Si consuma tutto alla fine, in una manciata di minuti, quando cioè Domenico Criscito – detto Mimmo – entra in campo. È l’ultimo minuto dell’ultima partita della stagione, quando per capirci Alberto Gilardino ha deciso di far entrare anche il savonese Giuseppe Agostino, il terzo portiere, al posto del titolare Josep Martínez. È l’ultima partita in carriera da giocatore di Domenico Criscito, detto Mimmo, che ha 36 anni, che è tornato a Genova per la quinta volta in carriera a gennaio, percependo lo stipendio minimo secondo le norme federali (parliamo di circa 2.275 euro netti al mese), sei mesi dopo che aveva lasciato il Grifone, da capitano, per una esperienza in Canada a Toronto coi connazionali Insigne e Bernardeschi. Ma c’è una lunga storia alle spalle, siccome Criscito debuttò tra i professionisti quasi vent’anni fa proprio in Serie B col Genoa – in una partita qui al Ferraris vinta 3-0 col Cosenza, aveva 16 anni – ed era poi passato in comproprietà alla Juventus, poi era tornato a Genova, ancora alla Juventus, poi ancora al Genoa, quindi nel 2011 sembrava tutto finito, con l’addio alla Liguria per 11 milioni e una ricca esperienza in Russia allo Zenit di Luciano Spalletti. E invece no.
Perché il 6 giugno 2018 Criscito era tornato, dopo sette stagioni, e aveva ricevuto la fascia da capitano del Genoa. È una bella storia perché a livello di club Domenico Criscito – detto Mimmo – ha giocato 541 gare, oltre la metà delle quali (291) col Genoa. S’era tatuato sulla coscia la promozione in Serie A, «Tutto tornA», e aveva annunciato il ritiro: «Contro il Bari giocherò la mia ultima partita: scenderò in campo anche con una gamba sola, se necessario», aveva detto. Ora entra, manca un minuto, ed entra al posto di Gudmundsson. Un terzino al posto di un attaccante, sembrerebbe anche una mossa logica, a pochi minuti dalla fine di una partita – ininfluente – che stai pareggiando per 3-3 e che evidentemente non vuoi perdere. Eppure non lo è, e non lo è perché Criscito evidentemente non scherzava sul giocare su una gamba sola. Fatica a correre, ha probabilmente qualche problema fisico, ma gioca, anzi passeggia per il campo con la fascia da capitano che il croato Milan Badelj gli ha immediatamente posto al braccio, denotando chiaramente una gerarchia tanto emotiva quanto significativa. L’arbitro Rutella decreta 4’ di recupero e proprio Badelj cade nell’area di rigore barese. C’è un calcio di rigore per il Genoa all’ultimo minuto, e qui urge evidentemente una premessa.
Nella storia del Genoa in Serie A, Domenico Criscito – detto Mimmo – è l’uomo che ha calciato più rigori: 19. Ne ha trasformati 16 di cui 15 consecutivi e ne ha sbagliati tre, due nel 2020 e uno l’anno scorso, nel derby della Lanterna, parato da Emil Audero. C’è stato un momento in cui Criscito era infallibile, il terzo miglior rigorista d’Europa. Ebbene, l’anno scorso sbagliò un rigore nel derby della Lanterna, che il Genoa poteva pareggiare e invece – in virtù di quell’errore, a tempo scaduto – perse. Criscito si disperò, chiese scusa. Poi partì per Toronto, come detto, è tornato e ora – all’ultimo minuto dell’ultima partita in stagione nonché la sua ultima partita da calciatore in carriera – ha un’opportunità di redimersi. Stavolta non è un rigore per evitare la sconfitta, è un rigore per vincere. Criscito, su una gamba sola o meno, prende il pallone, sistema e calcia. Il portiere del Bari, Frattali, si butta alla sua destra, Criscito calcia alla sua destra, quindi alla sinistra di Frattali. Il gioco non riprenderà più. Ci sarà la festa, un palco per la premiazione del Genoa promosso dopo un solo anno – Only One Year, era stato il motto a reti unificate del presidente Zangrillo e di Joshua Wander detto Josh, co-fondatore di 777 Partners, il fondo proprietario del club più antico d’Italia – e ci sarà spazio per una lettera dall’alto contenuto emozionale di Domenico Criscito, detto Mimmo. Ci saranno un corteo per le vie di Genova, fino alla centralissima Piazza De Ferrari, un «funerale» della Sampdoria con tanto di carri allegorici e fuochi d’artificio. A parti inverse rispetto a quello della stagione scorsa.
