Sarebbe stata una vittoria di rigore, s’è tramutato nell’ultimo atto dello Jurić-ter. Per chi si fosse perso frettolosamente Genoa-Entella, c’è tantissimo da recuperare: sei gol in 120′, traverse e parate super, la lotteria del dischetto e Gianluca Lapadula a firmare l’errore decisivo per il club più antico d’Italia. In un Ferraris gelato, e non solo perché infreddolito da una tramontana fetente – nel momento in cui il vento ha deviato in porta il vantaggio dell’Entella, una parabola discendente quanto beffarda partita dal destro di Icardi e che ha terminato la sua corsa proprio sotto il sette destro della porta difesa da Federico Marchetti – il Grifone va sotto, pareggia, subisce un colpo da potenziale ko a sette minuti dal gong, riesce a portarsi sul 2-2, segna il 3-2 e subisce ancora una volta l’offensiva dei chiavaresi. Rigori, sorte beffarda, sbaglia Bessa ma Marchetti ne para uno, poi alle 20:46 dal dischetto c’è Gianluca Lapadula col suo bagaglio di promesse da mantenere. Una lunga lista, 11 milioni da ripagare e i migliori anni di carriera alle porte, per un 28enne che nelle intenzioni iniziali sarebbe dovuto esser titolare e stella di un Genoa opaco. Il morale della favola è che Lapadula calcia centralmente e il portiere della piccola Virtus Entella para la conclusione. Finisce lì, i chiavaresi andranno a giocarsi gli ottavi di Coppa Italia contro la Roma. Il Genoa sprofonda nel baratro.
La questione Lapadula
Lapadula era finito nella lista dei cattivi da tempo immemore. In estate il Grifone aveva compiuto un gran restyling in attacco, ben quattro volti nuovi (Piątek, Kouamé, Favilli e Dalmonte) e due conferme, Medeiros e Pandev. L’esplosione del pistolero di Dzierżoniów aveva ridotto sensibilmente le residue chances di Lapadula affinché potesse quantomeno sperare in un rilancio. In estate lui e Galabinov parteciparono al ritiro, per un certo periodo il Genoa aveva nove attaccanti in rosa, poi il bulgaro fu messo fuori dal progetto tecnico ma Lapadula restò in bilico, senza una precisa connotazione. Abulico, s’era allenato, poi in autunno aveva dato segni di vita: l’8 settembre giocò al Moccagatta un’amichevole contro l’Alessandria, il Grifone vinse 0-4 ma di Lapadula non vi fu traccia. Il 15 ottobre, a Ballardini esonerato, il numero 10 segnò una tripletta in partitella lanciando un messaggio a Ivan Jurić – che paradossalmente non aveva potuto contare su di lui l’anno prima – per una sorta di monito. Un po’ come dire: «Voglio ripagare la fiducia, un anno dopo. Te lo devo». Lapadula però, ai margini della rosa e con un possibile trasferimento nel mercato invernale che lo conduca lontano dalla Lanterna, è stato gettato nella mischia per 8′ contro il Torino. Lasso di tempo breve, giusto per tentar l’assalto finale col Genoa ridotto in 10 (dal 26′, per l’espulsione di Romulo), capace di andare in vantaggio (Kouamé al 37′) ma di subir la rimonta granata (Ansaldi al 47′ pt, Belotti al 50′ pt).
In quell’occasione Lapadula, pur avendo giocato poco, era riuscito ad attirarsi l’odio da parte del tifo per una maglietta lanciata nel post partita. Un gesto di frustrazione, scrisse la stampa. Oltraggio nei confronti della maglia del club più antico d’Italia, sentenziavano i tifosi. Quello che nessuno ha scritto è la verità, spiegata dallo stesso Lapadula via social: «Non era un gesto polemico verso la panchina del Genoa. Ho pubblicato questo post perché la situazione credo sia sfuggita di mano. Prima di essere un professionista, sono un uomo e certi gesti non mi appartengono. Non ho mai lanciato una maglia con disprezzo, sono orgoglioso di indossarla e voglio pensare che i commenti cattivi della gente siano stati d’impulso, perché chi mi conosce anche solo un po’ è consapevole che non l’avrei mai fatto». La maglia in realtà è stata regalata a Gianluca Candrilli, amico di Lapadula costretto a smettere di giocare a calcio in seguito a un incidente. Così, nella città natale dell’attaccante del Genoa, il numero 10 rossoblù a fine partita l’ha promessa e concessa all’amico.
