L’andata di Juventus-Napoli, la prima semifinale di Coppa Italia è terminata 3-1, e con il passare delle ore ed il raffreddarsi degli animi si sono gradualmente smorzati gli strascichi dell’ennesimo evento calcistico italiano che non ha fatto parlare di sé per ciò che rappresenta, ma per tutta una serie di “distrazioni” dal gioco più bello del mondo che per gli appassionati rappresentano il lato oscuro del calcio, satellite impazzito che gravita intorno alle loro vite, the dark side of the moon. Lo scontro tra la squadra più efficace e la più gradevole da seguire in Italia ha offerto in realtà molti spunti di riflessione sovrastati ancora una volta da polemiche e dichiarazioni post-partita. Ma a noi che ambiamo ad essere esteti del calcio e a circondarci di bellezza piace ripartire dalle pietre più luminose, recuperandole come fossili che riemergono dalla terra delle reciproche accuse, praticando una sorta di revisionismo al rovescio.
C’è chi ancora legge le stelle
Tutti gli uomini che conservano il dono della vista possono ammirare le stelle, ma solo i più ispirati conservano il segreto della loro interpretazione. Massimiliano Allegri nel primo tempo ha schierato undici stelle in campo in un prudente 3-5-2, un ritorno al passato che ha privato i bianconeri del nuovo spirito di iniziativa che ha permesso loro di compiere il salto di qualità sul piano del gioco. Seguendo l’esempio dell’Atalanta il tecnico juventino ha provato a metter in difficoltà il Napoli aspettandolo e intasando gli spazi, lasciandogli l’iniziativa e subendo il primo gol della partita in questa fase tattica di gioco. Non gli è però mancato il coraggio di cambiare in corsa cambiando uomini e modulo di gioco passando al 4-4-2 ed inserendo Cuadrado. La mossa si è rivelata vincente: anche prima del rigore del 3-1 le statistiche sono nettamente favorevoli rispetto al primo tempo. Allegri ha così confermato di meritare il dono della vista, interpretando al meglio i segni emanati dalle sue stelle in una sera in cui potevano sembrare sfocate.
Esordio da grande
Per la prima volta dall’inizio della stagione, ovvero dal suo approdo in maglia azzurra, Marko Rog ha esordito dal primo minuto contro un avversario di rilievo, e l’ha fatto con grande personalità, senza far rimpiangere il sempre positivo Zielinski. Si è visto un giocatore completo, fisico, veloce, dotato tecnicamente e capace di incursioni con i tempi giusti. I 44 palloni giocati con il 90% di precisione ne sono un saggio numerico. Caratterialmente ancora sotto controllo (non si sono ancora sentite lamentele da parte sua nè dell’agente per le lunghe assenze dal campo), è il volto splendente del calcio napoletano, che con un ottimo mercato estivo si è aggiudicato con poco più di 40 milioni il centrocampo del futuro Zielinski-Diawara-Rog, dell’età media di 21 anni scarsi. Altro esordio accolto con piacere è stato il ritorno di Milik dal primo minuto dopo il cedimento del ginocchio, passato ai più inosservato a causa di una prestazione opaca. Ci vorrà tempo per ritrovare l’equilibrio mentale oltre a quello fisico.
Chi vuole gli errori arbitrali
Il lato oscuro del calcio però rimane presente e non si può ignorare. La conduzione di Juventus-Napoli è stata inadeguata per un palco scenico del genere. Senza avventurarsi in un pericoloso e sterile dibattito su chi abbia tratto vantaggio dagli errori arbitrali, non si può far finta che il signor Valeri abbia sbagliato la valutazione di tutti gli episodi decisivi del match. E’ molto triste che la Società Calcio Napoli abbia interrotto con improvviso impeto il silenzio stampa per esprimere lo sconvolgimento delle più profonde viscere a causa della direzione della gara, mentre noi ci chiediamo ancora quali siano le alternative tattiche allo spettacolare ma monotono 4-3-3 del Napoli di Sarri. Ed è altrettanto irrispettoso nei confronti di tutti gli arbitri del mondo trasmettere gli eventi sportivi in 3D con possibilità di rivedere replay da ogni angolazione quando non si dà la possibilità al direttore di gara di valutare in trenta secondi un’azione di gioco con la possibilità di interpretare la realtà, che non sarà mai oggettiva nonostante l’illusione di archiviarla in hard disk esterni, ma che può essere percepita e ricordata in associazione ad altri eventi simili. A questo punto viene da chiedersi chi davvero voglia gli errori arbitrali se non chi vieta all’arbitro di valutare le azioni osservandole una seconda volta con più precisione?