E’ clamoroso quanto accaduto stasera all’Olimpico. Ai quarti di finale di Europa League ci va lo Sparta. Non che la cosa fosse impossibile, sia inteso. Ma alzi la mano chi si aspettava che la squadra di Praga potesse avere vita tanto facile a Roma. Quella che i cechi infliggono alla Lazio è una lezione di vita e non solo una semplice sconfitta. Perché lo 0-3 finale, maturato per altro già all’intervallo, è frutto della superbia e della infondata certezza di essere ancora la squadra figlia di una stagione, la scorsa, fortunosa e fortunata. Incarnazione evidentemente fedele dello spirito del suo condottiero, Stefano Pioli, che sceglie di giocarsi la partita che dovrebbe dare un senso ad una stagione nata sin da agosto sotto un cielo stracolmo di cattive stelle mandando allo sbaraglio una difesa che in questa stagione è uno straordinario esempio di come trovi applicazione la proprietà commutativa. Pur cambiando gli interpreti il risultato resta infatti sempre lo stesso: disastroso. Stasera è toccato a Bisevac e Hoedt. Ma non è questo il punto. Sarebbe invece opportuno approfondire perché mai un fruttivendolo che ha in mano due meloni marci anziché nasconderli decide di esporli in bella mostra. Nonostante l’1-1 dell’andata a Praga, da difendere con i denti, Pioli sceglie infatti di partire con uno schieramento spregiudicato con a centrocampo i soli Biglia e Parolo, che tutto sono tranne che mediani, e in avanti la solita frotta di trequartisti alle spalle di Klose. Non proprio l’ideale per affrontare una squadra chiamata a segnare almeno un gol per qualificarsi. A meno che non si sottovaluti l’avversario o non si creda troppo nei propri mezzi. Quale che sia la ragione si tratta comunque di un errore di presunzione che a certi livelli generalmente si paga a caro prezzo.
E di fatti, nonostante l’avvio sprint che regala immediatamente a Candreva l’occasione di portare i suoi in vantaggio, la serata di un Olimpico finalmente vestito a festa si trasforma presto in un incubo. E’ solo il 10′ quando lo Sparta passa in vantaggio. Bella azione sulla destra con triangolazione nello stretto che libera Zahustel al cross. La palla arriva tra Bisevac e Parolo che cincischiano. Krejici appoggia per Dockal che trova l’angolino basso alla destra di Marchetti. Due minuti ed il copione si ripete. Hoedt e Bisevac si fanno portare sull’esterno. L’olandese perde un contrasto con Jukis che si libera e crossa basso per Krejci che, a quel punto indisturbato, è libero di prendere la mira ed appoggiare di piatto sempre all’angolino. Le due azioni fotocopia, la seconda in particolare, con un mediano in campo si sarebbero probabilmente spente sulla linea laterale. O comunque, un incontrista avrebbe consentito ai centrali di tenere la posizione. Invece i terzini salgono, i trequartisti non scendono, di mediani non ce ne è e la Lazio è sotto 0-2 con due gol in contropiede quando l’orologio non segna neanche il quarto d’ora. Ci sarebbe tutto il tempo per salvare capra, cavoli e la faccia. Ma servirebbe almeno un gol per riaccendere la speranza. L’occasione, una delle poche, arriva al 26′. Candreva vince un duello in velocità sulla fascia ed una volta entrato in area mette al centro. Il velo di Keita è perfetto e Mauri si trova a tu per tu con Bicik. Un rigore in movimento che il brianzolo si fa respingere senza neanche impegnare più di tanto l’estremo difensore ospite. E’ l’unico concreto segno di vita di una squadra che ci prova ma senza troppa convinzione. Il giro palla è spesso lento e prevedibile e la difesa schierata dello Sparta non sembra fatta di sprovveduti come invece quella dei dirimpettai che al 34’ si fanno nuovamente sorprendere dalla giocata che almeno per una sera è il marchio di fabbrica dello Sparta. Il retropassaggio al limite stavolta trova, ovviamente sempre libero ed indisturbato, Dockal. La conclusione impegna Marchetti che però devia in angolo. Ci si aspetta il gol che riapra la partita. Del resto lo Sparta non sembra ostacolo insormontabile nonostante il doppio vantaggio (triplo se si contano i gol in trasferta). Ed invece al 43’ arriva il gol dello 0-3. Ennesima dormita della retroguardia bianconceleste che stavolta si prolunga oltre la prima occasione sciupata dagli ospiti. Il contro cross trova infatti ancora spettatori privilegiati del gol di Julis i soliti Hoedt e Bisevac. La ripresa prolunga solo quella che all’intervallo è già un’agonia. Il triplice fischio finale di Buquet fa calare il sipario sull’avventura europea della Lazio ed in generale su una stagione che può essere messa in archivio quando fuori è ancora inverno. In questa annata iniziata con la cocente delusione del preliminare di Champions League, la Lazio poteva salvarsi solo con lo spirito di gruppo. Quello spirito che, per stessa ammissione di Lulic che in zona mista a fine partita fa anche nomi e cognomi dei dissidenti, non esiste più. Cosa altro serve ad un allenatore per rassegnare le dimissioni?