Al termine della stagione 2000/01, quella che vide la Roma davanti a tutte, qualcosa si incrinò a Milano. La sponda nerazzurra del Naviglio covava sentimenti di annebbiante tristezza, dunque Héctor Cúper s’avvalse delle ingenti finanze di Massimo Moratti per rivoluzionare la squadra nel tentativo di renderla competitiva. I dodici anni d’astinenza dallo scudetto erano troppi, gli esuberi pesavano sul libro paga e allora “el hombre vertical” studiò i primi nomi: via Vladimir Jugovic, Laurent Blanc, Christian Brocchi, i giovani Sebastian Frey, Adrian Mutu e un Andrea Pirlo diventato del Milan per 35 miliardi di lire. Furono gli acquisto però ad entusiasmare la piazza. Per 52 miliardi fu scritturato Francesco Toldo, considerato all’epoca il miglior portiere italiano e titolare alle spalle del vice Alberto Fontana. La difesa fu puntellata con l’uruguagio Gonzalo Sorondo, piazzato al fianco dell’arcigno Marco Materazzi. In mezzo al campo fu aggiunto il fosforo di Sergio Conceiçao e Cristiano Zanetti, poi però Héctor Cúper volle due ulteriori rinforzi e dalla Turchia arrivarono in due: Okan Buruk, classe 1973, ed Emre Belözoğlu, classe 1980, particolarmente richiesto dal mister per le sue qualità.
Gli inizi di Emre Belözoğlu
Nato a Instanbul il 7 settembre 1980, Emre Belözoğlu crebbe calcisticamente nella squadra del quartiere di Galata, quello in prossimità della celebre e omonima scuola: il Galatasaray. Dotato di gran corsa e ottima tecnica, gli venne affibbiato il soprannome di “Maradona del Bosforo” – paragone pesante ma che coi giallorossi non pareva esser un problema – e fu il perno di una grande generazione. Contribuì alla vittoria di 3 campionati turchi, 2 Coppe di lega, 1 Coppa Uefa ed 1 Supercoppa Europea, diventando così – a soli 21 anni – uno dei giovani più vincenti e più promettenti del nuovo millennio a livello mondiale. Un grosso peccato, insomma, che il 12 gennaio 2017 – ripercorrendo la sua carriera con un briciolo di nostalgia e un gigantesco “what if” ad ornargli le spalle – Emre fosse stato chiaro: “Nell’estate 2001 mi volevano anche Real Madrid e Barcellona, ma scelsi di firmare per l’Inter e giocare nel miglior campionato del mondo”. Un gran peccato: voluto fortemente da Cúper, tra infortuni e squalifiche non riuscì proprio a lasciare il segno e fu etichettato frettolosamente come pacco. Chi l’avrebbe detto, in fondo, che l’approdo in Italia avrebbe sancito l’inizio del suo declino professionale?
Emre Belözoğlu ha fallito
La prima stagione di Emre Belözoğlu all’Inter coincise con l’iconico 5 maggio. Nerazzurri primi in classifica ma impegnati in trasferta contro la “gemellata” Lazio, in un contesto tale per cui gli stessi tifosi biancocelesti intimarono ai loro beniamini – con cori e striscioni – di perdere per non avvantaggiare la Roma seconda a due lunghezze dalla vetta. Non fu così e di quella sera il tifo interista ricorda lacrime (quelle di Ronaldo e Vieri), ma non Emre Belözoğlu. Il metronomo turco cominciò meglio la sua seconda stagione in Italia, arrivò a conquistare il posto da titolare e il 7 dicembre 2002 toccò il suo apice, il punto più alto della sua carriera in nerazzurro. Ancora Lazio e ancora Inter, sempre all’Olimpico per la vendetta della gara che costò lo scudetto: primo tempo ad appannaggio dell’undici di Zaccheroni (in vantaggio per 3-1, tripletta di Claudio Lopez ed autogol di Fernando Couto), ripresa di marchio nerazzurro con sigillo al 68′ proprio di Emre Belözoğlu. Pallonetto al limite dell’area di rigore a beffare Peruzzi, cioccolatino scartato su assist di Javier Zanetti, con bis al 77′ (scambio con Recoba, dribbling a Stankovic e destro potente all’incrocio dei pali). Per una notte si rivide il Maradona del Bosforo, che quella sera dispensò un saggio del suo talento trascinante sotto forma di doppietta e che si sarebbe ripetuto ancora contro una romana: questa volta la Roma, nel 3-1 di San Siro, subì gol da Emre Belözoğlu ma riuscì comunque a portarsi sul 3-3 finale. Ed è un peccato, alla luce di quanto appena detto, che le due successive annate del centrocampista turco a Milano non siano andate benissimo. La “zanzara” (così chiamato dal telecronista nerazzurro Roberto Scarpini) alzò la Coppa di lega nel 2005 e salutò mestamente l’Italia.
Il rientro in patria di Emre Belözoğlu
Rilanciarsi, per Emre, non fu facile. Nell’estate 2015 il Newcastle investì su di lui circa 4 milioni di sterline, venendo parzialmente ripagato dall’accesso in Coppa UEFA sebbene Belözoğlu fosse vittima di numerosi infortuni. S’impegnò ma non trovò continuità sulle rive del fiume Tyne, ma mantenne i ritmi della stagione precedente e i Magpies ottennero una salvezza tranquilla. Il problema arrivò al terzo anno in Inghilterra: ennesimo infortunio, al rientro la pazienza di Sam Allardyce e del subentrato Kevin Keegan si esaurì e per il “Maradona del Bosforo” fu tempo di cambiare aria. Concluse il 2007/08 con 17 presenze ma nessuna da titolare, anche a causa di uno stiramento al gluteo. Complessivamente, in sette anni Emre Belözoğlu vantava una serie impressionante di infortuni, motivo per cui scelse di rientrare in patria, in Turchia. Il Fenerbahçe gli concedette una chance, sintomo di come forse la sua caratura non fosse adatta ai grandi campionati. Come quando provò l’esperienza all’Atlético Madrid, dal luglio 2012 al gennaio 2013, con una Supercoppa Europa alzata pur avendo giocato soli 3′. Salutò la Liga e tornò a Istanbul, per sei stagioni e mezzo e un palmarès imbottito: tre titoli, due coppe nazionali e due Supercoppe di Turchia, unico trofeo anatolico che gli mancava.
Dal 9 luglio 2015 Emre Belözoğlu è al servizio dellİstanbul Başakşehir, del quale è capitano. Potrebbe vincere il titolo se la sua squadra dovesse continuare così (al momento è a +8 sul Galatasaray secondo), nel frattempo – lo scorso ottobre – Emre è stato accusato insieme ad Arda Turan e Okan Buruk di esser legato a Fetullah Gulen, responsabile secondo il presidente Erdogan del golpe fallito il 15 luglio 2016.