È stata davvero una bella finale, quella di Baku 2019. Nel lontano Azerbaigian, in una notte che difficilmente si dimenticherà, due squadre storiche e allo stesso tempo abbastanza quotate sin da inizio anno hanno scritto l’ennesimo episodio importante di questo sport. Il calcio a Baku ha premiato e condannato, ha dato modo di far apprezzare ogni singolo momento nonostante un primo tempo al di sotto delle aspettative. La partita ha messo in luce tutti i pregi, i particolari, le storie, le dinamiche e anche i problemi delle due squadre. Al Chelsea vanno i meriti più importanti e anche la Finale Europa League, all’Arsenal invece resta l’amaro in bocca.
Finale Europa League, Sarri merita la Coppa
Unai Emery non è riuscito a calare il poker. Lo spagnolo aveva l’occasione di alzare la sua quarta Finale Europa League, dopo le tre di fila conquistate con il Siviglia tra il 2014 e il 2016, ma non ha vinto. Maurizio Sarri all’età di 60 anni ha invece alzato il primo trofeo professionistico della sua carriera, frutto di un lavoro cominciato nelle serie dilettantistiche quasi trent’anni fa e che di certo continuerà. Questa Europa League arriva dopo un campionato di Eccellenza e una Coppa Italia Serie D, è la risposta a chi già dalle prime partite in Inghilterra ha fatto abuso di critiche nei suoi confronti, a chi lo dava per spacciato a metà corsa, a chi non ha mai creduto in lui.
Sarri, con calma, diplomazia ed un’intelligenza calcistica fuori dal comune ha messo a tacere ogni voce, anche quelle che lo vedono già sulla panchina della Juventus, per il momento. Di futuro si parlerà dopo. Sarri è il primo allenatore italiano a vincere una Finale Europa League nel nuovo millennio, l’ultimo fu Malesani nel 1999 con il Parma. Si è preso anche una bella rivincita, arrivata in uno dei momenti più delicati del suo percorso da allenatore. Il terzo posto nel campionato più bello e complicato del mondo e un trofeo in bacheca adesso mettono al sicuro la sua posizione, incrementando le possibilità di permanenza in riva al Tamigi. Il toscano è molto apprezzato dai giocatori e potrebbe magari cambiare aria, avendo a disposizione trofei importanti come la Champions o la Premier da giocarsi e provare a vincere, perché la fame vien mangiando e di vittoria non ci si sazia mai.
Finale Europa League, il graffio di Giroud
La finale di Baku ha anche mostrato anche delle individualità già note ma risaltate da questa notte. Tra queste quella da analizzare per prima è quella di Olivier Giroud, Man of The Match e autore della rete che ha portato in vantaggio il Chelsea al 49’. Il francese campione del mondo ha messo la testa nel posto giusto al momento giusto, punendo il suo caro vecchio Arsenal con il 251° gol della sua carriera. L’attaccante non ha esultato, ha atteso il momento finale per festeggiare nel rispetto di chi gli ha concesso l’opportunità di consacrarsi nel calcio. Uomo di classe. L’altro bel gesto Giroud l’ha compiuto sul 2-0, procurandosi un rigore fondamentale poi trasformato da Hazard per il momentaneo 3-0.
Ha retto il peso di una finale, dimostrando di avere ancora delle ottime capacità nonostante i quasi 33 anni. Quagliarella insegna, lui sicuramente avrà appreso qualcosa dal capocannoniere della Serie A. Il rinnovo del suo contratto è già compiuto, soltanto per un anno però. Questa prestazione di alto livello non esclude un possibile prolungamento nei prossimi mesi e chissà, un possibile altro gol decisivo magari nella prossima finale.
Finale Europa League, il successo di Pedro
La seconda, forse più suggestiva, individualità esaltata da Baku 2019 è quella di Pedro Rodrìguez Ledesma. Lo spagnolo ha conquistato un altro trofeo, il 24° in carriera, segnando anche stavolta, la nona finale battezzata. Pedro ha avuto una stagione di alti e bassi, vissuta con tanti spezzoni e meno partite da titolare. Nelle trentotto di Premier infatti è stato schierato soltanto 21 volte dal 1′ mentre nelle due coppe nazionali ha disputato solo 6 partite in cui 2 da titolare. Il suo minutaggio è invece salito in Europa, dove è sempre stato chiamato in causa da Maurizio Sarri 14 volte su 15.
