Scintille in questa prima parte di Liga. Tra un Barcellona che sembra arrestabile ed un Real Madrid che complice il periodo di appannamento di Cristiano Ronaldo si ritrova ad inseguire dopo un avvio balbettante, a rubare la scena è senza dubbio l’incredibile inizio di stagione del Valencia di Marcelino.
Un exploit che risalta considerato che nelle ultime tre stagioni il rendimento de los Xotos è stato piuttosto altalenante. Complice il caos susseguente l’approdo al Mestalla del magnate singaporiano Peter Lim, il classico self made man che ha costruito le sue fortune nel campo immobiliare accumulando negli anni, secondo la rivista Forbes, un patrimonio pari a circa 1,5 miliardi di dollari che gli valgono ad oggi la presenza nella top 700 degli uomini più ricchi del globo. Insomma, uno che sa decisamente come si producono e gestiscono soldi ma che, evidentemente, ha trovato più di qualche difficoltà ad applicare le sue teorie al calcio.O quanto meno a trovare il giusto management cui affidarsi. A partire dalla panchina dove, dal 2014 ad oggi, si sono alternati ben 5 allenatori compreso il nostro Cesare Prandelli che ha salutato tutti dopo appena tre mesi.
Con il sesto della lista, Marcelino per l’appunto, la situazione sembra essersi finalmente incanalata sul binario giusto. Dopo una stagione, quella successiva all’addio dopo tre stagioni e mezza al Villareal, passata ad aspettare una chiamata, la dirigenza valenciana, oggi guidata nientepopodimeno che da Mateu Alemany, ovvero l’ex presidente del Mallorca che portò alle Baleari una Copa del Rey oltre che un certo Samuel Eto’o, ha deciso di scommettere fortemente sul cinquantaduenne di Villaviciosa. Una scommessa che sin qui si è rivelata vincente.
Dopo 9 giornate lo score del Valencia recita 6 vittorie e 3 pareggi arrivati nel derby col Levante e contro le due madrilene. Un bottino che vuol dire secondo posto in solitaria a +1 dal Real Madrid e -4 dal Barcellona capolista. Merito di una rosa giovane, profonda e soprattutto affiatata, in grado di produrre un calcio propositivo (quello del Valencia è il secondo attacco del torneo con 25 reti all’attivo). A volerla dire tutta, qualche falla e soprattutto qualche blackout di troppo condizionano eccessivamente la fase difensiva; sono infatti 10 le reti sin qui subite. Ma in questa parte del campionato c’è decisamente ancora spazio per migliorarsi e poter crescere.
Dopo due dodicesimi posti consecutivi c’era bisogno di nuove idee e Alemany ha saputo ascoltare le richieste di Marcelino: ringiovanimento della rosa (l’età media attuale è 25 anni), motivazione e cessioni mirate. E’ così che sono stati salutati Negredo, Diego Alves, Abdennour, Pablo Piatti, Nani, Joao Cancelo, Siqueira e Mangala ed al loro posto è arrivata gente con tanta voglia di rivalsa. Simbolici in tal senso gli ingaggi di Murillo e Kondogbia, tanto criticati durante le loro esperienza in nerazzurro e ora perni rispettivamente di difesa e centrocampo dei pipistrelli e proiettati verso il mondiale di Russia 2018.
Sullo stesso filone anche l’arrivo di Neto, stanco di fare il secondo a Buffon in quel di Torino e finalmente in campo con estrema continuità (contro il Betis ha persino parato un rigore a Pedro Leon). Per quanto riguarda i giovani invece sono arrivati in prestito Gonçalo Guedes e Andreas Pereira, rispettivamente da PSG e Manchester United: una scelta dettata dalla volontà di mostrare al mondo le proprie doti senza subire le eccessive pressioni che le piazze base probabilmente creano. I due ragazzi si stanno rivelando elementi fondamentali sulle corsie esterne. Così come fondamentale è anche l’idolo di casa Carlos Soler, lanciato nella mischia la scorsa stagione e oramai titolare inamovibile. Ancora poco adoperato ma sicuramente interessante anche il serbo Nemanja Maksimovic, mentre i giovani locali Nacho Vidal e Toni Lato cercano di ripercorrere le orme del già citato Soler nelle proprie corsie difensive, mostrando ancora una volta la potenza del settore giovanile dei pipistrelli. A completare questa rassegna degli acquisti estivi troviamo infine Fabian Orellana, non giovanissimo ma certamente giocatore d’esperienza (serve anche questo), il difensore Gabriel Paulista e, soprattutto, il riscatto dalla Juventus del nostro Simone Zaza. Che in Spagna sembra rinato a nuova vita.
Le poche gare a disposizione nella scorsa stagione sono bastate al numero 10 per convincere il Valencia a trattenerlo. Un esborso importante quello sostenuto dagli spagnoli che, tuttavia, stando ai numeri di questo inizio stagione, si sta abbondantemente ripagando. Sono infatti già 8 le reti messe a segno nei 694 minuti disputati da Zaza nelle prime 9 giornate di campionato. Una media di un gol ogni 87′ minuti di gioco. Decisamente niente male. Sicuramente un chiaro messaggio a Giampiero Ventura in vista degli spareggi mondiali: il rigore contro la Germania pesa ancora, ma le prestazioni attuali (Zaza è stato eletto miglior giocatore di settembre in Liga) sono decisamente troppa cosa per rimuginare sulle vicissitudini passate.
Questo Valencia ha il giusto mix di qualità, quantità ed esperienza, come ricorda la presenza in rosa di Ezequiel Garay; è una squadra costruita alla perfezione per interpretare il 4-4-2 marceliniano. Fino allo scorso anno si diceva che in casa Valencia regnasse il caos più totale. Stando a quanto stiamo assistendo in questa prima parte di stagione, sembrerebbe che Marcelino abbia spianato le macerie per ricostruire da zero il tutto con un lavoro meticoloso e di altissimo livello. Che fa sognare i tifosi tornati nel frattempo in massa a riempire il Mestalla.
Il gap con il Barcellona e le madrilene non sembra incolmabile; e comunque basterà lottare per il quarto posto per potersi ritenere soddisfatti. Una volta eguagliato Espirito Santo, servirà alzare l’asticella. Ma per questo c’è ancora tempo. Tempo che dovrà essere impiegato per seguire un programma di sviluppo ponderato che eviti di far ricadere il club nel caos dell’ultimo triennio. Anche perché il programma che sembra avere nei giovani il suo fulcro. Soprattutto quelli fatti in casa. Ad oggi infatti sono ben 6 i giocatori della prima squadra che provengono dal settore giovanile. Il ciclo d’oro del Barcellona è cominciato proprio così.