Euro 2016, se la Francia è la favorita allora l’Italia può dire la sua. Ma poi questo Pogba è veramente un campione?

Premessa doverosa: i cavalli si vedono all’arrivo. Ma se vogliamo cogliere qualche spunto dal match tra Francia e Romania che ieri sera ha ufficialmente aperto Euro 2016, allora alla fine di questi primi novanta minuti possiamo senza dubbio fare due considerazioni. La prima è che se quella vista in campo a Saint Denis è la Francia data sulla carta per favorita insieme alla Germania alla vigilia della competizione, beh, allora l’Italia di Conte può forse veramente dire la sua. In primis perché rosa alla mano non sembra che quella selezionata da Deschamps sia una rappresentativa infarcita di prime donne ne negli undici titolari ne scorrendo le riserve. Sicuramente si tratta di un’ottima squadra, solida e coerente nelle scelte del suo allenatore che sembra avere le idee molto chiare. Scorrendo la lista dei 23 galletti si trovano otto difensori, sei centrocampisti e sei attaccanti. I centrocampisti sono prevalentemente incontristi o comunque centrali di contenimento mentre gli attaccanti sono due finalizzatori centrali, Giroud e Gignac, e poi prevalentemente giocatori di movimento da esterno-trequarti. Insomma, il concetto sembra proprio essere contenere e ripartire in velocità sugli esterni. Non molto diverso dall’idea che accompagna l’Italia di Conte Oltralpe. La differenza, potrebbero dire i più, è però negli interpreti. Ma siamo così sicuri che sia questa la verità?

Sicuramente la Francia non può considerarsi superiore per quanto riguarda porta e difesa. In questi due reparti il confronto è infatti impietoso e sfacciatamente in favore della nostra Nazionale. Diverse le considerazioni quando ci si sposta su centrocampo ed attacco. La mediana azzurra, complici alcune assenze di peso, quella di Verratti su tutte, non fa certo impallidire. Ma neanche sembra così inferiore seppur nell’assenza di una stella che invece dall’altra parte dovrebbe essere Pogba. Il confronto, almeno sulla carta, diventa invece potenzialmente disastroso quando si passa all’attacco. Diciamocelo chiaro e tondo, e’ dal 2006 che all’Italia manca un attaccante di respiro internazionale. Scorrendo l’elenco dei convocati, i vari Coman e Martial al momento sono poco, ma veramente poco, più che giocatori di prospettiva. Prospettiva notevole per carità, ma ancora un po’ poco per i tempi attuali. Insomma, giocatori che fanno della giocata il loro forte ma che perdono terreno sul piano della continuità nei novanta minuti. Caratteristiche che sembrano abbondare anche dalla nostra parte se vogliamo considerare i vari Insigne, El Shaarawy, Zaza od Eder. Però loro hanno Griezzman e Giroud con quest’ultimo che forse non avrà l’appeal di Benzema ma è uno che fa il titolare nell’Arsenal e che la porta la vede perché d’altronde l’ha sempre vista. Alla resa dei conti, dunque, volendo ridurre tutto a dei semplici nomi, vogliamo dire che la differenza tra Italia e Francia dovrebbero farla Pogba e Griezzman?

Probabile, ma non è forse da dare poi così per scontato. Competizioni del genere vivono molto spesso sulla regola del prima non prenderle e poi darle. Passata la fase a gironi, cosa che la nuova formula non rende utopistica per nessuna delle big, poi si va agli scontri diretti dove vince si chi fa un gol in più dell’avversario. Ma spesso e volentieri si finisce in realtà a giocarsela a sorte dal dischetto. Anche perché si gioca tanto in poco tempo. Chi arriverà in finale avrà disputato 7 partite in 30 giorni. Vuol dire una partita in media ogni 4 giorni dovendo per altro sommare gli spostamenti. Una competizione molto intensa insomma che si colloca alla fine di una stagione altrettanto intensa per tutti i partecipanti. A fare la differenza saranno la forma fisica, il gruppo e sicuramente si, proprio loro, i campioni. Ecco, a tal proposito la sfida di ieri tra Francia e Romania ha però aperto nuovamente il campo ad una discussione che spesso e volentieri ha tenuto banco anche nelle ultime stagioni: Paul Pogba è un campione?

I numeri ci sono tutti, ma questo non può certo bastare. Anche Cassano è dotato di una classe cristallina. Ma questo non è stato sufficiente a fare del barese un campione. La prestazione del francese ieri sera è stata a tratti irritante. Non a caso Deschamps ha deciso di tirarlo fuori dalla contesa nonostante i Blues in quel momento rischiassero un passo falso all’esordio che avrebbe sicuramente scatenato una ridda di polemiche. Innumerevoli le palle perse il più delle volte per la ricerca della giocata, del numero fine a se stesso. Cosa che spesso accade anche con la Juve e che manda su tutte le furie Allegri. Sarebbe curioso sapere cosa possa aver detto allo juventino all’intervallo il povero Koscielny che almeno due volte si è trovato a rischiare tibia e perone per mettere una pezza alle leggerezze del compagno di squadra. E’ questo il prototipo del grande giocatore? Uno che fa il circense anziché caricarsi la squadra sulle spalle nel momento della difficoltà? Se è vero che la valutazione del Polpo Pogba si aggira sui 120 milioni di euro allora è lecito chiedersi quanto valgano i cartellino di Cristiano Ronaldo e Zlatan Ibrahimovic. Si, volutamente non inseriamo Leo Messi ma probabilmente non per il motivo che state pensando. L’argentino è un fuoriclasse e non è mai un giocatore fine a se stesso, caratteristiche queste che lo pongono molti gradini sopra a Pogba. Rispetto però a Cristiano Ronaldo o a Zlatan Ibrahimovic è un giocatore che messo fuori dal Barcellona fatica ad essere incisivo. Basta vedere la metamorfosi a giocatore (quasi) qualunque quando gioca con l’Argentina. Ronaldo e Ibra sono invece due fuoriclasse che hanno però un’ulteriore caratteristica: la leadership. Sono due giocatori che trascinano, che prendono per mano la squadra nei momenti di difficoltà conducendola alla vittoria. Svezia e Portogallo si reggono sulle loro spalle. PSG e Real Madrid pure, inutile negarlo. L’ulteriore differenza con Pogba è che anche Ibra e Ronaldo sono giocatori che tentano spesso la giocata fine a se stessa, solo che spesso e volentieri gli riesce. Sono questi giocatori che consci del dono che gli ha fatto Dio hanno deciso di lavorare duramente lì dove nasce la differenza tra un buon giocatore ed un campione: la testa. E quella di Pogba è ancora chiaramente la testa di un ventitreenne che ha ancora molta strada da fare per entrare nell’Olimpo del pallone.