Ai proclami di Zlatan Ibrahimovic siamo quasi tutti abituati. L’unico dubbio che nessuno è mai veramente riuscito a sciogliere è se si tratti di ironia sottile, di voglia di provocare o di reale presunzione. Quel che invece è certo, seguendo le cronache di queste ultime ore, è che a quanto pare in Svezia hanno ormai le scatole piene di certe esternazioni del campione di Malmö.
La premessa è nota. Zlatan Ibrahimovic, annusata la possibilità di partecipare all’ultimo Mondiale dopo la clamorosa (e per noi dolorosa) qualificazione della Svezia a Russia 2018, ha preso armi e bagagli, salutato Manchester dove ormai era solo poco più che un comprimario, e si è accasato nella Major League Soccer americana tra le fila del LA Galaxy. L’esordio a stelle e strisce con il botto, doppietta con un gol praticamente da centrocampo, ha certificato la completa guarigione dello svedese dall’infortunio patito la scorsa stagione; la rottura del legamento crociato anteriore e posteriore che sembrava aver scritto la parola fine sulla carriera di Re Zlatan.
Che invece, con la forza di un leone (non a caso il suo compagno nel video di presentazione ai tifosi del LA Galaxy), ha saputo reagire, e questa non è certo una novità, e tornare in campo a fare il suo mestieri: segnare gol. Quello che Ibrahimovic vorrebbe ora fare anche la prossima estate in Russia con la maglia della sua Nazionale. Solo che contrariamente a quanto avvenuto in passato, dove Ibra per il popolo svedese era considerato leader e simbolo indiscusso della selezione gialloblu, ora il paese è spaccato in due: da una parte chi vorrebbe l’ex giocatore, tra le altre, di Juventus, Inter e Milan in Russia; e chi invece ritiene che l’epopea di Zlatan sia ormai giunta al termine. C’è un problema però.
Ovvero che questa seconda fazione trova schierati anche i giocatori della nazionale svedese. Quelli, per intendersi, che il Mondiale di Russia se lo sono sudato sul campo. Quelli, sempre per intenderci, che Ibrahimovic ha ridimensionato nel momento massimo di euforia generale, quello successivo alla vittoria nello spareggio con l’Italia, spiegando che, nel vangelo secondo Ibra, qualificarsi ad un Mondiale non vale niente.
Solo che da qualche parte del vangelo secondo Ibra deve anche esserci scritto che, una volta ottenuta la qualificazione al Mondiale, non parteciparvi sarebbe un vero peccato. Per cui, una volta raggiunta la calda California, Zlatan ha deciso per un repentino cambio di opinione. O meglio, ha preso una posizione alla Ibrahimovic.
Secondo Zlatan, infatti, non è Ibrahimovic ad avere bisogno del Mondiale; è il Mondiale ad avere bisogno di Ibrahimovic. Andersson, dunque, sa cosa fare. E se anche il c.t. avesse qualche dubbio, Ibra ha fatto chiaramente capire che conosce bene quali leve muovere affinché se Maometto non va alla montagna è la montagna ad andare da Maometto. Difficile interpretare diversamente il suo “Se voglio vado in Russia”. Come fare ora? C’è veramente spazio per il ritorno in Nazionale del figliol prodigo? Leggete le dichiarazioni a Main Opposée di Karl-Johan Johnsson, portiere del Guingamp e secondo portiere della selezione svedese, e traete da soli le vostre conclusioni.
“Zlatan è un individualista, sia fuori che dentro il campo. Noi invece ora siamo un gruppo unito senza di lui. È Andresson che decide se verrà convocato o no, non io. Ma posso dire che ci siamo qualificati senza di lui”