Prima di Genoa-Entella
Ieri mattina, La Gazzetta dello Sport stilava una lista di cinque giocatori in cerca di riscatto. Cinque volti, ognuno dalla storia particolare: il rimandato Marchetti, lo sconosciuto Lisandro Lopez, il bocciato Esteban Rolón, con il contagocce Medeiros, il fantasma Lapadula. Cinque titolari in una serata cupa, preparata frettolosamente con la testa a domenica, quando al Ferraris sarebbe arrivata la Spal per l’uscita da un ciclo di due partita (la prima delle quali proprio era la sfida di Coppa Italia contro la Virtus Entella). Addirittura Tuttosport scriveva che le due partite avrebbero avuto una connotazione fondamentale perché vincendole entrambe Jurić avrebbe risollevato squadra, morale e la sua panchina. Non è stato così, pesa pensare che il croato di Spalato abbia fallito al primo appuntamento. Un mini-derby, ligure, con Miguel Veloso che aveva ammonito: «Siamo tutti consapevoli che ci sarà da sudare, nel calcio non si può mai dire ma ci stiamo avvicinando con lo spirito giusto alla partita di Coppa Italia. Dovremo stare attenti e, nel caso, avere pazienza. L’Entella è certamente una buona squadra e in Serie C è solo di passaggio». Avvertenze non considerate.
Sarà 3-4-1-2 dicono, con Iuri Medeiros piazzato dietro a un simbolico duo offensivo. Il numero 9 è Krzysztof Piątek, ariete rivelazione di quest’inizio di stagione. Contemporaneamente capocannoniere di Serie A e Coppa Italia, il polacco parrebbe esser stato schierato proprio per fargli aumentare le voci alla casella dei gol realizzati. In campionato era partito col botto, estraendo pistole dal fodero con una continuità disarmante: 9 reti nelle prime 7 gare, dalla 2° all’8° giornata per via del rinvio causa crollo di Ponte Morandi del primo turno di campionato. Aveva sì perso progressivamente splendore – alcuni hanno dato la colpa a Jurić, reo di averlo schierato più lontano dalla porta rispetto a Ballardini – ma di fatto Piątek è quasi rimasto a secco nelle 7 gare col croato in panchina, segnando solo su rigore nel derby della Lanterna. Ciononostante la sua media resta di altissimo livello, 10 reti in 14 gare di Serie A al primo anno in Italia. Al suo fianco il numero 10, Gianluca Lapadula, italo-peruviano, guerriero inca e Willy Wallace, che lo scorso anno arrivò con le stigmate del nuovo Cholito Simeone ma fu risucchiato in un unicum di circostanze avverse: etichettato frettolosamente come scarso, fu messo ko da una fascite plantare pregressa e da problemi al ginocchio patiti nella palude di Udine il 10 settembre 2017, poi rientrò, Jurić fallì miseramente e patì con l’esonero la sconfitta per 0-2 nel derby del 4 novembre successivo contro la Sampdoria. In quell’occasione un suo maldestro tentativo di rovesciata fu estremizzato ed eletto a fotografia della sconfitta. Arrivò Ballardini e Lapadula finì nel dimenticatoio.
La partita, Genoa-Entella
Tornato in campo per la prima volta dall’inizio in questa stagione, dopo 8′ finali a Torino contro i granata (altra sconfitta, 2-1), Lapadula era il vero uomo atteso. Partono forti i biancazzurri, la Virtus Entella relegata in Serie C dopo aver giocato un paio di partite in Serie B per via del caos legato alla cadetteria nostrana. Il portiere ospite Andrea Paroni sarà protagonista, dirà di no in sequenza a Pedro Pereira e Lapadula, poi però al 20′ un eurogol di Icardi cambierà i binari della gara. Un destro a giro perfetto della mezzala ex Catanzaro, prima della raffica genoana durata 1′: al 26′ Piątek a impegnare il portiere ospite, un minuto dopo lo stesso numero 9 strattonato in area di rigore. Rincorsa breve e gol, ripetizione della modalità con cui era andato a segno nel derby. Così il Grifone spingeva sull’acceleratore: sebbene una mediana sperimentale tutt’altro che perfetta, Omeonga spaesato e Rolón impalpabile, Medeiros provava ad accendere la miccia con una giocata delle sue, accentramento e sinistro a giro (34′). Ancora brividi per l’Entella, Romulo e Piątek alla ricerca di un gol che non arriva mai, un po’ come Godot.