Ma la festa era partita prima della partita, fuori dallo stadio, quando tutto – compreso un cammello, o un dromedario, «affittato» con tante polemiche annesse dai tifosi del Genoa per schernire la presunta trattativa per l’acquisizione della Sampdoria da parte dello sceicco Al-Thani – era pronto. Compresa una coreografia da brividi al Ferraris, «In Serie A, questa splendida città», sulle note di Bellissima della savonese Annalisa e con due speciali esibizioni live. Una, inconsueta, di Francesco Baccini, con un’interpretazione unica di Creuza de mä di Fabrizio De André, una – decisamente abitudinaria, ormai – di Andrea Brasi in arte Bresh, prima in contumacia con Svuotatasche, poi in (trionfale) presenza con Guasto d’amore, l’inno al Grifone che proprio un anno fa, di questi tempi, traghettava alla Caronte il Genoa verso la Serie B, e che oggi invece è diventato la colonna sonora del trionfante ritorno in Serie A, al primo colpo.
Ma partiamo dall’inizio, quando cioè inizia la partita, e c’è un’atmosfera strana, perché al netto di una partita ininfluente per ambo le squadre – il Genoa è certo della promozione in Serie A, festeggiata qui al Ferraris due settimane fa battendo l’Ascoli, mentre contemporaneamente il Bari aveva pareggiato in trasferta a Modena e matematicamente non avrebbe più potuto superare i rossoblù al secondo posto in classifica che valeva la promozione diretta – si comincia a ritmi altissimi. Già dopo 3’ Mallamo viene ammonito per una trattenuta su Gudmundsson, evitando un pericoloso contropiede al Grifone e dando l’impressione al Ferraris che l’arbitro potesse estrarre ben più di una semplice ammonizione. Ma c’è una grande rivalità a prescindere e il Bari – che si presenta a Genova in un curioso completo biancazzurro e un discreto turnover (fuori Caprile, Di Cesare, Maiello e Bellomo, Botta e il goleador Walid Cheddira) – non arretra e anzi risponde colpo su colpo. Anche il Genoa non è il solito Genoa: mister Gilardino ha varato un 4-3-1-2 che speranzosamente sarebbe il modulo che il Grifone adotterà il prossimo anno, in Serie A, al posto del 3-5-2: così a centrocampo ci sono Strootman e Jagiello ai lati di capitan Badelj (Frendrup in panchina) e il trequartista è Albert, dietro Massimo Coda e Salcedo.
Se Eddie Salcedo è arrivato al Genoa dal Bari, dov’era a sua volta in prestito dall’Inter – e quindi è un ex di giornata – è un altro ex barese, il terzino destro Stefano Sabelli (che però gioca a sinistra visto che a destra gioca Hefti e sia Criscito che Pajac non hanno i 90’), a sbloccare la partita al minuto 12. Su assist di Coda, prima di non esultare in virtù del suo passato in Puglia. Sei anni dal 2012 al 2018, con un prestito a Carpi. Il Bari di Sabelli è stato – anche – il Bari di Paparesta, di Joao Silva che comprò i cornetti ai tifosi in coda, in una situazione societaria difficile e particolare. Una bella storia di calcio. Pochi minuti dopo, lo stesso Sabelli crossa per Salcedo, che non trova, e sugli sviluppi dell’azione il Bari ottiene un calcio di punizione quasi al limite dell’area di Martínez. Calcia Sebastiano Esposito, che l’Inter dal 2020 ha prestato a Spal, Venezia, in Svizzera al Basilea e sei mesi all’Anderlecht in Belgio prima di inviare a Bari lo scorso gennaio. È il secondo di tre fratelli molto promettenti, il maggiore Salvatore gioca da centrocampista alla Spal, il minore Francesco Pio è un classe 2005 ed è ancora nelle giovanili dell’Inter. Esposito segna, il Ferraris è quasi impassibile, ma tutto cambia al 34’ quando Albert Gudmundsson recupera un pallone, se lo sposta e porta in vantaggio il Genoa: l’islandese – premiato a fine partita come Genoano dell’anno per i tifosi di PianetaGenoa1893.net – è al suo undicesimo gol (senza rigori) e supera così il compagno di reparto Massimo Coda. Che a dire il vero non gioca probabilmente la sua miglior partita.
