Il Monaco di Leonardo Jardim, primatista in Francia e approdato di recente ai quarti di UEFA Champions League, si è ritrovato tra le mani un talento purissimo, uno di quelli destinati a riscrivere le leggi del gioco. Risponde al nome di Kylian Mbappé Lottin ed è la cosa più simile ad un giaguaro mai vista su un campo da calcio.
L’abbattimento del noioso monopolio offerto dal PSG da quattro anni a questa parte, in una Ligue 1 dalle distanze sempre meno polarizzate tra la vetta e il resto della classifica, sta avendo luogo grazie ad una realtà concorrenziale fresca e bilanciata, capace di ottimizzare al meglio le risorse all’apice di un lento processo di ricostruzione. Per comprendere il segreto del Monaco, ripartito nel 2011 dalla Ligue 2 sotto una nuova proprietà, basta una semplice analisi: la squadra del chairman russo Dmitrij Rybolovlev si muove in controtendenza rispetto a quanto avviene nei maggiori campionati continentali dove Juventus, Bayer Monaco e Chelsea guidano le classifiche grazie alle migliori difese dei rispettivi tornei.
Les Rouge et Blanc infatti possono vantare soltanto la quarta miglior difesa della Ligue One. Un’anomalia simile si registra anche in Spagna dove il Real Madrid pur mantenendo la testa subisce più gol di Atletico, Villarreal e Barcellona, con la differenza che, mentre i galacticos si contendono lo scettro di miglior attacco con i blaugrana (il gap è ridotto a 10 gol), i monegaschi non hanno neanche la parvenza di un rivale alla voce reti segnate in Francia. Sono 87 i gol prodotti in 30 giornate di campionato, ben 27 in più di quanto fatto dal PSG, per un avarage prossimo alle 3 realizzazioni a partita. Un bottino impressionante, peraltro distribuito equamente tra i giocatori di Jardim con il solo Radamel Falcao staccato a 16 reti, e destinato a infrangere quell’obsoleto dogma secondo il quale l’attacco vende i biglietti ma raramente assicura successi a lunga scadenza. Nel Principato l’attacco vende i biglietti, vince le partite e forse, scongiuri del caso, anche i campionati.
Mbappé è il secondo violino dell’orchestra, probabilmente per motivi anagrafici dato che è un classe ’98, ma l’ascesa nel calcio dei più grandi sembra già adesso una formalità. Nella stagione in corso è andato a segno 19 volte (12 in campionato, il resto ripartito tra Champions League e coppe nazionali) in 1671’ per una media di un gol ogni 87’. Ogni 81’ se si rileva il fatturato in regular season dove, in proiezione, Mbappé sigla una delle tre reti a partita messe a segno dal suo Monaco. A destare scalpore non è tanto la frequenza con cui va a bersaglio ma la qualità e la varietà delle realizzazioni, di fatto ancor più prodigiose se consideriamo che molti dei suoi coetanei sono ben lontani dalla star quality di cui Kylian gode a diciotto anni compiuti. Un talento precoce, si sa, genera paragoni altrettanto immediati e spesso piuttosto ingombranti. Per il nativo di Bondy, un piccolo comune nell’area metropolitana di Parigi, il termine di riferimento è Thierry Henry, storica bandiera dell’Arsenal e della nazionale francese. Tanti i punti di contatto tra i due, a cominciare dall’area geografica di provenienza, quella dell’Île-de-France, la regione che avvolge gli umori della capitale, fino ad arrivare ai trascorsi nella prestigiosa accademia dell’INF Clairefontaine.
Il 1998 come l’anno che unisce i destini: uno già sul tetto del mondo con la sua Francia, l’altro prossimo alla nascita. E poi il Monaco, una prima volta dolce in entrambi i casi: proprio Mbappé ha strappato a Henry il record di giocatore più giovane a segnare con il club del Principato, fissandolo a 17 anni e 62 giorni, sei mesi in meno di Titì. Parallelismi certificati tra l’altro da Arsene Wenger, tecnico e padre calcistico di Henry al Monaco e all’Arsenal: «Mbappé ha talento eccezionale, felino come quello di Thierry, con lo stesso sguardo sveglio, gli stessi movimenti. Ha un gran futuro davanti». Un futuro da dipingere all’insegna dell’emulazione e non dell’imitazione a detta di Kylian, alla ricerca di una rotta tutta sua: «I paragoni con Henry fanno piacere. Lui ha lasciato la sua impronta nella storia, io ho fissato un obiettivo ma non ho fatto ancora nulla, quindi non è corretto fare confronti. In ogni caso ognuno scrive la propria storia, e io non voglio fare copia e incolla con la sua».
