Il giorno in cui mi sono innamorato di Steven Gerrard

Sarò sincero. Non sono mai stato un ammiratore di Steven Gerrard. Non è uno di quei giocatori che ritengo unici nel loro genere, nel loro modo di stare in campo. Ho sempre apprezzato la sua disciplina, il rigore tattico, lo spirito di sacrificio. Ma l’ho sempre considerato un centrocampista english style. Uno di quelli che ti sembrano tanto bravi perché sanno tenere botta con nonchalance alla fisicità ed ai ritmi della Premier. Uno di quelli che alla gente piace perché hanno una storia figa alle spalle. Perché magari sono diventati bandiere del club per il quale facevano il tifo sin da bambini. Insomma, uno di quelli che hanno tutti gli elementi per essere etichettati come fuoriclasse. Ma non da me.

Ecco, Steven Gerrard non è uno di quei giocatori che personalmente considero un fuoriclasse. Cristiano Ronaldo lo è. Cristiano Ronaldo è uno di quelli che trascina il Real Madrid e che si carica il Portogallo sulle spalle per fargli vincere un Europeo. Leo Messi invece è uno di quelli che la classe ce l’ha nel DNA. Ma non è un trascinatore. Il Leo Messi dell’Argentina non è mai stato del resto il Leo Messi del Barcellona. Per me Messi non è un fuoriclasse. Lo sono invece Pirlo e Veron, per tornare in tema di centrocampisti. Due con il calcio che gli scorre nelle vene. E sono anche due leader. Silenziosi magari. Ma non c’è bisogno di alzare la voce per essere leader. A volte basta anche solo uno sguardo. Roberto Baggio. Roberto Baggio è un fuoriclasse. Roberto Baggio è uno di quelli che trascina da solo le squadre. Vedi la Nazionale di USA ’94. Vedi il Brescia od il Bologna. Roberto Baggio è quanto di più puro vi sia stato dopo Diego Armando Maradona.

Steven Gerrard è invece uno che tolta l’incredibile notte di Istanbul non ha mai veramente sfiorato l’olimpo dei fuoriclasse. E’ uno di quelli che ha probabilmente conosciuto più sconfitte che momenti di gloria. Più bassi che alti. Uno di quelli che non si è mai veramente capito se fosse carne o pesce. Uno di quelli che, appreso che si ritira ufficialmente, ti lascia col dubbio se alla fine nella sua carriera abbia o meno espresso per intero il suo potenziale. E tanto mi basta perché per me Steven Gerrard sia un’incompiuta. Uno che in coppia con Lampard sembrava destinato a dover spaccare il mondo e fare l’Inghilterra  great again. Sembrava, appunto. Uno che dice di aver scelto il Liverpool a vita e che alla fine però non capisci mai se si è trattato di una scelta di cuore o di una scelta di convenienza. Perché essere Gerrard a Madrid non è forse facile quanto esserlo nel Merseyside. Perché altrimenti non ci vai a giocare a Los Angeles. Neanche fossero tre mesi (o due anni). Perché Gerrard è uno che a pallone ci ha sempre saputo giocare, per carità. Ma è uno di quelli che non mi ha mai tolto il fiato come invece hanno fatto i lanci di Veron o le invenzioni di Pirlo. Insomma, non sono mai stato un amante dello Steven Gerrard calciatore.

Gerrard_Liverpool

Ma ho sempre apprezzato lo Steven Gerrard uomo. Lo Steven Gerrard che mai ha detto una parola fuori posto anche quando avrebbe voluto e forse potuto. Ho apprezzato lo Steven Gerrard simbolo di un popolo, quello del Liverpool, che in lui ha sempre visto le qualità del condottiero. Quelle qualità che magari fuori non tutti vedono ma che solo i tifosi del tuo stesso club sono veramente in grado di apprezzare. Ho apprezzato e mi sono emozionato con lo Steven Gerrard che ha raccolto con le lacrime agli occhi il saluto di un Anfield completamente vestito a festa e solo per lui.

Ma c’è un giorno in cui la mia percezione di Steven Gerrard è mutata. Il 27 aprile 2014. Il giorno in cui con una scivolata maldestra contro il Chelsea consegnò al City un titolo che la Liverpool Reds attendeva da oltre venti anni. Il giorno in cui scopri che gli eroi sono vulnerabili e allora cominciano a farti simpatia. Da quel giorno mi sono innamorato di Steven Gerrard. Della sua capacità di non rimanere in ginocchio e di rialzarsi. È quello il giorno in cui ai miei occhi Steven Gerrard è diventato un campione. Del resto non tutti devono per forza essere fuoriclasse.