Prima del secondo tempo c’è spazio per una nuova coreografia nei distinti, stavolta a danno della Sampdoria matematicamente retrocessa in Serie B e a concreto – pare – rischio fallimento, e due striscioni in Gradinata Nord a sostegno rispettivamente del presidente Alberto Zangrillo e la proprietà 777 Partners, «veri uomini mantengono sempre la parola». Ma nell’intervallo prosegue la festa, siccome il Genoa Primavera ha vinto il suo girone di campionato e – pur perdendo nettamente la Supercoppa di categoria contro la Lazio – si è guadagnato la promozione nel campionato Primavera A e riceve il trofeo dalle mani anche di Steve Pasko, il fondatore assieme a Josh Wander della società d’investimento, nel 2015. Se il primo tempo è animato dalla legittima festa per la promozione del Genoa, l’inizio della seconda frazione tocca semmai la controparte cittadina, a suon di «Giù le mani dalla Sampdoria» che sarebbe il claim adottato dai tifosi blucerchiati ma che qui, evidentemente, suona a mo’ di scherno.
Il secondo tempo si apre non meno animatamente, Gilardino cambia Coda e Salcedo con Ekuban e Puscas, mentre Mignani inserisce Cheddira e Ruben Botta al posto di Antenucci e Dorval. Al 22’ il Bari pareggia, e lo fa con una grande conclusione di Leonardo Benedetti, che ha 22 anni, di professione fa il centrocampista centrale e ha una particolarità, nel senso che è nato a La Spezia ed è di proprietà della Sampdoria, motivi per cui evidentemente potrebbe aver sentito particolarmente la rivalità col Genoa a cui segnava il suo primo gol in carriera in Serie B. Mentre in Gradinata Nord proseguono gli sfottò e si ricordano alcuni marcatori in zona Cesarini nelle ultime partite della Sampdoria: si va dall’autogol di Colley a Lookman ’95, da Sernicola a Sensi, da Pessina 99’ a Orsolini 90’, da Piccoli 93’ a Pellegri 94’, in riferimento alla rete (e all’esultanza che ha creato polemica) dell’attaccante del Torino tifoso però del Genoa, che proprio coi rossoblù aveva debuttato in Serie A e che di recente aveva segnato qui, al Ferraris, contro i blucerchiati. E mentre non c’è il sentore che possa entrare Mimmo Criscito, si ricorda pure una sottaciuta «maledizione», evidente riferimento a quel calcio di rigore che il capitano del Genoa sbagliò un anno fa nel derby della Lanterna al minuto 96’.
Ma c’è pur sempre una partita, in tutto questo, il Genoa pareggia con un gran destro a giro di Caleb Ekuban al 29’, mentre entra Morten Frendrup al posto di Sabelli e si vede il danese giocare da terzino sinistro (non è una novità, lo fece già l’anno scorso con Alexander Blessin in panchina). Il Bari spinge e pareggia al 41’ con la 17° rete in campionato di Walid Cheddira, la 22° contando anche la Coppa Italia, ma la 3° nelle ultime 14 partite, lui che aveva segnato per sette turni di fila da agosto a ottobre. Il Bari era stato per un periodo anche secondo in classifica, il Genoa di Blessin veleggiava tra terzo e quinto posto. Poi il 6 dicembre è arrivato Alberto Gilardino, il Grifone non si è staccato dal secondo posto. Grazie all’effetto Ferraris – grazie a 20.239 abbonati e un’affluenza speciale pure venerdì sera, con 25.940 spettatori, in totale quasi mezzo milione nelle 19 partite casalinghe della stagione: Genoa ottavo in Italia dietro le milanesi, le domane, Napoli, Juventus e Fiorentina – e grazie a una stagione storica, 73 punti, che si è aperta l’8 agosto scorso con un 4-3 in Coppa Italia contro il Benevento (Coda e doppietta di Gudmundsson) e s’è chiusa memorabilmente venerdì sera, col calcio di rigore di Domenico Criscito, detto Mimmo.