Non c’è pace per Mohamed Salah. Il giocatore del Liverpool è finito nuovamente alla ribalta per questioni che poco hanno a che fare con il calcio giocato. Nelle ultime ore da Israele è infatti rimbalzata una notizia rilanciata dal Jerusalem Post che vorrebbe l’egiziano sul piede di guerra con i Reds qualora la società dovesse ingaggiare, come sembra imminente, il giocatore del Salisburgo Munas Dabbur.
Nessuna ruggine calcistica ovviamente. Piuttosto una (presunta) questione di religione. Secondo la testata infatti Salah avrebbe chiesto alla dirigenza del Liverpool addirittura la cessione qualora dovesse essere finalizzato l’acquisto dell’israeliano Dabbur che, stando ai rumors di mercato di queste settimane, dovrebbe sbarcare sulle rive del Mersey se non già questo gennaio sicuramente il prossimo giugno. Il motivo sarebbe da ricercare nell’acredine geopolitica-religiosa tra egiziani ed israeliani.
L’entourage di Salah si è affrettato a smentire con decisione la notizia e lo stesso giocatore non sembra essere stato disturbato più di tanto dal tam tam mediatico che è seguito all’articolo del Jerusalem Post se è vero che l’egiziano ha lasciato la sua firma (dal dischetto) anche nel poker rifilato dal Liverpool al Newcastle che ha consentito alla squadra di Klopp, complice il secondo inaspettato stop del City, di allungare in vetta alla Premier League.
Resta però il fatto che non è la prima volta che Mohamed Salah si ritrova al centro delle polemiche politico-religiose che vedono coinvolti egiziani ed israeliani. Un precedente noto risale ai tempi della militanza dell’ex giocatore della Roma nel Basilea. All’epoca, infatti, in occasione del match di qualificazione alla Champions League contro gli israeliani del Maccabi Tel Avi, Mohamed Salah non partecipò al cerimoniale di saluto tra giocatori di inizio gara andando casualmente a sostituire gli scarpini a bordo campo. Così come, in occasione del match di ritorno, prima chiese al Basilea di essere esentato dalla trasferta e poi, difronte al diniego del club, partecipò alla gara ma anziché stringere la mano ai suoi avversari prima del fischio di inizio si limitò a rispondere al saluto con un fugace pugno.
Comportamenti che stridono con l’immagine che Momo Salah ha dato di se in Europa. Un’immagine che, come scriveva The Independent qualche tempo fa, è quella di un modello di Islam moderno e gentile che ha aiutato soprattuto in Inghilterra a rimettere in discussione l’isalmofobia radicatasi dopo gli attentati che hanno colpito Londra e Manchester.
Il fatto è che Momo Salah per gli egiziani è uno di loro. E questo vale tanto per il popolo quanto per il regime di Al Sisi che recentemente ha tuttavia messo sotto la lente di ingrandimento il funambolo del Liverpool come spiegato bene in questo articolo del Internazionale dello scorso giugno.
L’impressione in realtà è che, smentite di rito a parte, Salah debba ancora capire bene da che parte stare. Se continuare a lavorare per far parlare il campo ed alimentare l’immagine disegnata da The Independent oppure continuare a cedere di tanto in tanto ad ammiccamenti verso certi populismi che, da qualunque parte la si guardi, alla lunga potrebbero portare l’egiziano dalle stelle alle stalle.