Il destino del centravanti monegasco sembrava già segnato ancor prima di prendere forma. Mbappé è nato in una famiglia che ama e vive di sport: il padre è stato allenatore del Bondy, la squadra della sua città natale, la madre una famosa giocatrice di pallamano e il fratello, dopo una lunga esperienza nel Rennes, milita adesso all’Al-Nasr, il club saudita allenato fino a pochi anni fa da Fabio Cannavaro. Tanti i corteggiamenti una volta terminato il percorso di formazione a Clairefontaine, l’accademia sotto la giurisdizione della Federcalcio francese di cui Mbébé – questo il nomignolo con cui è conosciuto tra i compagni d’adolescenza – è il prodotto più recente e ambito. Hanno provato a strapparlo al Monaco il Manchester City, l’ultima vittima nelle rocambolesche notti europee, la concorrenza francese del PSG e il Real Madrid di Zinedine Zidane, seducendolo con la prospettiva di far coppia d’attacco con Cristiano Ronaldo, suo idolo d’infanzia. Bruciare le tappe sì, ma senza correre il rischio di bruciarsi anzitempo. Kylian Mbappé sfreccia veloce, ma vuole godersi il viaggio. Sorride quando pensa alle sfide post allenamento con i suoi amici. Lì centrare la traversa significava portarsi a casa una lattina di aranciata, adesso i suoi gol valgono oltre 100 milioni di euro.
Il bagaglio di soluzioni tecniche a disposizione di Mbappé non è vastissimo, ma i fondamentali in esso contenuti vengono eseguiti al massimo del loro potenziale. E’ un giocatore estremamente veloce, dotato di discreto controllo del pallone e di falcate lunghe e cadenzate che gli consentono di spiazzare il diretto marcatore senza andare mai fuori giri. Sa giocare come esterno offensivo facendo leva sulla tecnica in uno contro uno, o come unica punta, risultando praticamente letale quando c’è da correre in campo aperto. Mbappé è davvero la cosa più simile ad un giaguaro vista su un campo da calcio se consideriamo che “yaguar”, in lingua indios guaranì, significa “colui che uccide con un balzo”: si tratta dell’immagine più efficace per descrivere la rapidità con cui Mbappé riesce a convertire una situazione apparentemente innocua in uno scenario di morte. Basta un attimo e ci si ritrova con quattro canini saldamente piantati sulla giugulare.
Per Mbappé destro e sinistro non fanno differenza come ampiamente dimostrato, tanto per fare un esempio, nella vittoria interna del suo Monaco ai danni del malcapitato Metz dello scorso 11 febbraio: Kylian in quell’occasione ha realizzato tre dei cinque gol della sua squadra, firmando la prima tripletta in Ligue One, la seconda in carriera dopo quella rifilata al Rennes in Copa de Ligue a 17 anni e 359 giorni. Un giocatore così devastante a livello professionistico ha lasciato il vuoto intorno a sé in tutte le recenti competizioni giovanili: lo scorso anno ha condotto la Francia alla vittoria del mondiale Under 19 e la formazione giovanile del Monaco alla vittoria della Coppa Gambardella, siglando due gol nella finale dello Stade de France. Due successi portati a casa con enorme disinvoltura nonostante giocasse sotto età in entrambe le competizioni. Questione d’abitudine.
La prossima sfida è quella lanciata dal CT Didier Deschamps che ha diradato gli scetticismi sulla convocazione di Mbappé in nazionale maggiore, senza passare dall’Under 21, con un laconico “Il talento non ha età”. Anche con la maglia dei Bleus la competizione con Henry è un must: i 51 gol segnati dall’ex Gunner, primato finora imbattuto, sono il traguardo da raggiungere e superare. E sabato sera l’ennesimo record, quello di secondo più giovane ad esordire con la Francia: soltanto Maryan Wisneski nel lontano 1955 aveva fatto meglio debuttando a 18 anni e 95 giorni, 34 in meno di Kylian.
Kylian Mbappé non si pone limiti anche perché gode di un prezioso alleato. Il tempo è abbondantemente dalla sua parte.