Sarà un esodo. Sarà l’ennesima prova di amore di una tifoseria che non ha mai chiesto molto se non rispetto. Carattere, impegno e sudore per onorare una maglia che chissà cosa significa veramente per chi ha l’onore di indossarla. Ma che significa tanto, veramente tanto, per tutti quelli che pagherebbero oro pur di poterla indossare anche solo per un secondo al posto dei loro venali beniamini.
Sarà un esodo. Perché il popolo laziale ha voglia di gioire e di sognare. Ha voglia di respirare il profumo di quelle grandi notti di calcio che, diciamocelo onestamente, troppe poche volte abbiamo inalato per essere la nostra una storia ultracentenaria. Ma non è forse anche questa la nostra grande arma; il nostro grande pregio? Saperci accontentare delle piccole cose.
Della gioia di strappare l’accesso a una finale lì, in casa del nemico. E di urlare, festeggiare e sognare per una notte intera allontanando il più possibile il pensiero che poi, a conti fatti, nulla è ancora deciso. Che quella finale poi andrà giocata e mica è detto che la vinci.
E continuare a ripeterti: “ma chi se ne frega”. Perché vuoi mettere la gioia di vivere una notte così?
Una di quelle notti che per esserci o semplicemente per viverla hai discusso con il capo, con la moglie, con gli amici o chissà chi. Perché il giorno di ferie a ridosso della festa non sta bene. Perché i soldi per andare a Milano a vedere la Lazio li spendi ma poi se ti dico di partire…! Perché il 25 è festa e ti pare che te sei ancora a Milano. Perché ogni volta che c’è la Lazio non si può mai organizzare niente. Ma che ne sanno. Non capiscono. Non possono capire. E mai capiranno.
Saremo quattromila a San Siro. E chissà quanti altri davanti alla TV. Sarà un esodo, fisico o con il cuore. Saremo tutti lì. Carattere, impegno e sudore: in fin dei conti chiediamo solo questo.