ora sta diventando sempre più difficile»

Lascia così un giocatore simbolo del Barcellona, dei successi blaugrana del nuovo millennio e del calcio moderno. Lascia così senza aver conquistato l’unico trofeo che manca nella sua bacheca; quel Pallone d’Oro che i suoi colleghi, nel 2010, decisero dovesse spettare comunque a Messi. Una decisione folle per stessa ammissione di France Football che quel premio lo ha istituito. Ma non serve piangere sul latte versato. Anzi, a dirla tutta Andrés Iniesta non lo ha mai fatto. Del resto lui è sempre stato un tipo intelligente. Uno che sa che non servono certi gingilli per passare alla storia.