Vinto il ballottaggio con Willian per un posto sulla fascia in finale, prima con un potente mancino non ha lasciato scampo a Cech, poi con una serpentina ubriacante ha mandato nel pallone l’intero Arsenal, compreso il povero Maitland-Niles, in ritardo su Giroud in occasione del penalty assegnato al Chelsea. Il rigore del 3-0 porta anche il suo di marchio e Pedro, dato probabilmente per finito dal Barcellona nel 2015, è divenuto leggenda anche per i Blues con un’altra coppa. Per fare l’en plein a livello internazionale la Finale Europa League mancava e Pedrito l’aveva messa nel mirino. La UEFA adesso ha anche introdotto la Nations League per le nazionali europee e la Spagna, compreso il suo folletto, ci faranno un pensierino per riscattare il risultato di questa stagione.
Baku 2019, ma chi saluta Londra?
Non poteva esserci miglior addio di questo. Eden Hazard ha salutato il suo Chelsea in una notte entusiasmante, in cui ha messo a segno una doppietta importantissima per regalare l’ultima gioia ai suoi tifosi. L’esterno belga ha affermato di aver realizzato il suo sogno approdando in Premier League, conquistando anche quasi tutto quello che c’era a disposizione con la maglia dei Blues in sette stagioni. L’unico rammarico, forse, è quello di non aver vinto la Champions con i londinesi, obiettivo di certo da non accantonare vista l’età e anche le prospettive del giocatore.
Per Sarri Hazard ha ancora margini di miglioramento e chiaramente sarà una pedina fondamentale della sua prossima squadra: il Real Madrid. Lui non si scompone né rilascia dichiarazioni particolari in merito, ma ha anche fornito un’indicazione precisa: non giocherà in Premier League. Il suo viaggio lo porterà forse da una capitale ad un’altra, e se così sarà avrà diverse cose a cui pensare: primato in Spagna, quello in Europa e anche il Pallone d’oro, nel caso in cui le prime due ipotesi dovessero entrambe concretizzarsi. L’ambizione non manca, il talento lo si conosce già.
La metamorfosi di Petr Cech
Come vi sentireste se doveste andare a dormire in un modo e svegliarvi in uno completamente diverso? Per ottenere una risposta chiedetelo a Peter Cech, il ceco che al termine della finale di Baku ha detto addio al calcio giocato. Dopo 19 stagioni da professionista l’estremo difensore nato a Plzen nel 1982 ha preso la sua decisione, riservando per il suo futuro una vita da dirigente. Dove? Nel Chelsea, la squadra con cui ha giocato per 11 stagioni collezionando complessivamente 496 presenze e che si è ritrovato come avversaria nella sua ultima partita. Il passaggio all’Arsenal, il cui impianto è distante poche miglia da quello dei Blues, è avvenuto nel 2015 dopo una constatazione non di poco conto: quella di essere diventato una riserva a discapito di Courtois. Troppo stretto per uno che aveva ancora voglia e soprattutto qualità per essere una figura centrale di un progetto ambizioso.
Al termine di quattro anni importanti con la maglia dei Gunners, non di certo equiparabili a quelli vissuti al Chelsea ma sempre apprezzabili, Cech ha dovuto affrontare il suo passato e contemporaneamente il suo futuro da avversario, facendosi valere nonostante le quattro reti subite su cui le sue responsabilità sono minime. Al fischio finale era ancora un uomo dell’Arsenal, s’è preso il premio di consolazione e ha visto esultare la sua di squadra, quella con cui ha vinto tanto, compresa la Champions League 2012 e proprio la Finale Europa League l’anno seguente con lui tra i pali. Il Chelsea l’ha perdonato per la militanza in biancorosso, una poltrona da dirigente farà comodo ad entrambi, magari per dimenticare una parentesi del passato e ricominciare nel migliore dei modi una relazione stabile.
Articolo a cura di Filippo D’Angelo