Lapdula apriva troppo il mancino (62′), Pandev per poco non centrava lo specchio anziché concluder fuori (63′). Genoa a trazione anteriore, uscito Medeiros per far spazio al macedone, terza punta dopo Piątek e Lapadula, anche se l’occasione più nitida in quel frangente sarebbe capitata a Romulo (80′). Porte girevoli, Miguel Veloso in campo (82′) e la doccia fredda: Crialese per Danny Mota, cross al centro e doppietta di Simone Icardi su cui non ha funzionato la marcatura di Lisandro Lopez. Poco tempo per gioire, altro peccato d’inesperienza dei chiavaresi e all’85’ secondo calcio di rigore fischiato in serata dall’arbitro Marini di Roma. Piątek dal dischetto implacabile, peccato che al 93′ il polacco calci di prima intenzione non centrando lo specchio per poco. Sarebbe stata partita conclusa, invece ecco lo spettro dei supplementari realizzarsi. Ancora e solo Piątek, one man show, traversa piena colpita al 93′ su assist di Veloso, poi anche Marchetti in serata particolarmente fruttuosa, a deviare in corner un pallone calciato dal neo entrato Paolucci e deviato da un compagno oltre che forse dal vento. Pericolo scampato (101′). Ripartiti, al 109′ ecco il terzo rigore della serata: atterrato Pandev da Baroni, dagli undici metri Lapadula. Un remake del rigore segnato dal numero 10 contro il Benevento il 23 dicembre 2017, al 92′. Cambio di rigorista, esultanza con maglia tolta e bacio al Grifone. Poco importa l’ammonizione, è un modo per mostrare di tenere al Genoa e soprattutto dire addio alle polemiche della maglia lanciata a terra – come detto, non veritiere e assai ingenerose – e allo stesso tempo lanciare un messaggio chiaro di riappacificazione. Poi un’altra esultanza, mani alle orecchie come a dire «Più forte, non vi sento». Finita qui? Macché. Entella mai alle corde, nonostante crampi e svantaggio, occasione per Mota una volta aggirato facilmente Lisandro Lopez (115′), poi il finimondo. Al 120′ Paroni salvava il risultato dicendo di no a una nitida chance capitata a Goran Pandev, poi al 121′ Piątek col destro centrava il palo raddoppiando il numero di legni colpiti nella medesima serata, infine un lancio lungo per Icardi – ritenuto colpevolmente innocuo – s’è tramutato nell’assist decisivo per la zampata di Adorjan a firmare il 3-3, al minuto 122′. E i rigori. E gli errori. Ultimo, tra tutti, quello proprio di Lapadula. Ironia della sorte.
Dopo Genoa-Entella
Nove a dieci. Paradossale sequenza numerica, sintomo inequivocabile di una partita infinita. Rigoristi a dismisura, tiri dal dischetto a oltranza, gli spettri di un Genoa-Alessandria in clima di contestazione. Non più Gasperini sulla graticola, ma il suo allievo Ivan Jurić: contestazione che c’è stata, diretta a un mister mai digerito (il croato), solo considerato neutro dopo il pareggio nel 117° derby della Lanterna contro la Sampdoria – in cui i tifosi avevano applaudito la prestazione gagliarda messa in mostra dal Grifone – mentre per il resto è rimasta la grande affezione del pubblico genoano nei confronti di Davide Ballardini. Niente da fare, la panchina di Jurić è saltata nel modo più assurdo: stando alla ricostruzione di Lino Marmorato, già sull’1-1 sarebbe arrivata la decisione di esonerare il mister croato. Allora la moglie di Jurić avrebbe mostrato i comunicati delle varie agenzie di stampa sul telefonino, un esonero arrivato prima ai media e solo dopo comunicato all’allenatore. Jurić uscito dagli spogliatoi, neppur passato dalla sala stampa. Borsa mollata per terra, corsa negli spogliatoi inseguito dal fido vice Ostojic. Dieci minuti dopo l’uscita dagli spogliatoi, sguardo abbattuto, qualche stretta di mano e pochi abbracci.
Il Genoacercava la vittoria numero 100 in Coppa Italia, Jurić la numero 10 in 52 partite (numeri che in campionato hanno proiettato il croato come peggior allenatore di sempre). Poche gioie, le reti rispettivamente numero cinque e sei in Coppa Italia per Piątek. Tre calci di rigore concessi con inesperienza dalla Virtus Entella, che probabilmente ha patito la doppia categoria di separazione coi rossoblù. «Ho sbagliato a calciare il rigore alla fine, ho sbagliato le due occasioni durante la partita. Non so nulla dell’arrivo di Prandelli. Sono qui per assumermi le mie responsabilità» avrebbe detto Lapadula. Triste, in tutto questo, pensare che sia stato lui a metter la parola fine sul terzo corso di Ivan Jurić. E Cesare Prandelli è atteso questa mattina a Pegli per allenare la squadra, malgrado fino alla tarda serata di ieri non vi siano stati comunicati che ne ufficializzassero la firma.