Tra poche ore, in occasione dei quarti di finale di Euro 2016, si ripeterà una sfida sportiva tra due nazionali che hanno dovuto spesso confrontarsi tra loro, arrivando spesso allo scontro. Italia-Germania è una partita che profuma di storia da lontano, dal braccio fasciato di Franz Beckembauer alla corsa in lacrime di Grosso, ogni generazione europea conta tra i ricordi più significativi delle competizioni per Nazionali almeno un momento proveniente da un incrocio tra azzurri e tedeschi. Il fascino di questo quarto di finale deriva, oltre che dai precedenti sportivi, anche dalla storia di due popoli che hanno subito reciproche contaminazioni ma non sono mai riusciti a piacersi fino in fondo, e le ripercussioni sul campo da calcio così come negli stadi sono tuttora evidenti.
L’ispirazione. Storicamente i popoli e le nazioni che hanno originato l’odierno stato della Germania hanno costantemente tratto ispirazione dal modello italiano, sia nella politica di governo che nel calcio. La prima fonte di ispirazione non poteva essere che l’impero romano, che con le sue celebri innovazioni e grandi conquiste ha influenzato e continua ad influenzare tutto il mondo, ma ciò è accaduto con significativa incisività tra i popoli germani, che dopo la caduta dell’impero ne hanno fatto rivivere il mito a partire dal nome, il Sacro Romano Impero Germanico, il quale dalla tradizione romana ha ripreso la simbologia, la religione cristiana e le mire espansionistiche. Lo stesso è accaduto molti secoli dopo con Adolf Hitler, il dittatore che ha fatto tremare il mondo ha sempre dichiarato di essersi ispirato dalle teorie di Benito Mussolini. Ciò si riflette anche nel calcio: la scuola italiana è stata la prima a fornire un’interpretazione tattica che si discostasse dallo spontaneismo pionieristico inglese e dalla sua successiva evoluzione, ribaltando il modulo 2-3-2-3 in un più controllato 3-2-3-2, dal quale il calcio tedesco ha attinto a piene mani, non a caso è una delle poche nazionali a reggere da sempre il confronto con gli azzurri quando si parla di equilibrio tattico.
Il carattere. Nonostante l’Italia sia stata spesso una fonte di ispirazione per i tedeschi i due popoli si sono spesso ritrovati ad essere nemici. Sia il Sacro Romano Impero Germanico, sia il Terzo Reich si imposero sugli stati della penisola riducendoli a sudditi (con l’eccezione del potere papale), così come era accaduto a ruoli invertiti secoli prima con l’espansione dell’Impero romano. Tutt’oggi i rapporti tra i due stati sembrano irrigiditi dalle diverse vedute sulle politiche di austerità. La differenza però è fondamentale: dagli imperatori germanici ad Angela Merkel, passando per la teoria dello spazio vitale della Germania nazista, l’obiettivo finale del popolo tedesco è sempre stata l’espansione, attitudine che si riflette pienamente quando si vede la nazionale tedesca avvolgere l’avversario come un fiume in piena, attaccando con tutti i reparti e su più fronti, quasi come se gli undici in campo sentissero di essere al centro della cartina geografica europea, e sgomitasse per affermare i propri spazi nel timore di rimanere schiacciati dalle grandi potenze confinanti. L’Italia al contrario dopo la grande esperienza dell’antica Roma ha sempre dovuto fare i conti con gli invasori, grande centro di interesse per via della posizione strategica al centro del Mediterraneo, e di conseguenza ha sviluppato l’istinto dell’autodifesa. Anche durante il fascismo il prevalere sugli altri popoli era sfociato nell’autarchia, ovvero nell’autosufficienza, tanto è vero che i pochi tentativi di conquiste di quel periodo hanno sortito i principali effetti da punto di vista della propaganda, essendosi rivelati una disfatta sul piano economico. Non per niente si parla di catenaccio all’italiana, e il gioco espresso da Conte, determinato ed incisivo ma sempre molto bilanciato (come già osservato da note firme della stampa italiana) non è che una sua moderna evoluzione.
L’organizzazione. Su questo fronte si notano le differenze più profonde tra due diverse mentalità. L’Italia è sempre stata una nazionale unita nello spirito, pronta a combattere, ma in fase offensiva si è sempre affidata al talento e all’iniziativa dei singoli ed uno degli esempi più recenti è il Mondiale del ’94: l’Italia di Sacchi esprimeva un calcio teorizzato all’esasperazione, ma le partite venivano puntualmente risolte dalle scorribande di Roberto Baggio. Fantasia significa anche innovazione, da Pozzo a Sacchi gli allenatori italiani sono sempre stati i più originali, e anche oggi siamo l’unica Nazionale ad Euro 2016 che si schiera con tre difensori centrali. Le scarse capacità organizzative hanno sempre spinto l’individuo italiano a trovare un coniglio da tirare fuori dal cilindro consumato, questione di sopravvivenza. Al contrario ai nostri rivali teutonici si deve riconoscere una grande dote organizzativa, osservando la Germania giocare sembra quasi di vedere una forza unica che si sposta per il campo cambiando forma ma non dimensione, spingendo questa caratteristica quasi all’eccesso e rischiando in alcuni appuntamenti di perdersi dentro le regole della comunità dimenticandosi l’importanza dell’obiettivo finale, ovvero il tiro in porta e il gol.
Italia-Germania è questo ed altro: per ora la storia, utilizzando come parametro il benessere nazionale, ha dato ragione ai tedeschi, il calcio agli italiani. Questa, come le prossime partite e i prossimi dati sull’occupazione interna, ci diranno se gli equilibri saranno sovvertiti o se la storia continuerà, tra dibattiti e calci ad un pallone, a mantenere invariati gli equilibri degli ultimi secoli.