Quello che poteva essere…
Curiosando su internet capita spesso di trovare la fase del passaggio di Djibril Cissé al Liverpool associata alla frase: “Quando sembrava che il giocatore potesse diventare uno dei centravanti più forti del mondo”. Le statistiche dicono che Djibril Cissé in carriera ha realizzato 269 reti in 604 partite ufficiali con maglie di club.
Non giudicatemi
per i miei successi
ma per tutte quelle volte che
sono caduto
e sono riuscito a rialzarmi
Nelson Mandela
Questo significa un gol ogni 2,2 partite circa. Se poi rapportiamo le marcature al numero di minuti complessivamente giocati (43.537) la media diventa di un gol ogni 1,8 partite. Bisogna poi aggiungere le 9 realizzazioni in 41 apparizioni con la maglia della Nazionale francese.
Ora, possiamo senza dubbio concordare che, parlando di centravanti più forti del mondo, davanti a Djibril Cissé c’è una lunga lista di giocatori. Però il semplice fatto che per un motivo o per un altro siamo qui a parlarne vuol dire che Cissé un segno nel mondo del calcio lo ha lasciato. Non sarà stato il miglior centravanti del mondo; ma di certo non è stato neanche un bomber di provincia.
I suoi gol hanno contribuito, spesso in maniera decisiva, ad alzare i trofei che il giocatore vanta in bacheca. Come la Champions League conquistata con il Liverpool nella storica finale di Istanbul contro il Milan (rigore realizzato nella serie finale); o la Supercoppa Europea vinta sempre con la maglia dei Reds ai danni del CSKA con un 3-1 dove il francese firma una doppietta e l’assist per l gol di Luis Garcia. O ancora la FA Cup conquistata ai rigori nella finale del 2006 contro il West Ham anche grazie al gol di Cissé nei tempi regolamentari. Per non parlare poi dei successi e dei gol che arriveranno con la maglia del Panathinaikos.
Insomma, denigrare o sminuire il rendimento di Djibril Cissé sarebbe ingiusto. Anche perché spesso, forse, ci si dimentica del calvario che il francese ha dovuto patire.
Perché se è vero che il trasferimento al Liverpool avrebbe dovuto rappresentare il primo passo verso la consacrazione è anche vero che il percorso che Cissé intraprenderà ad Anfield sarà un percorso di fede. Quanto meno in se stessi.
Se vogliamo (e lo vogliamo) individuare un momento nella sua carriera in cui Djibril Cissé può aver abbracciato la filosofia è allora proprio questo. Anzi, diamogli anche una connotazione temporale ancora più precisa. Il momento in cui Cissé sposa l’approccio filosofico alla vita è l’ottimismo di Leibniz non può che essere il 30 ottobre del 2004 quando un normale scontro di gioco con McEvely del Blackburn Rovers gli provoca una doppia frattura di tibia e perone della gamba sinistra. Se il giocatore non perde l’uso della gamba è solo perché i sanitari accorsi in campo al momento dell’infortunio intervengono sul posto per dare una prima sistemazione alle ossa. O almeno questo narrano la leggenda e lo stesso Cissé.
Fino a quel momento l’esperienza in Premier League di Cissé non è che stesse andando alla grande. Dopo il gol all’esordio con il Tottenham erano arrivate solo altre due reti: quella con il Norwich e quella in Champions League con il Monaco.
Si, ok la necessità di ambientarsi in un campionato nuovo, più tecnico e più fisico della Ligue 1. Ma il problema vero era piuttosto un altro. Djibril Cissé era stato voluto a Liverpool da Gérard Houllier che tuttavia lasciò il club in estate per far posto in panchina a Rafa Benitez. Ed è con lo spagnolo a dirigere le operazioni ad Anfield che Cissé si ritrovò costretto ad allargarsi in campo pur di trovare spazio nell’undici iniziale. Benitez non era Roux e non sposava la teoria per cui ognuno deve fare quel che sa fare. O quanto meno, lo spagnolo rispetto al tecnico dell’Auxerre doveva evidentemente dare peso e priorità diverse a fisico, corsa e senso del gol preferendo la seconda a tutto il resto. Ed anche questo per un giocatore abituato ad essere un rapace dell’area di rigore deve essere decisamente un calvario.
Comunque Cissé, abbiamo innegabilmente stabilito grazie alla filosofia, trova la forza di reagire all’infortunio ed alle storpiature tattiche di Benitez. A chi dava per finita la sua stagione risponde tornando in campo il 13 aprile 2005 nel quarto di ritorno di Champions League con la Juventus. Poi un mese più tardi, il 15 maggio per la precisione, alla prima da titolare dall’infortunio sigla una doppietta nel 2-1 del Liverpool sull’Aston Villa. Di Istanbul con il Milan e della travolgente prestazione con il CSKA in Supercoppa abbiamo già detto. Della finale di FA Cup del 2006, ciliegina di una stagione che vede il francese realizzare 19 reti in 54 uscite stagionali con i Reds, pure.
Strizzando l’occhio ad Antonello Venditti, era l’anno dei Mondiali, quelli del 2006. E Djibril era un ragazzo come noi. Che a 25 anni si apprestava a disputare la sua prima coppa del Mondo da protagonista. La sua partenza per la Germania era infatti scontata tanto che quando rimediò la doppia frattura di tibia e perone, questa volta della gamba destra, Domenech lo stava facendo giocare nell’ultima amichevole preparatoria in programma per la Francia: quella con la Cina. La fine di tutto? No, semplicemente un nuovo inizio.